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San Paolo ha più di mille favelas che affrontano molte difficoltà a causa della pandemia

Categorie: America Latina, Citizen Media, Cyber-attivismo, Diritti umani, COVID-19

Le famiglie numerose in piccole case sono un problema in Brasile. Foto: Léu Britto/Agência Mural.

Questo testo è di Lucas Veloso. Viene pubblicato qui in virtù di una collaborazione fra Global Voices e Agência Mural [1] [pt, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione] per condividerne il contenuto.

Fin dalla decade del 1970, un terreno inclinato di 461.000 metri quadri, vicino ai margini della sierra Cantareira, è caratterizzato da baraccopoli. Col passare degli anni il posto si è trasformato nella residenza degli abitanti di Brasilândia [2], distretto della zona Nord di San Paolo.

Qui è stato sempre normale vivere senza energia lettrica, senza acqua nè fognatura o raccolta dell'immondizia. Di recente un altro nemico minaccia migliaia di famiglie del luogo: il nuovo coronavírus [3].

La favela di Tribo è una delle 1728 favelas della città di San Paolo secondo i dati della prefettura. Nella regione metropolitana, di circa 400.000 famiglie, più di due milioni di persone vivono in queste condizioni. [4] E alcune vivono in una situazione ancora più complicata.

Scarsamente popolate in confronto a favelas come Paraisópolis [5] [it] y Heliópolis [5] [it], dove ci sono più di 100.000 abitanti in ciascuno e dove i residenti sono stati in grado di articolare reti di sostegno, le omunità come la favela Tribo sono più isolate e hanno poco sostegno da parte del potere pubblico per superare la perdita di reddito, la mancanza di servizi igienici di base ed i rischi di contagio.

Da 16 anni la leader della comunità Irani da Silva Guedes, 46 anni, vive nella favela di Tribo e vede la regione come un luogo abbandonato e dimenticato dallo Stato.“[I politici] vengono solo quando ci sono le elezioni”, spiega in un'intervista ad Agência Mural. A casa di Irani vivono sei persone, fra i 10 ed i 47 anni, e uno dei suoi figli segue il trattamento contro l'anemia falciforme nella Santa Casa di San Paolo.

“Sono tre mesi che viviamo la pandemia, abbiamo molte persone che necessitano ancora di sostegno”, ha detto. L'isolamento sociale, una delle misure di sicurezza indicate dall'Organizzazione Mondiale della Salute (OMS), qui è impraticabile in diverse case, dove “c'è molta gente ammassata”, come ha spiegato Irani.

L’ alcohol in gel e le mascherine sono arrivate grazie a donazioni, ma non sono articoli facilmente reperibili. Alcune case non hanno l'acqua.

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Josefa e José vivono con i loro figli Danilo, Duda, Samuel e Sara in una casa della comunità. Foto: Léu Britto/Agência Mural.

Il sociologo Sandro Barbosa de Oliveira vive a Itaquera [7], ad Est di San Paolo. Afferma che Paraisópolis e Heliópolis – le due maggiori favelas della città – hanno una maggiore presenza di autorità pubbliche e private a confronto con altre favelas della città.

La posizione e le abitazioni che circondano le classi medie e dominanti con un reddito medio e alto sembra renderli luoghi preferiti per l'aiuto “umanitario” da parte delle organizzazioni civili.

 “Le favelas in altre periferie e periferie sono più distanti e invisibili ai riflettori dei media e agli occhi di queste élite”, dice Sandro. “C'è una distribuzione iniqua delle risorse per gli aiuti [contro] gli effetti di Covid-19.”.

In quarantena

Questa è un podcast dell'Agência Mural che parla della vita nelle favelas durante la pandemia del COVID-19.

Lungo la fogna

La storia si ripete nella comunità Córrego da Onça, anche nella zona nord, dove vive la lavoratrice indipendente Jaqueline Arruda de Oliveira, 36 anni. Per lei il problema principale del momento è il fatto di vivere accanto ad una fogna a cielo aperto. “Le baracche sono appiccicate le une alle altre, tra l'altro poche persone hanno un lavoro lì” racconta.

Come a Tribo, la mancanza di autorità pubbliche è una delle questioni sollevate. È evidente che nessun ente pubblico si è fatto vivo per “compiere qualche buona azione nè conoscere le nostre condizioni”.

Jaqueline continua raccontando che, oltre alle difficoltà come la precarietà delle strutture delle baracche, ci sono anche anziani disabili e famiglie con fino ad otto figli. “Faccio un lavoro indipendente e mi sento colpita. Come posso lavorare in questa situazione?” domanda.

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Brasilândia è il secondo distretto con più case nelle favelas, seguita da Vila Andrade. Foto: Léu Britto/Agência Mural.

Ancora non ci sono dati chiari su quanti danni abbia causato il COVID-19 ad ogni favela di San Paolo. Un analisi dell’ de Agência Mural di maggio 2020 ha segnalato una mortalità cinque volte maggiore rispetto alla media nazionale in alcune periferie. [9] Tuttavia la situazione cambia in città.

Da allora la prefettura ha divulgato poca informazione sulle morti in ogni regione ed in generale ha offerto dati sui distretti senza focalizzarsi su quanto è accaduto nei quartieri e nelle favelas.

“Settimanalmente il numero di morti, confermati e presunti, comincia nella zona centrale della città ma va aumentando ancora di più in periferia”, ha affermato il prefetto Bruno Covas in una conferenza stampa.“Inoltre siamo riusciti a dimostrare quanto si concentra nelle zone in cui ci sono favelas nella città di San Paolo”.

Fino al 20 maggio Brasilândia ha continuato ad essere il quartiere con più morti: 103 confermati o con il sospetto di essere morti per il coronavirus.

L'alcool in gel è un lusso

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Gleide davanti ad un'associazione di residenti che ha contribuito a formare.| Foto: Ana Beatriz Felicio/Agência Mural.

leide Faria Santos, 49 anni, è la leader della comunità di Porto de Areia, a Carapicuíba,dove vive, a 28 km di San Paolo. La favela è nata al lato di una laguna costiera della regione ed una discarica [11]dismessa.

Gli abitanti della favela sono ricorsi ai social per chiedere donazioni di alcool in gel, poichè il prezzo del prodotto è inaccessibile per la maggioranza.

La mobilitazione iniziale ha dato i suoi frutti, ma non è stato sufficiente durante tutta la quarantena. A maggio i vicini non hanno ricevuto alcohol nè grazie alle donazioni nè alle forze pubbliche. “Non sappiamo come comprarlo”, ha detto Cleide. Anche nel suo quartieremanca l'acqua.

La prefettura di Carapicuiba dice che ha distribuito donazioni in alcune comunità, compreso Porto de Areya. La nota dice che la Segreteria dell'Assistenza Sociale e Cidadania ha consegnato 35.000 pacchetti per l'igiene, compreso shampoo e saponi.

Per incontrare le persone che sono risultate positive al COVID-19, e che vivono in luoghi con difficoltà per fare isolamento sociale, il Coronavirus Coping Center è in fase di costruzione – dove possono rimanere fino a quando non si riprendono. Circa il verificarsi di carenza di acqua nella regione, la città ha detto che ha notificato la società di acqua (Sabesp) per le misure e l'ispezione in loco.

Nella favela di Morro do Macaco,nella città di Cotia, a 50 km da San Paolo, il fotografo Marcos Batata, 38 anni, è stato uno degli organizzatori della lotta al Coronavirus. Marcos è nato e cresciuto nella regione e da diversi anni è promotore di eventi culturali e sociali nel quartiere.

Con la pandemia dice di esser passato ad aiutare di più i residenti, con fogliettini medici e con il pagamento delle pensioni. “Da un lato esistono persone con case con una camera ed un bagno per sette persone, che allungano materassi per dormire. Dall'altro esistono case di mattoni ma non non c'è possibilità di isolamento” ha detto. “Nella favela quasi non troviamo posti adatti all'isolamento, poichè gli spazi sono fisicamente ridotti”.

Problemi strutturali

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I problemi strutturali costituiscono delle difficoltà nella favela di Tribo, nella zona nord. Foto: Léu Britto/Agência Mural.

Estela Alves, ricercatrice dell'Istituto di Energia e Ambiente dell'Università di San Paolo, ha detto che i problemi strutturali che affronta chi vive nelle favelas, come la mancanza d'acqua, sono difficoltà enormi.

“Mancanza di spazio adeguato per la quantità di persone, mancanza di orientamento tecnico e mancanza di denaro per costruire un'abitazione degna e sana” commenta.

La ricercatrice afferma che quei problemi sono inaccettabili perchè sono tecnicamente semplici da risolvere e renderebbero la vità delle persone dignitosa e sicura in questo momento di pandemia.

“Come possiamo pensare a città tecnologiche ed intelligenti se ancora nelle nostre città più ricche abbiamo ancora molte famiglie che non riescono ad avere un bagno adeguato, neppure un tetto che le protegga?” ha detto.

Porto di Areia, Carapicuíba, nella Gran São Paulo, ha cercato donazioni di alcohol in gel all'inizio della crisi. Foto: Ana Beatriz Felicio/Agência Mural.

Il 19 marzo la Procura Federale dei diritti cittadini ha chiesto che il Ministero della Salute ha informato che si adotteranno misure per la prevenzione del COVID-19 fra le popolazioni che vivono nelle favelas e nelle periferie del paese. Il Ministero della Salute non ha risposto. I documenti sono passati nelle mani di due ministri in meno di un mese [13], finchè il 2 giugno il presidente Jair Bolsonaro ancora non ha designato un nuovo ministro.