- Global Voices in Italiano - https://it.globalvoices.org -

Moderazione globale, impatto locale: una serie di articoli sulle restrizioni dei contenuti online nel Sud del mondo

Categorie: Israele, Myanmar (Burma), Pakistan, Palestina, Russia, Sudafrica, Tailandia, Turchia, U.S.A., Uganda, Censorship, Citizen Media, Diritti umani, Legge, Libertà d'espressione, Media & Giornalismi, Tecnologia, The Bridge, Advox
[1]

Immagine di dominio pubblico.

Questo articolo è stato scritto da Michael Karanicolas, residente presso la Yale Law School dove porta avanti la Wikimedia Initiative riguardante l'intermediazione e le informazioni come parte del progetto Information Society. Si tratta del primo di una serie di scritti pubblicati dall'iniziativa per raccogliere opinioni riguardo l'impatto a livello globale delle decisioni prese per moderare il contenuto sulle piattaforme. È possibile consultare il profilo Twitter dell'autore col nome di @M_Karanicolas, ed è possibile leggere tutti gli articoli del blog disponibili qui [2] [en, tutti i link successivi, salvo diversa indicazione].

Ogni minuto, più di 500 ore di video sono caricati su YouTube [3], 350.000 tweet sono pubblicati [4], e 510.000 commenti vengono lasciati su Facebook [5]. Gestire e curare questa macchina di contenuti rappresenta un grosso impegno, che dona alle piattaforme un grosso potere nell'ambito delle conversazioni online. Questo implica non soltanto decidere quando un particolare post meriterebbe di essere eliminato, ma anche prendere provvedimenti più mirati per determinarne la sua viralità. A partire dal decidere fino a che punto si deve permettere la diffusione delle fake news sulla COVID-19 [6], fino al grado di flessibilità che viene concesso al Presidente degli Stati Uniti per infrangere le regole [7], moderare i contenuti solleva sfide difficili che sono al centro dei dibattiti sulla libertà di espressione. 

Ma nonostante sia stato versato tanto inchiostro sulle conseguenze che i social media hanno nella democrazia americana, queste decisioni possono avere un impatto ancora più grande in tutto il mondo. Questo è particolarmente vero nei Paesi in cui l'accesso ai tradizionali media è limitato, conferendo alle piattaforme un monopolio virtuale nel modellare il discorso pubblico. [8] Una piattaforma che non riesce a prendere provvedimenti contro l'incitamento all'odio potrebbe rivelarsi utile a far scatenare un pogrom locale [9], o perfino un genocidio [10]. Una piattaforma che interviene troppo eccessivamente per rimuovere una presunta “propaganda terroristica” potrebbe rivelarsi coinvolta nella distruzione di prove di crimini di guerra [11].

Il potere detenuto dalle piattaforme nell'ambito del discorso pubblico è in parte il risultato di una scelta consapevole presa dai vari governi del mondo sull'attivazione delle funzioni di moderazione online dirette a questi settori privati. In tutto il mondo, nell'ambito delle piattaforme i governi avanzano richieste sempre più aggressive per controllare i contenuti che loro ritengono discutibili. Il materiale in questione può spaziare dalle foto audaci del Re della Thailandia [12], ai contenuti ritenuti offensivi nei confronti del presidente fondatore della Turchia [13]. In alcune circostanze, queste richieste si poggiano sulle norme legali del paese protagonista, mettendo le piattaforme nella difficile posizione di dover decidere come far rispettare una legge del Pakistan, ad esempio, la quale sarebbe chiaramente anticostituzionale negli Stati Uniti.

Comunque, nella maggior parte dei casi, si decide di moderare i contenuti senza basarsi su nessuna norma legale [14], bensì sulle linee guide della comunità che vengono stabilite dalle piattaforme stesse, che sono notoriamente vaghe e difficilmente comprensibili. Tutto questo porta a una grave mancanza di responsabilità nei meccanismi che governano la libertà di espressione sul web. E mentre la scarsa trasparenza, l'incoerenza e l'ipocrisia dei meccanismi di moderazione sui contenuti web potrebbero essere motivo di frustrazione per gli americani, per gli utenti dei Paesi in via di sviluppo la situazione è di gran lunga peggiore.

Quasi tutte le più grandi piattaforme hanno sede negli Stati Uniti. Questo significa non solo che gli utenti americani sono più ricettivi e comprensivi nei confronti delle decisioni rispetto agli utenti frustrati della Birmania e dell'Uganda, ma anche che le linee guida in vigore in tutto il mondo sono ancora fortemente influenzate dai codici culturali dell'America, in particolare dal Primo Emendamento della Costituzioni degli Stati Uniti d'Americ [15][it]. 

Nonostante il fatto che le più grandi piattaforme abbiano fatto sforzi per diffondere le loro operazioni su scala globale, c'è ancora un grosso squilibrio nella capacità dei giornalisti, degli attivisti per i diritti umanitari e di altre fragili comunità di comunicare con lo staff degli Stati Uniti che decide quello che può o non può dire. Quando le piattaforme si ramificano a livello globale, tendono a reclutare personale che è collegato a strutture di spicco, piuttosto che a quelle dipendenti dalle piattaforme come fossero un'ancora di salvezza dalle restrizioni sui contenuti. Per esempio, le misure restrittive contro i “contenuti a sfondo terroristico” comportano inevitabilmente degli effetti collaterali ai danni del giornalismo o del discorso politico, in particolare nel mondo arabo. Nello stabilire questo calcolo, i governi e gli ex funzionari dei governi hanno più probabilità di essere ascoltati rispetto ai giornalisti o gli attivisti dei diritti umanitari. Allo stesso modo, il governo israeliano ha più facilità nel comunicare i propri bisogni e desideri a Facebook rispetto, per esempio, ai giornalisti palestinesi e alle ONG [16]

Nulla di tutto questo è mirato a minimizzare gli ambiti e la portata delle sfide che le piattaforme affrontano. Non è facile portare avanti e far rispettare le linee guida sui contenuti che abbracciano le varie necessità degli utenti di tutto il mondo. Generalmente, le piattaforme mirano a garantire che tutti vivano un'esperienza pressoché identica, che comprende aspettative comuni nell'ambito dei limiti consentiti sui contenuti. Esiste un'evidente tensione tra questo obbiettivo e le norme contrastanti nell'ambito giuridico, culturale e morale che sono in vigore nei vari Paesi. Ma l'importanza e il peso di queste decisioni richiedono che le piattaforme bilancino questo rapporto, e sviluppino e facciano rispettare le linee guida che riflettono adeguatamente i loro ruolo al centro dei dibattiti politici dalla Russia al Sudafrica. Anche se le piattaforme sono cresciute e si sono diffuse in tutto il mondo, questi dibattiti continuano a ruotare attorno a D.C. e San Francisco.  

Questo è il primo di una serie di articoli scritti per colmare il divario fra i dibattiti in corso riguardanti le linee guida da stabilire nel campo delle restrizioni sui contenuti, e coloro che ne sono più colpiti, in particolare gli abitanti della fascia meridionale del mondo. Gli autori sono intellettuali, attivisti della società civile e giornalisti il cui lavoro si colloca a cavallo fra le decisioni sui contenuti. Nel chiedere il loro contributo, abbiamo offerto loro un aiuto relativamente volontario per dare priorità alle questioni che loro ritenevano fossero le più urgenti e importanti nell'ambito delle restrizioni sui contenuti, e abbiamo chiesto loro di indicarci le zone in cui è necessario un miglioramento, in particolare nei confronti del processo di moderazione, dell'impegno a livello comunitario, e della trasparenza. Le questioni che loro evidenziano includono un senso comune di frustrazione per la natura non trasparente dei processi decisionali delle piattaforme, il desiderio che le piattaforme lavorino per una migliore comprensione delle dinamiche socio-culturali locali che fanno da sfondo ai discorsi online, e la sensazione che l'approccio alla moderazione delle piattaforme spesso non riflette l'importanza del loro ruolo nel facilitare l'esercizio dei diritti umani fondamentali. Sebbene le diverse voci offrano ognuna un'unica prospettiva, loro tracciano un quadro comune di come il processo decisionale delle piattaforme finisca per influenzare le loro vite, e il bisogno di miglioramento, in linea con il potere che le piattaforme esercitano nel definire i contorni dei contenuti a livello globale.

Infine, la nostra speranza in questa serie di articoli è quella di far luce sull'impatto che le decisioni relative alla piattaforme hanno in tutto il mondo, e offrire una guida su come le piattaforme social potrebbero migliorare nell'ambito dello sviluppo e del rispetto delle misure restrittive che riflettono i bisogni e i valori degli utenti sparsi nel mondo.