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Guerra dell'informazione: l'altro campo di battaglia del COVID-19 in Medio Oriente

Categorie: Medio Oriente & Nord Africa, Arabia Saudita, Emirati Arabi, Iran, Libano, Qatar, Yemen, Citizen Media, Diritti umani, Governance, Guerra & conflitti, Idee, Interventi umanitari, Libertà d'espressione, Media & Giornalismi, Relazioni internazionali, Salute, Scienza, COVID-19

Bab el-Yemen (porta dello Yemen) nella capitale Sana'a. Foto di Jialiang Gao [1], sotto licenza CC BY BY-SA 2.5 [2]

Il COVID-19 ha inasprito le tensioni politiche esistenti in Medio Oriente e Nord Africa, una regione già segnata da decenni di conflitto: ora politici spregiudicati danno la colpa della diffusione del nuovo coronavirus ai loro nemici politici o ai governi vicini.

Il direttore dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha dato l'allarme [3] [en, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione] sulla minaccia che la disinformazione costituisce per l'umanità:

“All'OMS non stiamo combattendo solamente contro il virus, stiamo lottando anche contro i troll e le teorie del complotto che minano la nostra risposta”, ha dichiarato, ribadendo che le false informazioni possono provocare confusione e paura.

La regione del Medio Oriente e Nord Africa non è nuova alle teorie del complotto e alla disinformazione. Uno studio dell'Oxford University [4] del 2019 ha rivelato che nella regione si trovano metà dei Paesi della top 12 con un'”elevata attività di cybertruppe”, cioè Egitto, Iran, Israele, Arabia Saudita, Siria ed Emirati Arabi Uniti.

Chi occupa una posizione di potere usa la “guerra dell'informazione” per costruire narrative e controllare l'opinione pubblica, e i social media sono diventati il campo di battaglia principale [5] per schierare eserciti di influencer, troll, bot e commentatori.

In Iran, Yemen e Siria, i leader del cosiddetto “asse della resistenza” [6] (la cui legittimità è spesso legata a un'aggressiva opposizione all'Occidente) hanno approfittato del COVID-19 per riaffermare la propria posizione politica e dar voce a ostili ideologie anti-occidentali.

Hezbollah [7] [it], ad esempio, ha definito il coronavirus come un colpo di scena orchestrato dai loro “nemici”: l'Occidente in generale e gli Stati Uniti in particolare. Hezbollah, un partito politico sciita con sede in Libano e affiliato all'Iran, è noto per essere uno Stato dentro uno Stato. È considerato un'organizzazione terroristica da diversi Paesi [8] [it].

A marzo il segretario generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha dichiarato [9] [ar]:

The corona is a highly threatening enemy. We have to confront this invasive enemy. We should not surrender or despair or feel helpless. The response must be confrontation, resistance, and fighting. We will win this battle. It is only a matter of time.

Il coronavirus è un nemico molto minaccioso. Dobbiamo affrontare questo nemico invadente. Non dobbiamo arrenderci o disperarci o sentirci impotenti. La risposta deve essere scontro, resistenza e lotta. Vinceremo questa battaglia. È solo questione di tempo.

L’ “asse della resistenza” iraniano

Nella battaglia per le menti e i cuori, l'esercito ideologico del regime iraniano, il Corpo delle guardie della rivoluzione islamica (IRGC) [10] [it], ha guidato una contro-narrativa sulla pandemia, dipingendo il virus come un complotto orchestrato dai nemici storici del regime: gli Stati Uniti e Israele.

La propaganda descrive il virus come un’ “invasione biologica americana” e un “attacco terroristico biologico sionista” e per questo alcuni sostenitori del regime hanno invocato una ritorsione [11].

Secondo Foreign Policy [11], il IRGC è stato, sin dalla sua fondazione nel 1979, il “principale meccanismo usato dal clero al potere per imporre la teocrazia in patria e per esportare la propria ideologia islamica sciita all'estero”.

Il IRGC collabora con i propri alleati nelle capitali arabe di Iraq, Libano, Siria e Yemen, su cui esercita una notevole influenza e con cui condivide simili ideologie anti-occidentali, anti-statunitensi e anti-israeliane. I leader di questi Paesi spesso glorificano la lotta e il martirio.

Il segretario generale di Hezbollah Nasrallah, ad esempio, predica regolarmente messaggi di martirio alla sua base. Ha spiegato in un'intervista [12] [ar]: “Il nostro combattente si fa saltare in aria felice e sorridendo perché sa che sta andando in un altro mondo. La morte per noi non è la fine, ma l'inizio della vita vera”.

Huthi: voce iraniana nello Yemen

Lo Yemen è ancora alle prese con la peggiore crisi umanitaria del mondo [13], secondo le Nazioni Unite, dopo essere finito in una sanguinosa guerra per procura nel 2015, quando una coalizione guidata dall'Arabia Saudita è intervenuta per deporre i leader Huthi che avevano preso potere con un colpo di stato.

Le forze Huthi, sostenute dall'Iran, controllano sia la regione settentrionale più popolosa che i media. I leader Huthi hanno usato la pandemia, descritta da alcuni analisti come un “regalo per gli Huthi [14]“, per attaccare gli avversari e deviare l'attenzione dalla crisi in corso. Inoltre, appoggiano la teoria del complotto del regime iraniano secondo cui il virus sarebbe una cospirazione americana.

Il dottor Taha Al-Mutawakkil, ministro della salute Huthi, ha dichiarato in un discorso publico trasmesso in TV [15] [ar]: “Dobbiamo chiedere al mondo intero, dobbiamo chiedere all'umanità intera: chi e che cosa c'è dietro al coronavirus?”. Ha concluso con uno slogan Huthi: “Morte all'America! Morte a Israele! Siano maledetti gli ebrei! Vittoria all'Islam!”.

Mentre nelle ultime settimane il virus dilaga nello Yemen, gli attivisti segnalano decine di morti. La leadership Huthi ha negato la dimensione dell'epidemia [16] e ne ha sminuito la gravità. In una conferenza stampa [17] [ar], Mutawakkil ha dichiarato:

We should not do like the rest of the world who have terrorized the population. The recovery of the virus is very high, it is in Yemen of over 80 percent. The treatment of the coronavirus will come from Yemen.

Non dovremmo fare come il resto del mondo che ha terrorizzato la popolazione. Il tasso di guarigione dal virus è molto alto, in Yemen è dell'80 percento. La cura per il coronavirus verrà dallo Yemen.

Gli Huthi spesso osservano un'ideologia radicata nella vittimizzazione [18] e sostengono che tutti i problemi dello Yemen sono causati da interventi esterni iniziati nel 2015 con la campagna militare guidata dai sauditi. Per questo, spesso danno la colpa all'intervento guidato dall'Arabia Saudita per esimersi dalla responsabilità per la crisi attuale.

Mohamed Ali al-Huthi, un membro del Consiglio Politico Supremo Huthi, il 16 marzo ha twittato [19] [ar] che la colpa per la diffusione del coronavirus nello Yemen è della coalizione guidata dai sauditi [ar]:

Nei territori occupati dai Paesi aggressori [la coalizione guidata dai sauditi] non sono state prese misure di precauzione o di emergenza o di quarantena o altro. L'epidemia chiamata corona non si starebbe diffondendo nel mondo. Riteniamo che gli aggressori americani e i loro alleati siano responsabili per ogni caso nello Yemen perché controllano lo spazio aereo, il territorio e i porti.

I leader Huthi hanno anche sfruttato il virus per spingere la propria base ad agire e promuovere il reclutamento militare. In un canale televisivo associato agli Huthi [22] [ar], un presentatore ha invitato gli spettatori a unirsi alla battaglia e morire da martiri invece di morire di coronavirus chiusi in casa.

L'asse Arabia Saudita-Emirati Arabi Uniti: la colpa è di Qatar e Iran

Il Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC) [23] [it] è stato creato nel 1981, dopo la Rivoluzione Islamica in Iran e la guerra tra Iran e Iraq, da Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Qatar, Oman e Bahrain. L'obiettivo dell'unione, fin dall'inizio, era la difesa da una minaccia iraniana.

Tuttavia, il GCC è in crisi dal 2017, quando un blocco di Paesi guidati dall'Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti è entrato in conflitto con il Qatar a causa di accuse di legami con “gruppi terroristici” iraniani. Il Qatar è sotto embargo totale [24] da giugno 2017.

È in questo contesto che il coronavirus è stato politicizzato. Secondo una narrativa diffusa in tutti i Paesi del GCC, il virus è stato importato dall'Iran, epicentro della crisi nella regione, o dall'Iraq, attraverso cittadini sciiti di ritorno da un pellegrinaggio in Iran.

Il quotidiano saudita Al Jazeera [25] [ar] ha accusato l'Iran di “aggiungere il terrorismo sanitario al terrorismo sanguinario” perché non è stato trasparente e ha permesso al virus di diffondersi.

Secondo l'Arabia Saudita, l'Iran è “direttamente responsabile” per la diffusione del COVID-19 e il Bahrain l'ha accusato di “aggressione biologica” per non aver messo un timbro sui passaporti dei bahreiniti che avevano viaggiato in Iran [26].

In una regione in cui famiglie reali sunnite governano su un'ampia minoranza sciita, sotto controllo per l'apparente vicinanza all'Iran, questa ricerca di un capro espiatorio probabilmente alimenterà il settarismo e le tensioni.

Gli Emirati Arabi Uniti e l'Arabia Saudita hanno lanciato campagne sui social media per incolpare il Qatar per il coronavirus usando hashtag come #Qatariscorona [27] [ar], sostenendo che il Qatar ha creato il virus in Cina per mettere a repentaglio il progetto Saudi Vision 2030 e l'Expo 2020 a Dubai.

Internet si è dimostrato un terreno fertile per coltivare e amplificare fake news sponsorizzate dagli Stati e campagne di propaganda. In un'era di distanziamento sociale e maggiore dipendenza dai social media, permettere la diffusione incontrollata e impunita di queste narrative compromette una risposta efficace alla pandemia e, più in generale, la pace e la democrazia.