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In memoria di Amadou Diallo, vittima guineana della brutalità della polizia degli Stati Uniti

Categorie: Africa sub-sahariana, Nord America, Guinea, U.S.A., Citizen Media, Diritti umani, Etnia, Governance, Migrazioni

Marcia contro l'abuso di potere della polizia in memoria di Amadou Diallo davanti alla Casa Bianca, 15 febbraio 1999, Elvert Xavier Barnes Protest Photography [1] via Flickr CC BY 2.0 [2]

La recente ondata di proteste del movimento Black Lives Matter (le vite dei neri contano) negli Stati Uniti evidenzia una lunga storia di violenze da parte della polizia nei confronti degli afroamericani.

Il 25 maggio, George Floyd, un afroamericano, è stato ucciso da un poliziotto bianco [3] [en, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione] a Minneapolis, in Minnesota. Dalla sua morte, manifestanti e attivisti sono scesi in strada, gridando i nomi di tanti altri che sono morti per mano della polizia, come il giovane guineano Amadou Diallo [4], che si trovava negli USA per studiare.

Diallo, 23 anni, fu brutalmente ucciso con 41 colpi di pistola all'ingresso del suo appartamento, il 4 febbraio 1999, da quattro poliziotti in borghese di New York [4] che facevano parte dell'ormai defunta “unità per i crimini stradali”. I quattro sostenevano che Diallo fosse sospettato di stupro e pensavano avesse una pistola; in realtà, aveva con sé solo il portafoglio.

I quattro poliziotti, Edward McMellon, Sean Carroll, Kenneth Boss e Richard Murphy, furono tutti accusati di omicidio di secondo grado, ma assolti, poiché spesso accade che la polizia goda di totale impunità nei tribunali americani. L'assoluzione fece infuriare molti americani [5] di tutte le razze e causò proteste a livello nazionale.

L'agente Boss rimase nelle forze di polizia, ma fu “riassegnato” nel 2012. L'agente Carrol presentò le sue “sentite scuse” alla famiglia, ma solo molto più tardi, secondo [6] lo scrittore Janus Marton.

New York “è da secoli il più grande esperimento di multiculturalismo al mondo, attirando nei suoi cinque distretti persone ambiziose con sogni e talento da tutto il Paese e da tutto il mondo”, ribadisce [6] Marton, che ricorda il processo ai quattro agenti svoltosi ad Albany, una città vicina, poiché si temeva che “potessero non avere un processo equo nel Bronx”, il distretto di New York in cui Diallo è stato ucciso.

Decenni dopo l'omicidio di Diallo, i manifestanti del movimento Black Lives Matter ricordano le circostanze del suo brutale assassinio da parte dei poliziotti di New York, citando il governatore Andrew Cuomo per la sua passività sulla responsabilità della polizia.

Jesse McKinley, caporedattore di Albany per il New York Times, ha scritto:

ULTIM'ORA: Le famiglie delle vittime degli omicidi per mano della polizia di New York – Amadou Diallo, Ramarley Graham, Kimani Gray, tra gli altri – hanno pubblicato una lettera sarcastica indirizzata a @NYGovCuomo, dicendo che è stato “uno dei principali ostacoli” alla responsabilità della polizia.

Lettera qui: https://t.co/oFTSof5SE3 [8]

Marcia contro l'abuso di potere della polizia in memoria di Amadou Diallo davanti alla Casa Bianca, 15 febbraio 1999, Elvert Xavier Barnes Protest Photography [1] via Flickr CC BY 2.0 [2]

Chi era Amadou Diallo?

Diallo era nato in Liberia da genitori guineani, Saikou Diallo e Kadiatou Diallo, ed era il primo di quattro figli, come spiega [10] lo scrittore africano Ayodale Braimah. La sua famiglia esportava pietre preziose tra l'Africa e l'Asia, offrendo così a Diallo la possibilità di studiare in diversi Paesi, come la Thailandia, dove ha vissuto per un periodo con la madre dopo il divorzio dei suoi genitori.

Kadiatou Diallo, la madre di Amadou, è una guerriera, sposatasi all'età di 13 anni e rimasta incinta di Diallo a 16. Ha studiato da autodidatta e ha avviato un'attività in Thailandia.

Studiando l'inglese, Diallo era attratto dalla cultura americana. Nel 1996, ha seguito la sua famiglia a New York, dove ha avviato un'attività con un cugino. Ha lavorato per un po’ come venditore ambulante, aspirando a studiare inglese e informatica.

Una madre e una città in lutto

Kadiatou Diallo, la madre di Diallo, era in Guinea quando ha ricevuto la notizia che suo figlio era stato ucciso dai poliziotti. Ha raggiunto gli Stati Uniti e ha iniziato a battersi per la sua memoria, diventando, come scrive la blogger Charisma Speakers, “un simbolo della lotta contro l'abuso di potere della polizia” [11] e usando la sua esperienza per migliorare gli altri.

“La signora Diallo umanizza la tragedia della profilazione razziale e dell'abuso di potere della polizia e continua a collaborare attivamente con i leader delle comunità per promuovere un cambiamento”, prosegue Charisma Speakers.

La famiglia Diallo ha denunciato il Dipartimento di Polizia di New York Police per morte immotivata chiedendo un risarcimento di 61 milioni di dollari, accettandone alla fine 3 [12], secondo Alexandra Starr di Public Radio International, che ha scritto un articolo sull'omicidio di Diallo nel 2014, in occasione del quindicesimo anniversario della sua morte: “La famiglia ha utilizzato parte di quei soldi per istituire, nel 2005, la Amadou Diallo Foundation [13] e una borsa di studio”, che gli studenti continuano a ricevere [14] ancora oggi.

Nel quarto anniversario della morte di Amadou Diallo, la città di New York ha inaugurato [15] nel Bronx l'Amadou Diallo Place per onorarne la memoria.

Kadiatou Diallo ha collaborato con 100 Blacks in Law Enforcement Who Care [16], un gruppo di patrocinio legale per un migliore controllo della polizia di New York, e anche con i politici locali [17] per l'approvazione di una legge di profilazione razziale ad Albany, New York.

Nel 2004, Kadiatou Diallo ha scritto un pluripremiato libro dal titolo “My Heart Will Cross This Ocean: My Story, My Son, Amadou” [18]. Nel 2006, è apparsa nei documentari “Death of Two Sons” [19] e “Every Mother’s Son” [20] sulla storia di tre madri che hanno perso ognuna un figlio disarmato per mano del Dipartimento di Polizia di New York.

La tragedia di Diallo ha ispirato più di 20 canzoni, cinque docuserie e due film.

Oggi “le vite dei neri contano”

Le proteste del movimento Black Lives Matter, scoppiate in risposta alla morte di George Floyd a opera della polizia, hanno spinto molti utenti di Twitter a ricordare il nome di Amadou Diallo, a più di 20 anni dal suo brutale assassinio.

Clara || BLM (@quiteclara) consiglia una docuserie sul caso Diallo:

Docuserie “Processi mediatici” di Netflix, ep. 3 “41 pallottole”.

4 poliziotti di New York sparano 41 colpi di arma da fuoco ad Amadou Diallo, 19 dei quali lo colpiscono uccidendolo, davanti al suo appartamento. Diallo era disarmato. Tutti e 4 gli agenti furono accusati di omicidio di secondo grado, ma giudicati non colpevoli.

Clint Smith [22], scrittore e insegnante, scrive su Twitter “quando è troppo, è troppo”: 

Sono abbastanza vecchio da ricordare AMADOU DIALLO e ABNER LOUIMA. Quando è troppo, è troppo. Più di 20 anni dopo, non abbiamo voltato pagina. Smettetela di dire ai neri cosa avrebbero dovuto fare o cosa dovrebbero fare per non farsi ammazzare. È esattamente il contrario.

So African (@Mx_chichi), un antropologo, scrive:

È la stessa polizia di New York che ha promosso Kenneth Boss, uno degli uomini che ha ucciso Amadou Diallo. Dopo aver sparato a Diallo 41 volte e dopo che 19 proiettili l'hanno colpito. I poliziotti di New York coinvolti non sono mai stati ritenuti colpevoli. Hanno detto: “bas! Tumesema scusate!” e sono stati “perdonati”

Felonious Munk [26], comico, scrittore e attore etiope americano, ricorda i nomi di altri afroamericani uccisi per mano della polizia degli Stati Uniti:

Obama era presidente quando Mike Brown, Eric Garner e Tamir Rice sono stati uccisi. Clinton era presidente quando Amadou Diallo (e tanti altri) è stato ucciso. Chi dobbiamo votare perché la smettano di uccidere impunemente i neri?


Una versione precedente di questa storia riportava un errore in cui si diceva che Alexander Starr aveva scritto nel 2014, il quarto anniversario della sua morte. È stato ora corretto in Alexandra Starr aveva scritto nel quindicesimo anniversario.