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La magia della carta e dell'inchiostro: una conversazione con l'artista iraniano-americana Hadieh Shafie

Categorie: Medio Oriente & Nord Africa, Nord America, Iran, U.S.A., Arte & Cultura, Citizen Media, Idee
7 colors Rolled Paper containing handwritten and printed Farsi text Eshgh "Love/Passion", water based ink and acrylics Diam. 36 x 4 1/2 in. (91.4 cm x 11.4) 2015

7 colors, Carta arrotolata contenente in testo stampato e scritto a mano la parola persiana Eshgh “Amore/Passione”, inchiostro ad acqua e  colori acrilici, diametro 36 x 4 1/2 pollici (91,4 cm x 11,4). Brooklyn Museum. Copyright: Hadieh Shafie.

Nata in Iran e cresciuta negli Stati Uniti, Hadieh Shafie è affascinata dall'idea di reinventare l'idea del libro. Si interessa anche al disegno di forme testuali, all'esplorazione del potere emotivo del colore e alla “ricerca di nuovi modi per ridurre la distanza tra il disegno e la scultura.”

Le opere di Shafie sono state raccolte, tra gli altri, dal Metropolitan Museum of Art [1] [en, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione] di New York e dal Brooklyn Museum of Art. Nell'ottobre del 2019 la sua opera “Transition 7″ è stata inclusa nell'asta di Christie [2] di arte moderna & contemporanea del Medio Oriente.

Le opere cartacee di Shafie sono espressive e richiedono molto lavoro. Invitano il pubblico in un mondo che è immaginario, ma al tempo stesso logico e ordinato – un mondo di strati in cui, con ogni visita, il pubblico prende familiarità con una parte della sua visione del mondo, della sua tecnica e complessità concettuale e con la magia della carta e dell'inchiostro. È un viaggio che sembra finire mai. Il suo modo di usare parole è frasi è diverso da quello della calligrafia persiana o araba; è più simile a un portale verso una nostalgia irrisolta, un luogo in cui l'artista cerca i suoi ricordi e la sua identità in un mondo di pace e armonia.

In un'intervista con Global Voices, Hadieh Shafie [3] ci ha parlato della sua tecnica, del suo processo creativo e dei suoi legami con l'Iran. Di seguito alcuni stralci dell'intervista:

9) Grid, Cut, Blue 1, (Detail Side View) Paper and ink on panel 40 X 30 X 3,25 Inches / 101.5 X 76.2 X 8.2 cm 2017 Private Collection, United Arab Emirates

Spike 10, carta arrotolata con la parola persiana Eshgh “Amore/Passione” stampata e scritta a mano, inchiostro ad acqua e colori acrilici, diametro di 12 pollici x 6 di profondità, Collezione privata, USA. Copyright: Hadieh Shafie.

Omid Memarian: Tra i Suoi lavori principali e più riconoscibili ci sono rotoli colorati e pile di carta. Qual è stato il ragionamento dietro la loro creazione?

Hadieh Shafie: Il mio mezzo espressivo è la carta. Mi piace mettere in discussione le idee che abbiamo sul disegno, la pittura e la scultura.

Anche mentre ero concentrata sulla pittura, ho fatto corsi di fabbricazione della carta e di incisione durante la triennale e mi sono piaciuti entrambi i processi. Mi piaceva il modo in cui la pittura e l'inchiostro venivano assorbiti dalla carta. Quando, nell'inverno del 1993, mi sono trasferita a Brooklyn per frequentare la magistrale in belle arti a Pratt, stavo affrontando seri problemi economici. All'epoca, dato che avevo già trovato gratificante lavorare su carta, decisi di lavorare esclusivamente con carta e disegno, pensando che sarebbe stato anche economico. In quello stesso periodo ero anche molto interessata ai manoscritti illuminati, quindi è stato naturale esplorare il mezzo.

Le opere fatte da rotoli di carta sono nate da una serie di lavori che ho fatto come performance nei primi anni 2000, ispirati dalla storia per bambini “Il pesciolino nero”.

In queste performance copiavo pagine della storia, evidenziavo e traducevo una frase e poi lasciavo la pagina in uno spazio pubblico perché qualcuno la trovasse.

Le lasciavo in libri in biblioteche pubbliche, in bar e negozi. Ho continuato l'esplorazione nel mio studio. Piegavo pagine del libro nelle crepe dei muri e dei pavimenti. Avevo un tavolo a cui mancava un bullone che collegava la gamba al piano. Per far entrare le pagine del libro in quello spazio ho dovuto arrotolare la carta. Quando l'ho fatto, è stato un momento “Eureka” ed è così che sono iniziati i lavori con la carta arrotolata. In seguito, una serie di opere basate su queste esplorazioni iniziali sono state esibite allo School 33 Art Center di Baltimore in un concorso di Allison Knowles, la celebre artista di Fluxus [4][it].

Hadieh Shafie in the studio. Photographer: Erin Collett.

Hadieh Shafie nel suo studio. Fotografo: Erin Collett.

OM: Lei usa parole persiane in molti dei suoi lavori, ma non nel modo che ci è familiare della calligrafia araba o persiana. È come se le parole portassero una narrazione attaccata alla carta. Qual è il suo legame con le parole e in particolare con la parola persiana per amore, “eshgh”?

HSH: Mi sono concentrata sulla parola “eshgh” perché sentivo che aveva perso il suo significato. Disegnarne la forma ripetutamente è una performance meditativa. Ho sviluppato molte serie simili nei miei esercizi di disegno. Ad oggi, c'è la “Grid Series”, che è fatta con inchiostro su carta.

C'è anche la serie “Draw, Cut and Peel”, che è composta da disegni di testi e colori fatti con inchiostro e pittura acrilica su cartoncino in cui la superficie viene incisa, tagliata e poi staccata per creare una superficie pluridimensionale. E più recentemente c'è la serie “Draw, Cut and Rotate”, che è composta di cerchi concentrici fatti a matita su cartoncino e che alla fine vengono ruotati per creare linee sismiche e rendere astratto ciò che è scritto nel testo.

Mi interessa astrarre e oscurare il linguaggio.

Nella serie dei rotoli di carta nascondo testo scritto a mano e stampato tra gli anelli concentrici fatti di strisce di carta. Non lo nascondo soltanto, ma a volte lo rivelo parzialmente, l'interno del rotolo di carta funziona spingendo fuori le forme circolari in forme appuntite che rivelano ciò che è all'interno.

Nei quattro anni tra il 1979 e il 1983, le mie fonti d'ispirazione e i miei rifugi principali erano creare arte e leggere libri. Durante quel periodo ho anche capito che alcuni dei libri a cui avevo accesso, come “Il pesciolino nero” o libri tradotti come “Via col vento”, erano libri da non mostrare in pubblico. È stato allora che i libri sono diventati oggetti preziosi. Una delle mie attività preferite era perdermi nella lettura di un libro mangiando lavashak o amarene su un lettino. Quindi fantasticare su personaggi e storie e tenere in mano libri sono cose radicate in me come momenti di fuga e felicità.

Quando comincio un lavoro non so sempre quale sarà il risultato finale. Ho un assortimento di strumenti con cui giocare, ad esempio la parola “eshgh” è uno di questi strumenti. Il suo significato è intenso in Farsi (rivelato) ma oscuro in inglese (nascosto). Tra gli altri strumenti ci sono una tavolozza di colori e una forma a punta.

Grid 30, 29 1/2×20 1/2 in. (74.93×52.07 cm) Purchased with funds provided by Art of the Middle East: CONTEMPORARY with additional funds provided by Catherine Benkaim and Barbara Timmer, 2013.

Grid 30, inchiostro su carta, 29 1/2 x 20 1/2 pollici (74.93 x 52.07 cm) LACMA. Copyright: Hadieh Shafie.

OM: Molti dei Suoi lavori sono estremamente faticosi. Il suo stile unico nell'usare la filigrana di carta, con migliaia di rotoli di carta colorata coperti di calligrafia scritta a mano, crea dei pezzi visivamente sbalorditivi. Da dove vengono l'energia, l'ispirazione e la creatività?

HSH: Il mio lavoro viene da dentro di me.Penso naturalmente in termini di colori e forme astratte. Il mio metodo di lavoro è fluido. Nello studio gioco coi materiali. Seguo gli esperimenti e quel che vedo succedere e li sviluppo in un linguaggio visivo.

Il processo di creazione richiede tempo ed energia, questo è vero, ma è difficile solo quando ho scadenze da rispettare. Ma ho sempre creato arte e ho sempre amato disegnare e dipingere, sin da quando riesco a ricordare. Questo è tutto ciò che ho sempre voluto fare. Per me è sempre stato naturale pensare in modo astratto. Trovo gioioso il processo creativo, per me è felicità. Buona parte del mio lavoro consiste nell'osservare quello che succede nel processo di creare un disegno o una scultura. Poi creo nuovi lavori a partire da queste osservazioni. Il mio lavoro è interconnesso ma anche in costante evoluzione. In un qualche momento alla fine degli anni '90 ho capito che si poteva provare gioia creando opere e quindi è ciò che faccio – faccio lavori che trasformano la tristezza in gioia.

Installation View at the Center for Book Arts New York, NY. Current Exhibition, 2020.

Veduta dell'installazione al Center for Book Arts di New York, NY. Mostra in corso, 2020. Copyright: Hadieh Shafie.

OM: Lei è cresciuta negli Stati Uniti ma ha ancora un legame forte e una comunicazione continua con le Sue radici in Iran. Come ha integrato questo nel suo lavoro?

HSH: Nel 1983 partimmo per una vacanza di due settimane. Per una serie di opportunità inaspettate e senza averlo minimamente pianificato, tutta la mia famiglia si è ritrovata sana e salva all'estero.

È stata una gioia sapere di aver lasciato l'Iran. Ma nel giro di un paio d'anni, ho riconosciuto il dolore di aver lasciato la mia terra natia senza dire addio. Avevamo lasciato l'Iran con due valigie. Tutto il resto era rimasto a casa, come si fa quando si parte per due settimane di vacanza.

Penso spesso alla mia relazione con l'Iran come a una relazione con un partner violento.

Nel 1979 avevo 10 anni e i quattro anni vissuti in Iran tra il 1979 e il 1983 hanno ucciso la mia infanzia. Quei quattro anni mi hanno dato così tanta gioia mischiata a tristezza e disperazione che ci vorrà una vita intera per guarire da tutto il trauma di quegli anni. Oggi sono sicura che molta dell'analisi di quelle esperienze sta avvenendo tramite la mia arte.