- Global Voices in Italiano - https://it.globalvoices.org -

La legge contro l'ideologia del genocidio in Ruanda come regola i discorsi online?

Categorie: Africa sub-sahariana, Ruanda, Citizen Media, Diritti umani, Legge, Libertà d'espressione, Politica, Advox

Persone di ritorno da un mercato in Musanze nella Provincia Settentrionale del Ruanda, settembre 2017. Foto di Cyril Ndegeya, usata con l'autorizzazione.

Quest'articolo fa parte di UPROAR [1] [en, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione], un'iniziativa di Small Media che invita i governi ad affrontare le sfide dei diritti digitali alla Revisione Periodica Universale (UPR) [2]. L'autore è Louis Gitinwya, un avvocato ruandese e membro del Media Defence East African Lawyers Network, una ONG con sede nel Regno Unito che forma avvocati per la promozione dei diritti digitali e la libertà di stampa attraverso il contenzioso strategico.

La legge contro l'ideologia del genocidio e il divisionismo ha avuto un effetto dissuasivo sulla libertà di espressione nel Ruanda.

Il ricordo traumatico del genocidio del 1994 [3] [it] aleggia ancora su molti ruandesi, anche quelli troppo giovani per ricordarlo. Fino a 1 milione di ruandesi vennero uccisi [4] dagli estremisti Hutu. La maggior parte delle vittime era di etnia Tutsi, ma vennero assassinati anche alcuni Hutu che si rifiutarono di uccidere.

In seguito al genocidio, vennero create leggi per proibire l'incitamento all'odio, al genocidio e al divisionismo nell'ambito delle misure adottate per riconciliare i ruandesi ed evitare un'altra tragedia simile.

In molti Paesi — tra cui il Ruanda — si discute da decenni su come riconciliare i valori contrastanti della libertà di parola e della non discriminazione. Ma la rapida ascesa di internet ha sollevato nuove domande sulla regolamentazione dell'incitamento all'odio e sui limiti della libertà di espressione online. 

Nel Ruanda, la legge contro il genocidio viene spesso utilizzata per mettere a tacere le voci di dissenso.

Leggi contro la cosiddetta “ideologia del genocidio” e il “divisionismo”

Nell'ottobre 2008 il governo ruandese, guidato dal Fronte Patriottico Ruandese, promulgò una legge contro l'ideologia del genocidio e il divisionismo e altre leggi volte a promuovere l'unità e la riconciliazione tra la popolazione ruandese.

Le leggi limitavano qualsiasi discorso ritenuto di incitazione all'odio o che promuovesse divisioni etniche o razziali e proibivano la formazione di partiti politici basati su criteri etnici. Queste leggi sono sancite dalla costituzione adottata nel 2003 e rivista nel 2015.

Il Paese si impegnò nella lotta contro l'ideologia del genocidio nella Costituzione del 2003 [5], ma il concetto non venne né definito né proscritto dalla legge ruandese fino all'ottobre 2008 [6].

L'articolo 38 della costituzione del 2003 sancisce il diritto alla libertà di espressione, inclusa la libertà di stampa e d'informazione.

Tuttavia, lo stesso articolo impone limiti importanti a tali libertà. Esso stabilisce infatti che “la libertà di parola e la libertà di informazione non devono pregiudicare l'ordine pubblico e i buoni costumi e la propagazione di discriminazioni etniche, regionali o razziali o qualsiasi altra forma di divisione è punibile per legge”.

Proibire l'incitamento all'odio è un fine legittimo, soprattutto nel contesto ruandese in cui i media sono stati fortemente politicizzati [7] durante il periodo precedente alla guerra civile e al genocidio.

Due mezzi di comunicazione hanno avuto un ulteriore ruolo nell'incitazione alla partecipazione al genocidio: la famigerata radio agitatrice “Radio Television Libre des Mille Collines” (RTLM) e il giornale Hutu estremista Kangura.

In pratica, la legge contro l'ideologia del genocidio minaccia [8] la libertà di espressione sia online che offline, in quanto prescrive pesanti pene detentive fino a sette anni di carcere e multe per qualsiasi trasgressore che diffonda contenuti ritenuti appartenenti all'ideologia del genocidio all'interno di spazi pubblici — compresi i social media — attraverso documenti, discorsi, immagini, media e altri mezzi.

La repressione del dissenso

La legislazione sull'incitazione all'odio del Ruanda è caratterizzata da disposizioni generali e definite in maniera vaga che consentono alle autorità di mettere a tacere le voci critiche e dissenzienti quando la applicano ai giornalisti [9], ai blogger, agli attivisti e ai politici dell'opposizione [10]

Durante una testimonianza del 2015 davanti alla Corte di giustizia africana, Laurent Munyandilikirwa [11], un attivista ruandese per i diritti umani, ha evidenziato le ambiguità della legge dicendo: 

Genocide ideology law is a form of intimidation, if you dare to criticize what is not going well in this country, you are tagged as a genocide denier, so citizens and members of the civil society prefer to shut up.

La legge contro l'ideologia del genocidio è una forma di intimidazione, se si osa criticare ciò che non va bene in questo Paese, si viene etichettati come negazionisti del genocidio, perciò i cittadini e i membri della società civile preferiscono tacere.

Attraverso questa legge, il governo limita notevolmente la diversità del panorama dell'informazione, sia online che offline. 

Le autorità spesso ordinano ai redattori dei siti di informazione online di rimuovere o cancellare contenuti [12] che criticano i funzionari governativi. Questa tendenza a ridurre gli spazi della libertà di espressione è iniziata durante la campagna per la corsa alle elezioni presidenziali del 2010, dove il legittimo dissenso politico è stato scambiato per ideologia del genocidio [13] e ritenuto distruttivo per l'unità nazionale. 

Questa legislazione ha creato un ambiente di autocensura [14] per i giornalisti online, i blogger e gli utenti comuni. Per timore di rappresaglie e procedimenti giudiziari, i cittadini si astengono dall'esercitare il loro diritto costituzionale alla libertà di espressione. 

Prendiamo il caso di Joseph Nkusi [15], un cittadino ruandese che ha vissuto in Norvegia dal 2009 al 2016. Durante quel periodo, ha scritto post sul suo blog [16][rw] noti per le loro aspre critiche contro l'amministrazione del presidente Kagame. Quando Nkusi è stato deportato nel Ruanda dopo che i servizi norvegesi per l'immigrazione hanno respinto la sua domanda di asilo, è stato immediatamente arrestato e processato per accuse infondate di cospirazione, ideologia del genocidio e istigazione contro lo stato, accuse motivate dalle sue opinioni politiche evidenziate nel suo blog. Il 29 marzo 2018 è stato dichiarato colpevole e condannato dall'Alta corte del Ruanda a scontare 10 anni di carcere. 

Ci sono inoltre numerosi scenari in cui una formulazione vaga della legge viene deliberatamente sfruttata per soffocare il dissenso o le critiche dell'opinione pubblica. 

Prendiamo come esempio il caso di Victoire Ingabire Umuhoza [17], una politica dell'opposizione che viene spesso presa di mira e denunciata dai media vicini al regime come sostenitrice della cosiddetta “ideologia del genocidio”. Ingabire è stata arrestata nel 2010 per un discorso in cui discuteva i “problemi di riconciliazione e il mancato riconoscimento degli Hutu uccisi”, secondo Amnesty International. Nell'ottobre 2012 è stata condannata a otto anni di carcere dopo essere stata accusata di aver “estremamente minimizzato il genocidio” e di “cospirazione ai danni delle autorità esistenti e dei principi costituzionali facendo ricorso al terrorismo, alla violenza armata o a qualsiasi altro tipo di violenza”.

Negli ultimi anni, l'autocensura tra i giornalisti ha seriamente limitato la loro capacità di informare il pubblico. Un rapporto del 2015 [7] sullo stato della libertà di stampa nel Paese ha sottolineato: 

Journalists fear publishing information about authorities and institutions, for diverse reasons, some are afraid of harassment or some of them want to avoid of being accused like some of their former colleagues because of the history of this country.

I giornalisti hanno paura di pubblicare informazioni sulle autorità e le istituzioni per varie ragioni: alcuni temono le intimidazioni, altri vogliono evitare di essere accusati come alcuni dei loro ex colleghi a causa della storia di questo Paese.

In generale, i cittadini temono di essere presi di mira per via delle loro opinioni personali. 

È fondamentale che il governo ruandese modifichi e riveda la legge contro il genocidio per scoraggiare le istigazioni all'odio in modo più efficace e prevenire gli abusi contro il legittimo dissenso politico. 

I cittadini devono poter esercitare il loro diritto alla libertà di espressione, in conformità con la costituzione e gli obblighi internazionali in materia di diritti umani quali il Patto internazionale sui diritti civili e politici (PIDCP) [19] e la Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli (ACHPR nell'acronimo inglese) [20], di cui il Ruanda è membro a pieno titolo.