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Lobby internazionale sostiene la protesta di Hong Kong: la Cina “brucerà” per aver danneggiato la città

Categorie: Asia orientale, Cina, Hong Kong (Cina), Citizen Media, Cyber-attivismo, Diritti umani, Legge, Libertà d'espressione, Politica, Protesta, Relazioni internazionali
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Vogliamo ‘laam chau’.” (Se bruciamo, bruciate con noi.) Immagine da Stand News, utilizzo consentito.

Ad un anno dall'inizio delle proteste per l'estradizione anti-cinese, l'organo di stampa online di Hong Kong, Stand News, ha curato una serie di articoli sul movimento di opposizione. Nel seguente report è riportata l'intervista a Finn, membro chiave di un gruppo richiedente sanzioni internazionali contro la Cina per aver danneggiato l'autonomia di Hong Kong. Il report originale, in cinese, è stato pubblicato [1] [zh] il 9 luglio 2020. La versione in inglese, tradotta da Winnie Ko, è stata pubblicata da Global Voices grazie ad una partnership sui contenuti.

“Laam chau” (攬炒), che significa “distruzione reciproca assicurata”, è diventata un'espressione politica diffusa a Hong Kong a seguito delle proteste anti-estradizione.

L'essenza del “laam chau” è ben descritta dallo slogan “Se bruciamo, bruciate con noi”, e si riflette nella richiesta di sanzioni internazionali contro la politica cinese a Hong Kong, che danneggia l'autonomia della città con il principio “un Paese, due sistemi” [2] [it].

L'espressione, che ha avuto origine dal nome utente “I want to laam chau” sul forum tipo Reddit, LIHKG [3] [en, come i link seguenti, salvo diversa indicazione], non è mai stato utilizzata dal campo pro-istituzione, incluso l'Ufficio di Collegamento di Pechino a Hong Kong.

Finn (uno pseudonimo), la persona dietro l'username, ha sorriso dicendo:

I never thought that the username I created would become a topic that all Hongkongers talk about.

Non avrei mai pensato che il mio username sarebbe diventato una questione di cui tutti gli hongkonghesi avrebbero parlato.

Finn non è l'unica persona che vi è dietro. Poiché il governo di Hong Kong si è rifiutato di ritirare la proposta di legge concernente l'estradizione dopo il raduno [4] [it] di un milione di persone il 9 giugno 2019, ha scritto sul forum e ha arruolato un gruppo di persone con le sue stesse idee che supportassero le proteste di Hong Kong dall'estero.

Un gruppo di pressione popolare internazionale

“I want to laam chau” è diventato rapidamente un team– che Finn dice formato da “lobbisti popolari internazionali” . Popolari perché i suoi membri non sono celebrità politiche, come l'attivista pro-democratico Joshua Wong [5] [it] né hanno connessioni politiche, capitale politico o fama.

La decisione del CEO Carrie Lam di portare avanti la seconda lettura della bozza di legge [6] di estradizione nel Consiglio Legislativo di Hong Kong il 12 giugno 2019 ha scatenato la prima campagna del team. Migliaia di email sono state mandate a politici stranieri richiamando l'attenzione sulla legge e sollecitandoli a fare pressioni sui loro governi per sanzionare i principali funzionari annullando i loro passaporti.

Lo scopo era quello di influenzare i voti dei legislatori pro-istituzione, ma mentre la campagna ha ricevuto più di 10.000 Like su LIHKG, pochissimi politici esteri hanno risposto alla richiesta.

Una campagna che ha attirato l'attenzione mondiale

Il seguito del team, tuttavia, ha catturato l'attenzione mondiale: in sole poche ore, ha raccolto più di mezzo milione di dollari di Hong Kong per far apparire in prima pagina il suo appello ai leader G20 [7] [it], compresi su una decina dei principali giornali internazionali il 28 giugno 2019.

Da allora, il team è diventato noto come il team dei sostenitori del “Combatti per la Libertà, Resta con Hong Kong”, che hanno subito iniziato ad invitare i politici di diversi paesi a visitare Hong Kong per vedere con i loro occhi la protesta: Bob Seely, un parlamentare conservatore della Gran Bretagna, vi si è recato [8] a fine agosto 2019.

A novembre, più di 20 politici furono invitati dall'estero a Hong Kong per assistere alle elezioni del consiglio distrettuale. [9]

I gruppi “laam chau” di tutto il mondo hanno iniziato ad organizzare manifestazioni solidali , e a mettersi in contatto con i loro politici per spiegare la situazione politica a Hong Kong e convincerli a visitare la città.

A metà giugno 2020, il gruppo “laam chau” si è unito all’ Alleanza Interparlamentare in Cina [10] (IPAC), una piattaforma politica internazionale composta da parlamentari di 13 Paesi  con lo scopo di “aiutare l'elaborazione di una strategia pro-attiva” sulle tematiche relative alla Cina.

Dopo un anno, “I want to laam chau” rimane un account importante su LIHKG,  la dimensione del suo team si è triplicata e i suoi membri provengono da ogni parte del mondo.

Rivendicare Hong Kong è il vero scopo dell’ ‘laam chau’

Finn credeva che il gruppo “laam chau” sarebbe stato bersaglio della nuova legge sulla sicurezza nazionale di Hong Kong, prevedendo che:

[…] organisations, politicians, parliamentarians, students based in Hong Kong who are resisting on the international front, will definitely be suppressed.

[…] organizzazioni, politici, parlamentari, studenti aventi sede a Hong Kong che stanno facendo opposizione sul fronte internazionale, verranno sicuramente repressi.

Infatti, il dibattito “laam chau” è nel mirino del governo cinese. L'Ufficio Affari di Hong Kong e Macau di Beijing (HKMAO) ha menzionato [11] [zh] per la prima volta il termine nella conferenza stampa di settembre 2019, in cui lo ha associato al “pensiero terroristico” e alle “rivoluzioni colorate [12]“.

Entro maggio 2020, HKMAO ha rilasciato una nuova dichiarazione esortando gli abitanti di Hong Kong a respingere il  ‘laam chau’ e “scegliere il progresso”.

Secondo Pechino, che ha completamente ignorato il senso di “reciproco”, “laam chau” significa “autodistruzione”, mentre per il team “laam chau” è una risposta alla distruzione di Hong Kong dovuta alla Cina. Finn ha aggiunto:

For Hongkongers or protesters, the target of ‘laam chau’ is the the CCP [Communist Party of China]. However, in the narrative of the pro-Beijing camp, the target has shifted to ‘all Hongkongers’. They have ignored the reality that Hongkongers have been burnt by the CCP for a number of decades, that’s why we want to burn the CCP in this struggle. They distorted the meaning of ‘laam chau’ on purpose.

Per gli abitanti di Hong Kong o i manifestanti, l'obiettivo del ‘laam chau’ è il PCC [Partito Comunista Cinese]. Tuttavia, nella descrizione del campo pro-Pechino, l'obiettivo sono diventati tutti gli abitanti di Hong Kong, dimenticando che in realtà gli abitanti sono stati “bruciati” dal PCC per diversi decenni, ed è il motivo per cui noi vogliamo “bruciare” il PCC in questa battaglia. Hanno volutamente distorto il significato di  ‘laam chau’.

Ha chiarito che “laam chau” è un mezzo e non un fine, che l'obiettivo non è la distruzione, piuttosto la rivendicazione che il PCC debba pagare per aver danneggiato Hong Kong.

Specificando che Hong Kong è entrata in un periodo buio a causa dell'approvazione della legge sulla sicurezza nazionale-che secondo Finn è un ulteriore passo del PCC verso la distruzione della città – ha sottolineato che il vero obiettivo  dell’ “laam chau” è quello di rivendicare e liberare Hong Kong, vera e propria città internazionale: indebolire il controllo da parte del PCC gioca un ruolo fondamentale.

Gli arresti continuano

Eppure, le redini non sembrano allentarsi. Il primo luglio 2020, una dozzina di manifestanti è stata arrestata. Un 23enne brandente su una moto la bandiera “Liberare Hong Kong: la rivoluzione del nostro tempo” è stato accusato di incitazione alla secessione e coinvolgimento in atto terroristico, secondo la la legge di sicurezza nazionale. La sua cauzione è stata rifiutata. Se incriminato, la condanna potrebbe andare dai tre anni al carcere a vita. I negozi pro-democratici, terrorizzati dalle possibili ripercussioni, si sono ripuliti da tutti i volantini politici da un giorno all'altro.

Finn aveva previsto che il ruolo della lobby internazionale sarebbe stato fondamentale per “bruciare” il PCC; date le circostanze, ad oggi il progetto “laam chau” conta particolarmente sugli hongkongers d'oltremare.

Nel frattempo, le sanzioni internazionali , quali la revoca [13] ad Hong Kong di status di regione a tariffa speciale da parte degli USA, stanno danneggiando l'economia di Hong Kong, che Finn considera inevitabile:

If we are to hurt the CCP, we have to remove its ‘white glove’ [i.e. the role of Hong Kong as middleman] to conceal the CCP’s secret transactions […] Hongkongers must pay this price. Only then can the CCP be hit; there is no free lunch in this world.

Se dobbiamo danneggiare il PCC, dobbiamo togliergli il guanto bianco [cioè il ruolo di intermediario di Hong Kong] che usa per nascondere i suoi affari [..] , e gli abitanti di Hong Kong devono pagarne il prezzo. Solo così sarà possibile colpire il PCC. Non si ottiene mai niente per niente in questo mondo.

Secondo Finn, in successo della lobby internazionale dipende dalla determinazione degli hongkonghesi:

The political struggle inside the Legco [legislative council], street protests and international support are interlinked, and each of them is indispensable.

La lotta politica dentro Legco [Concilio legislativo], potreste in strada e il supporto internazionale sono collegate, e ognuna di esse è indispensabile.

Nel maggio 2020, il team ha lanciato [14] un progetto di crowfunding per riuscire a continuare le attività di lobby e networking. L'obiettivo è quello di raccogliere 175.000 dollari: si è già raggiunto il 90% dell'obiettivo.

I soldi del fondo saranno allocati agli hongkonghesi d'oltremare impegnati in attività di lobby, nell'organizzazione di gruppi di supporto, e nel coordinamento di manifestazioni solidali.