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Tra Calcutta, San Pietroburgo e Parigi: intervista alla scrittrice Shumona Sinha

Categorie: Asia meridionale, India, Citizen Media, Donne & Genere, Etnia, Letteratura, Migrazioni, Relazioni internazionali, Storia

Shumona Sinha. Foto di Francesca Mantovani/Gallimard, utilizzata con il suo permesso.

Durante la Guerra fredda [1] [it], il rapporto fra l'Unione Sovietica e l'India è stato particolarmente amichevole grazie al terreno ideologico comune. La Russia zarista ha sostenuto per molto tempo i movimenti anti-britannici in virtù delle proprie ambizioni coloniali nella regione. Dopo il 1917, l'Unione Sovietica ha rafforzato la propria presenza in India attraverso l'ideologia comunista e, secondo una delle interpretazioni, il Partito Comunista dell'India (PCI) è stato effettivamente fondato a Tashkent [2] [it] nel 1920.

La copertina di un'edizione del 1953 dell'iconica storia per bambini Moydodyr [3] di Korney Chukovsky, che è stata pubblicata per la prima volta da Lev Klyachko negli anni Venti dalla sua casa editrice Raduga. Foto di Filip Noubel, utilizzata con il suo permesso.

Fino alla sua caduta nel 1991, l'Unione Sovietica ha promosso la traduzione e la distribuzione di letteratura russa e sovietica che ha influenzato generazioni [4] [en] di bambini e intellettuali indiani.

I rapporti fra la Russia e l'India sono il punto focale della trama dell'ultimo libro di Shumona Sinha [5] [en] Le Testament Russe (Il testamento russo).

Come molti suoi coetanei, Sinha è cresciuta a Calcutta leggendo quegli stessi romanzi. Alla fine si è trasferita in Francia ed è diventata un'acclamata scrittrice exofonica [6] [en], ossia un'autrice che scrive in una lingua straniera.

Le Testament Russe ruota attorno a Tania, una giovane ragazza bengalese che vive nella Calcutta degli anni Ottanta. L'eroina abbandona il proprio contesto sociale e familiare per unirsi al movimento studentesco comunista e poi studiare il russo. La sua vera ispirazione però è Lev Klyachko [7] [ru], il giornalista ebreo russo che intraprese la strada dell'editoria negli anni Venti, fondò la casa editrice indipendente Raduga [8] [ru], lavorò con luminari della letteratura e dell'arte russa come Korney Chukovsky [9] [it], Kuzma Petrov-Vodkin [10] [en] ma che finì per essere censurato ed morì nel 1993.

L'autore Filip Noubel di GV ha intervistato Shumona Sinha per scoprire qualcosa di più su come i libri sovietici per bambini hanno influenzato il suo percorso attraverso lingua, cultura e identità. L'intervista è stata tagliata per questioni di spazio.

Filip Noubel (FN): Nel suo ultimo romanzo, lei esplora i legami, alcuni dei quali risalgono al Settecento [11] [en], che hanno unito la Russia e l'Unione Sovietica con il Bengala mediante l'ideologia e la traduzione della letteratura per bambini. Potrebbe dirci di più su questa eredità culturale? Ha fatto parte della sua infanzia a Calcutta? [fr, come tutte le citazioni seguenti]:

Shumona Sinha (SS) L’héritage de la littérature russe au Bengale occidental crée le cadre de mon roman, oui. Beaucoup de Bengalis qui possèdent une collection de livres chez eux, ont un rayon russe. Les livres russes et soviétiques ont joué un rôle important et pourtant délicat, ont influencé les pensées de tant de Bengalis, façonné leur regard sur la vie. Non seulement les classiques mais aussi les auteurs de la jeunesse comme Nicolaï Ostrovski, Arkadi Gaïdar, Dmitri Mamine Sibiriak, Boris Polevoï… C’était pareil chez moi. D’autant que mon père était économiste, professeur d’économie à l’institut équivalent de Science-Po, marxiste et leader communiste des années 1970. Il a failli être assassiné par les hommes de main d’Indira Gandhi. C’est d’ailleurs le sujet de mon troisième roman Calcutta. J’ai grandi avec les livres russes. Mes premiers contes de fées étaient russes, et non bengalis. C’est pourquoi j’ai été éprise de Kliatchko ! En fouillant dans les archives on trouve sa trace, mais rien n’a été écrit sur lui depuis sa mort, personne n’a contacté sa famille. Trouver leur trace et raconter cette histoire était une noyade voluptueuse pour moi.

Shumona Sinha (SS): In effetti la cornice in cui si inserisce il mio libro è nata dall'eredità culturale della letteratura russa nel Bengala occidentale. Molti bengalesi che possiedono libri hanno uno scaffale di letteratura russa. I libri russi e sovietici hanno ricoperto un ruolo chiave e delicato e hanno influenzato il modo di pensare di tanti bengalesi plasmandone la loro prospettiva sulla vita. Non solo i classici, ma anche autori della letteratura per bambini, come Nikolay Ostrovsky, Arkady Gaydar, Dmitri Mamin-Sibiryak, Boris Polevoy… È stato così anche a casa mia. Inoltre mio padre era un economista, un insegnante di economia, un marxista e anche un leader comunista negli anni Settanta. Ha rischiato di essere ucciso dai sostenitori di Indira Gandhi [12] [it]. Tra l'altro questo è il tema della mio terzo romanzo Calcutta. Sono cresciuta con i libri russi. Le mie prime fiabe erano russe, non bengalesi. È stato così che mi sono innamorata di Klyachko! Scavando negli archivi, si trovano dei documenti su di lui ma non è stato scritto più nulla dalla sua morte, nessuno ha contattato la sua famiglia. Per trovarli e dirgli che quella storia mi ha trasmesso una deliziosa sensazione di annegamento.

FN: Il suo romanzo è anche un libro sui libri. Tania, il cui padre possiede una libreria che vende libri sovietici ma anche il Mein Kampf di Hitler, è affascinata dal destino dell'editore Lev Klyachko. Quale pensa che sia il potere dei libri e della letteratura al giorno d'oggi?

SS: La scène d’autodafé de mon roman est imaginaire. La vente libre de Mein Kampf, le fait qu’il soit un best-seller en Inde, surtout parmi les jeunes, m’ont révoltée. Depuis la montée au pouvoir national de Modi alias son parti suprémaciste hindouiste BJP, depuis les déclarations massives et éhontées pro-Hitler, islamophobes de ses électeurs, j’ai voulu en parler dans mon roman. Le pouvoir des livres et de la littérature est majeur. Mais les livres aussi mentent, ce n’est pas mentir-vrai comme a dit Aragon, mais plus compliqué. On propage les idées suprémacistes, sectaires, religieuses, en guise d’une quête personnelle spirituelle. Doit-on bannir ces livres-là ? C’est le piège de la démocratie. Le capitalisme est un totalitarisme à ciel ouvert. On me considère comme un écrivain engagé, mais dans mes livres je cherche à explorer les complexités de la vie, j’ai horreur des discours binaires, dogmatiques. La littérature n’a pas la prétention de changer le monde, mais elle peut dévoiler la condition humaine, elle peut semer les germes d’espoir, de rêve pour un monde meilleur, accompagner le lecteur esseulé et lui donner un élan renouvelé.

SS: Nel mio romanzo ho immaginato la scena del rogo dei libri. Il fatto che Mein Kampf sia ancora facilmente reperibile, che sia un best seller in particolare fra i giovani indiani è disgustoso. Da quando Modi è salito al potere insieme al suo partito per la supremazia indù il BJP [13] [it], i suoi elettori hanno rilasciato numerose e spudorate dichiarazioni a favore di Hitler contro i musulmani. Volevo parlare di questo nel mio romanzo. Il potere dei libri e della letteratura è immenso. Ma anche i libri mentono. Il poeta francese Aragon [14] [it] una volta ha creato il neologismo mentir-vrai che significa che i libri mentono per dire la verità, ma in realtà è molto più complicato di così. Le persone diffondono idea di supremazia, sette, religione fingendo che sia tutto in nome di una ricerca personale. Dovrebbero essere vietati questi libri? Questa è la trappola della democrazia. Il capitalismo è una forma aperta di totalitarismo. La gente mi descrive come un'autrice engagé, coinvolta nel politico e nel sociale, ma nei miei libri cerco di esplorare le complessità della vita. Odio i discorsi binari e dogmatici. La letteratura non finge di cambiare il mondo, ma può gettare luce sulla condizione umana, piantare semi di speranza, sogni di un mondo migliore, fare compagnia al lettori solitario e dare loro un nuovo impulso.

FN: Il suo romanzo spazia dall'India alla Russia. Lei ha visitato molti posti, compresi gli Stati Uniti per condurre ricerche sul romanzo e sulla storia di Klyachko. Accetta l'etichetta di romanzo globale per il suo libro Le Testament Russe? Ritiene che tutta la letteratura del ventunesimo secolo possa definirsi globale?

SS: Bien sûr, je le prends comme un compliment. C’est même l’aspiration du Testament russe.Même si tous les romans du XXIème siècle ne le sont pas. Il y a des romans français qui s’inscrivent dans le contexte historico-social franco-français. Ce n’est ni une qualité de plus, ni un défaut évidemment.

SS: Certamente, lo prendo come un complimento. È proprio quello a cui aspira il mio romanzo. Ma non tutti i romanzi del ventunesimo secolo sono globali, alcuni romanzi francesi rimangono ancorati al tipico contesto storico e sociale francese, il che non significa che sia una qualità o una pecca, naturalmente.

FN: Lei è una scrittrice globale ed exofonica. Ha attraversato culture e lingue diverse, che cosa le ha portato questo processo? Come ha negoziato le sue identità multiple? Quali sono state le sfide e i vantaggi di scrivere in una lingua straniera?

SS: Je suis venue à la littérature non seulement pour franchir les frontières mais pour les voir effacées. Je n’ai jamais eu de solidarité ethnique ou communautaire. Je me considère comme une métisse culturelle, une nomade et heureuse de l’être. Ce n'est pas l’Inde ou la France qui sont ma patrie, mais la langue française.

Quant à écrire en français, on ne choisit pas la langue, c’est la langue qui nous choisit. Alors on n’a plus le choix. Ça se passe dans le corps. On est habité par la langue. Le français m’était d’abord une langue étrangère, ensuite une langue autre, puis la langue, ma langue. Toutes les autres langues natales de ma vie antérieure sont endormies, comme des rivières souterraines, elles ne sont pas manifestes, et le français est devenue ma langue vitale car je ne sais plus concevoir ma vie dans une autre langue que le français. Écrire en français est révolutionnaire pour moi qui ai écrit en bengali quand j’étais adolescente et jeune femme, et je n’ai jamais écrit en anglais. Contrairement au bengali qui est une langue limpide, le français est une langue rationnelle et analytique, ainsi écrire en français a façonné ma pensée. Les interrogations linguistiques et existentialistes sont devenues la matière de mes livres. Quand on est écrivain en situation d'exophonie, on vit toujours une intranquillité vis-à-vis de la langue autre. Cet état est excitant, propice à la création.

SS: Sono approdata alla letteratura non solo per attraversare i confini ma per vederli sparire. Non ho mai provato solidarietà etnica o comunista. Mi considero una persona con origini culturali miste, una nomade felice. La mia patria non è né l'India né la Francia, è il francese.

Per quanto riguarda il fatto che scrivo in francese, non siamo noi a decidere la lingua, è la lingua che sceglie noi. E a noi non resta altra scelta. Avviene nel nostro corpo. Il francese era una lingua straniera per me, poi è diventata un'altra lingua, poi la lingua e infine la mia lingua. Tutte le lingue materne della mia vita precedente si sono assopite, come fiumi sotterranei, non sono visibili, e il francese è diventato una lingua vitale perché sono in grado di concepire la mia vita solo in quella lingua. Scrivere in francese è rivoluzionario per me, per una persona che quando da ragazzina e giovane donna scriveva in bengalese. Non ho mai scritto in inglese. A differenza del bengalese, che è una lingua cristallina, il francese è razionale e analitico, dunque scrivere in francese ha modellato il mio pensiero. Domande linguistiche ed esistenzialiste hanno ispirato i miei libri. Quando sei uno scrittore exofonico, hai sempre un rapporto movimentato con l'altra lingua. Questo stato mentale è elettrizzante e favorisce la creatività.

FN:Il suo libro è anche un omaggio ai traduttori, come Nani Bhowmik [15] [en]. Lei ha anche lavorato come interprete per rifugiati. Quanto sono importanti per lei i traduttori letterari?

SS: Le travail des traducteurs littéraires est d’une valeur inestimable ! Ils jouent un rôle primordial pour construire les ponts et les passerelles entre les pays et les cultures. Nani Bhowmik est d’un talent rare. Il a écrit lui aussi des romans, primés par l’Académie indienne de la littérature. Son œuvre est marquée par son voyage entre deux langues, sa langue d’écriture est innovante, affranchie, fantasque et profonde. Pour ma part je me sens plus heureuse de mes anthologies de poésie française et bengalie contemporaines dont j’ai assuré la traduction. Les traducteurs qui ne sont pas eux-mêmes des écrivains, ils réécrivent les textes d’origine dans la langue d’arrivée. C’est à la fois une contribution linguistique, littéraire et socioculturelle. Les livres traduits qui franchissent les frontières sont les messagers d’espoir et de liberté..

SS: Il lavoro del traduttore letterario ha un valore enorme! Riveste un ruolo chiave nel costruire ponti fra paesi e culture. Nani Bhowmik era un uomo dal talento raro. Ha anche scritto romanzi che sono stati premiati dalla Accademia indiana della letteratura. La sua scrittura ha preso forma dal suo viaggio tra le due lingue, il russo e il bengalese, è innovativa, libera, estrosa e profonda. Quanto a me, sono estremamente felice delle antologie di poesia francese e bengalese contemporanea che ho tradotto. I traduttori che non sono loro stessi scrittori riscrivono testi prodotti nella lingua sorgente nella lingua di destinazione. Questo costituisce un contributo linguistico, letterario e socio-culturale. I libri tradotti che oltrepassano i confini sono messaggeri di speranza e libertà.