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Mentre il COVID-19 accelera la trasformazione digitale, internet è sicuro per le donne in Medio Oriente?

Categorie: Medio Oriente & Nord Africa, Giordania, Marocco, Palestina, Tunisia, Yemen, Citizen Media, Cyber-attivismo, Diritti umani, Donne & Genere, Libertà d'espressione, Media & Giornalismi, Politica, Protesta, Salute

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Volontarie dell'iniziativa giovanile HerStory, che produce e diffonde informazioni su questioni di uguaglianza di genere nella penisola araba. Foto [1] di Emad Karim/Ente delle Nazioni Unite per l'uguaglianza di genere [CC BY-NC-ND 2.0 [2]].

La pandemia di COVID-19 ho costretto i paesi all'isolamento e alla quarantena. Intrappolate a casa, molte persone si sono rivolte a internet in massa [3] [en, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione] per portare avanti la propria routine quotidiana dallo shopping, al lavoro fino all'imparare a comunicare e socializzare. È probabile che ciò avrà un impatto duraturo anche dopo la fine della pandemia. 

Tuttavia, i ruoli e la violenza di genere che esistono offline vengono amplificati online, e ciò significa che le donne hanno meno probabilità di beneficiare di questa trasformazione digitale rispetto agli uomini. Nella regione del Medio Oriente e Nord Africa (MENA), la violenza e le molestie online hanno costretto alcune donne ad un'auto-censura e ad un allontanamento dal dibattito pubblico. 

Internet è un'arma a doppio taglio. Il mondo online è il riflesso delle realtà offline. Le nuove tecnologie riproducono quegli ambienti limitati in cui le donne si muovono offline. Gli spazi virtuali estendono e rendono eterne le disuguaglianze del mondo reale per quanto riguardano le dinamiche di potere e i ruoli di genere patriarcali.

La violenza online rivolta alle donne è aumentata del 50% [4] a marzo 2020 durante la quarantena, analogamente all'aumento della violenza domestica, secondo l'ufficio del Commissario della Sicurezza Informatica in Australia. 

Forme di violenza online contro le donne

La violenza online contro le donne può assure forme diverse, tra cui commenti offensivi e carichi di odio, minacce fisiche, molestie sessuali, stalking, troll, condivisione di immagini intime senza consenso, e ricezione di immagini a sfondo sessuale non richieste. 

La maggior parte degli abusi online contro le donne [5] avviene nelle principali piattaforme dei social media come Facebook, Twitter, Instagram, WhatsApp e YouTube, secondo un resoconto del 2017 di Amnesty International. 

Nelle società conservative in cui le donne portano il peso del cosiddetto onore di famiglia, rendere pubblica l'immagine di una donna può avere conseguenze devastanti. Nello Yemen, le donne temono una punizione da parte delle proprie famiglie e quindi si mostrano raramente nei social media.

Dawla, un'attivista per i diritti umani yemenita, ha detto a Global Voices: 

There is a strict segregation of sex and men should not see women’s appearance. Women don’t usually post their photos online. If a woman shares intimate photographs in a private conversation — which can be something as mild as a picture showing her face without the full traditional black cover — there is a risk that someone will use it to bully or blackmail her. If known it could ruin her reputation and bring shame to her entire family.

C'è una severa esclusione dal sesso e gli uomini non dovrebbero vedere il corpo delle donne. Di solito le donne non pubblicano le proprie foto online. Se una donna condivide fotografie intime in una conversazione privata — che può essere una semplice foto in cui si vede la faccia senza l'intero velo nero tradizionale — c'è il rischio che qualcuno la usi per maltrattarla o ricattarla. Se si venisse a sapere, ciò rovinerebbe la sua reputazione e causerebbe la vergogna di tutta la sua famiglia.

La violenza online è rivolta alle donne leader

Le donne attiviste e giornaliste vengono prese particolarmente di mira online nel tentativo di intimidirle, diffondere false informazioni e screditare il loro lavoro. 

Recentemente, Tawakkol Karman, una famosa attivista per i diritti umani yemenita e vincitrice del Premio Nobel per la Pace, ha detto di essere stata sottoposta a ciò che ha descritto come “bullismo diffuso” e ad una “campagna diffamatoria [6]“. Questa campagna, condotta dai mass media associati al governo saudita e dai suoi sostenitori sui social media [7], ha preso di mira la Karman dopo essere stata nominata per l’Oversight Board di Facebook [8], creato [9] dalla società per gestire la moderazione dei contenuti sulle sue due piattaforme, Facebook e Instagram.

Questo riguarda la campagna “Facebook Caliphate”, una protesta principalmente saudita contro @TawakkolKarman. Ciò che colpisce dell'hashtag è il numero di account chiaramente sospetti che stanno scrivendo tweet al riguardo. Continuate a leggere per maggiore #disinformazione

Secondo un sondaggio globale [13] condotto nel 2018 da International Women's Media Foundation e Troll-Busters.com, “gli attacchi online sono diventati più visibili e coordinati negli ultimi cinque anni, soprattutto con l'aumento del nazionalismo in tutto il mondo e con l'uso di reti digitali per bloccare i processi politici”. Il sondaggio ha decretato che “l'abuso fisico e sessuale online fa parte del lavoro quotidiano delle donne giornaliste”:

Online attacks against journalists have become more sophisticated in nature, more insidious in their damage to the news enterprise and more dangerous for journalists, both online and offline.

Gli attacchi online contro le giornaliste si sono fatti più sofisticati, più insidiosi nel danneggiare le redazioni e più pericolosi nei confronti delle giornaliste, sia online che offline.

Le donne si ritirano e si auto-censurano

A causa di un ambiente online ostile, spesso le donne si auto-censurano e persino si ritirano dal dibattito pubblico. Il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite ha identificato la diffusa violenza online contro le donne come una causa importante del divario digitale globale fra uomini e donne [13]

Secondo lo studio [5] di Amnesty, la vasta maggioranza delle donne ha detto di essere in ansia quando usano internet da quando state attaccate. Alcune hanno chiuso gli account dei loro social media, mentre altre hanno evitato di condividere determinati tipi di contenuto. 

Le donne palestinesi si sono anche lamentate della “torre di sorveglianza [14]“, cioè la sorveglianza da parte della famiglia e della società che monitora e interviene nelle attività e interazioni online, e che causa un'ulteriore pressione verso l'auto-censura.

“Avere i propri genitori su Facebook ha i suoi effetti. Inizi a riconsiderare i post che vuoi scrivere, o le foto che vuoi condividere, o le persone con cui ti vuoi collegare”, ha detto Susan, una donna palestinese della Cisgiordania in un rapporto del 2017 sulla violenza di genere online [14] condotto dal Centro Arabo per lo Sviluppo dei Social Media, 7amleh e la Swedish Kvinna Foundation.

Violenza online: trascurata e sottostimata

Come succede con la violenza domestica, la reale entità della violenza online contro le donne è spesso taciuta e sottostimata.

Uno studio marocchino del 2019 ha rivelato che solo una donna su dieci ha denunciato casi di violenza online alle autorità [15] [fr].

Sebbene le Nazioni Unite [16] abbiano riconosciuto la cyber-violenza come “tanto dannosa per le donne quanto la violenza fisica”, il fenomeno nella regione MENA è ancora largamente non riconosciuto e ignorato, nonostante l'adozione di diverse leggi che criminalizzano i reati e le molestie online negli ultimi anni.

I sostenitori per i diritti delle donne dicono che queste leggi spesso non fanno abbastanza per proteggere le donne online. L'Istituto Sisterhood Is Global, un'organizzazione giordana per i diritti delle donne, ha affermato che poche donne sono a conoscenza della nuova legge e che quindi non denunciano le molestie [17]

In un altro esempio, sebbene la Tunisia abbia approvato una legge sull'eliminazione di ogni forma di violenza contro le donne, sono [18] rare le azioni penali per abusi e molestie online contro le donne. Tuttavia, con una decisione senza precedenti, l'8 maggio un tribunale tunisino ha dichiarato un ordine restrittivo a favore delle vittime molestate online prima che lo stalking avvenga anche offline. 

La società civile non è in grado di occuparsene

In generale, la società civile non ha abbastanza consapevolezza e potere nei confronti di ciò che effettivamente rappresentano il cybercrimine e i relativi diritti. Sebbene nella regione i gruppi per i diritti delle donne si occupano di fare sensibilizzazione sulle questioni urgenti che coinvolgono le donne offline, potrebbero non avere abbastanza risorse per tutelare questi diritti online. Per di più, le regole sociali possono impedire [19] alle donne di parlare apertamente.

Inoltre, spesso manca una conoscenza della tecnologia tra i professionisti legali e le forze dell'ordine. La polizia tende a banalizzare la violenza e gli abusi online verso le donne.

Nello studio [20] condotto da 7amleh e da Swedish Kvinna Foundation sulla violenza di genere online in Palestina, più della metà delle donne sottoposte al sondaggio ha detto di aver paura di parlare apertamente e di non fidarsi della polizia nella gestione dei casi di abusi online. Al contrario, molte hanno detto di essersi occupate della questione all'interno della propria cerchia personale.

La violenza online limita la libertà di espressione, lo sviluppo personale, la crescita economica e la partecipazione civica e politica. In un'era in cui internet è uno spazio sempre più vitale dove esercitare i diritti umani fondamentali, dobbiamo fare di più per garantire la sicura partecipazione delle donne.