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Democrazia a rischio in Benin in seguito al ritiro parziale dalla Carta africana dei diritti umani

Categorie: Africa sub-sahariana, Benin, Citizen Media, Diritti umani, Politica

Conferenza regionale sulla pena di morte nell'Africa Occidentale e Settentrionale. Fonte: account flickr Guillaume Colin & Pauline Penot. [1] Foto usata con autorizzazione.

Il 23 aprile, il Benin ha annunciato il suo ritiro da un documento chiave della Carta africani dei diritti dell'uomo e dei popoli, una decisione che rischia di limitare l'accesso dei cittadini beninesi alla giustizia in questo ambito.

Il governo beninese fa valere la giustificazione di un precedente regionale

Il 23 aprile, il ministro portavoce del governo beninese Alain Orounla ha annunciato che il suo paese si sarebbe ritirato dal protocollo della Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli [2] [it] (CADHP), che permette a un cittadino o a un'organizzazione di rivolgersi direttamente alla Corte africana dei diritti dell'uomo [3] [fr, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione]. La CADHP dipende da una convenzione interafricana posta sotto l'egida dell'Organizzazione dell'unità africana (OUA [4][it]) e ratificata dal Benin il 20 gennaio 1986. La sua sede si trova ad Arusha, in Tanzania.

Secondo [5] il giornalista Arnaud Doumanhoun su fraternitebj.info, Orounla precisa che:

… le Bénin reste parti à la Charte africaine des droits de l’Homme, continue d’œuvrer pour la protection, la sauvegarde des droits de l’homme. Sauf que le pays n’adhère plus au mécanisme ou à la procédure qui autorise les citoyens à saisir directement la Cour africaine des droits de l’homme

…il Benin fa sempre parte della Carta africana dei diritti dell'uomo, continuando a operare per la protezione e la salvaguardia dei diritti umani. Tuttavia, il Paese non aderisce più al meccanismo o alla procedura che autorizza i cittadini a rivolgersi direttamente alla Corte africana dei diritti dell'uomo.

Sévérin Quenum, Ministro della Giustizia e della Legislazione, giustifica tale ritiro in una dichiarazione riportata [6] dal giornalista Raymond Falade su beninintelligent.com:

Depuis plusieurs années déjà, certaines décisions rendues par la Cour africaine des droits de l’homme et des peuples ont suscité de très vives préoccupations en raison « de graves incongruités au point de conduire la Tanzanie, pays hôte, et le Rwanda, à se désengager [7] en matière de recours individuels et des Ong.

Da diversi anni ormai, alcune decisioni emesse dalla Corte africana dei diritti dell'uomo e dei popoli suscitano profonde preoccupazioni in ragione “di gravi incongruenze al punto da portare la Tanzania, paese ospitante, e il Ruanda, a svincolarsi [7] [en] in materia di ricorsi individuali e Ong.

Tuttavia, sembra che la porta della Corte africana non sia del tutto chiusa per i cittadini beninesi. Così, secondo [8] Nathaniel Kitti, Presidente del Movimento beninese per la difesa dei diritti umani (MBDH):

ce retrait ne ferme pas définitivement leur accès à la Cour pour revendiquer le respect de leurs droits garantis par la Charte africaine des droits de l’homme et des peuples. A en croire ledit communiqué, «conformément à l’article 119.4 de son Règlement Intérieur, ils peuvent présenter des communications devant la Commission Africaine des Droits de l’Homme et des Peuples sans qu’un Etat partie puisse s’y opposer ».

Questo ritiro non nega definitivamente l'accesso dei cittadini alla Corte per rivendicare il rispetto dei loro diritti garantiti dalla Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli. In base al suddetto comunicato “in conformità dell'articolo 119.4 del suo Regolamento Interno, i cittadini possono presentare comunicazioni davanti alla Commissione africana dei diritti dell'uomo e dei popoli senza che uno Stato Membro possa opporsi“.

Una questione imbarazzante per il Benin: la condanna di Sébastien Ajavon

Una delle ragioni che può spiegare il ritiro parziale del Benin riguarda una questione giuridica risalente all'ottobre 2018. All'epoca, l'uomo d'affari e politico beninese Sébastien Ajavon era stato condannato [9] a 20 anni di carcere e al pagamento di una multa di 5 milioni di Franchi CFA (circa 8400 dollari) dalla Corte per la repressione delle infrazioni economiche e del terrorismo. Al momento della sentenza, l'imputato non si trovava in Benin e la Corte emise un mandato d'arresto internazionale a suo carico.

I suoi avvocati fecero appello alla CADHP che, nel marzo 2019, dopo varie peripezie, ordinò allo stato beninese di annullare la condanna di Ajavon e di versargli [10] a titolo di risarcimento una somma di circa 40 miliardi di franchi CFA (circa 66 milioni di dollari).

Sébastien Ajavon ha anche sporto denuncia presso la CADHP riguardo l'esclusione del suo partito, l'Unione Social-Democratica, dalle elezioni comunali previste per il 17 maggio 2020. Anche in questo caso, la Corte ha deliberato in favore del querelante e ha ordinato allo Stato beninese di rinviare lo svolgimento delle elezioni, in attesa che la Corte esamini il ricorso presentato da Ajavon.

Il giornalista F. Aubin Ahéhéhinnou ricorda [11] su 24haubenin.info la reazione del presidente dell'ordine degli avvocati del Benin, Me Cyrille Djikui, che faceva parte degli avvocati delegati dal governo beninese per la sua difesa:

Pour le Bâtonnier, la juridiction continentale s’autorise trop de choses, et interfère « un peu trop dans les affaires des Etats ». « On a l’impression que les Etats n’ont plus de souveraineté, les Etats ne peuvent plus s’auto-déterminer »

Secondo il Presidente, la giurisdizione continentale si autorizza troppe cose e interferisce “un po’ troppo negli affari degli Stati”. “Si ha l'impressione che gli Stati non abbiano più sovranità, che non possano più autodeterminarsi”

Grande battuta d'arresto per la libertà di parola in Benin

Dall'elezione di Patrice Talon alla presidenza del Paese nell'aprile 2016 [12] [it], la democrazia beninese sembra in netta regressione. Questo personaggio politico è anche un uomo d'affari che occupa il 15° posto nella classifica degli uomini più ricchi dell'Africa Sub-sahariana francofona e detiene anche un grande potere all'interno del suo Paese. Pertanto, la decisione governativa di ritirarsi dal protocollo ha suscitato inquietudine tra i militanti dei diritti umani.

Secondo Samira Daoud [13], direttrice regionale di Amnesty International per l'Africa Centrale e Occidentale:

La Cour africaine des droits de l’Homme et des Peuples est une fois de plus la cible d’attaques politiques de gouvernements peu respectueux des droits humains. Le Bénin par ce geste sape les efforts de construire un système régional crédible et efficace de protection des droits humains.

La Corte africana dei diritti dell'uomo e dei popoli è ancora una volta bersaglio di attacchi politici da parte di governi poco rispettosi dei diritti umani. Con questo gesto, il Benin mina gli sforzi per costruire un sistema regionale credibile ed efficace per la protezione dei diritti umani.

Commentando la legge n° 2017-20 del 20 aprile 2018 riguardante il Codice del digitale, in cui alcuni articoli criminalizzavano la pubblicazione di informazioni false e i reati della stampa online, l'organizzazione non governativa amnesty.org rivela [14] che:

Au moins 17 journalistes, blogueurs et opposants ont été poursuivis en moins de deux ans en vertu d’une loi en vigueur dont certaines dispositions répressives mettent en péril la liberté d’expression et la liberté des médias au Bénin…

En moins d’un mois, deux journalistes, Ignace Sossou, Aristide Fassinou Hounkpevi et huit autres cyber activistes sont devenus les dernières victimes des dispositions répressives de cette loi.

Almeno 17 giornalisti, blogger e oppositori sono stati perseguiti in meno di due anni, in virtù di una legge in vigore che include delle disposizioni repressive che mettono in pericolo la libertà di espressione e la libertà dei mezzi di informazione in Benin…

In meno di un mese, due giornalisti, Ignace Sossou, Aristide Fassinou Hounkpevi e altri otto attivisti informatici sono divenuti le ultime vittime delle disposizioni repressive di questa legge.

I militanti dei diritti umani del Benin si esprimono anch'essi per denunciare l'annuncio del governo. Il giurista e coordinatore di Amnesty International in Benin, Renaud Fiacre Avless, scrive così:

I diritti umani sono in lutto. Il 23 aprile, il Benin ha annunciato il ritiro dalla Dichiarazione del Protocollo che ha portato alla creazione della Corte africana dei diritti dell'uomo e dei popoli. I cittadini beninesi non possono più rivolgersi direttamente alla Corte Africana

Deo Gratias Kindoho, giornalista presso l'Ufficio della Radiodiffusione e della Televisione del Benin:

Il Benin regredisce ancora, è 113° su 180 nell'Indice della libertà di stampa di RSF, perdendo 17 posizioni. Nell'ultima classifica, era già sceso di 12 posizioni. Quando Patrice Talon prese il potere, il Paese era 78°. Aveva appena guadagnato 6 posizioni quel mese, ovvero l'aprile 2016.