“Abbiamo uno strano destino”: conversazione col poeta livone Valts Ernštreits: Parte I

Valts Ernštreits :poeta livoniano e attivista della lingua. Foto utilizzata con autorizzazione.

Oggi ne rimangono solo 250 in Lettonia, molti sono sparsi lontano dalla costa la quale porta il loro nome.

La loro è una lingua finnica legata al finlandese e all’estone. Centinaia di anni fa era molto parlata in tutta la Lettonia, ma dal momento in cui i parlanti di questa lingua si sono mescolati con la popolazione circostante, la lingua livone ha iniziato a declinare in modo lento e costante. Dal XX secolo si è ridotta ad un centinaio di parlanti, concentrati principalmente in dei remoti villaggi di pesca in Kurzeme, una provincia nella Lettonia occidentale.

Quando la Lettonia passò sotto il dominio di Mosca, queste aree costiere formarono il confine occidentale dell’Unione Sovietica e furono principalmente ritirate dai militari. L’accesso era limitato, e ai lettoni era impedito pescare. Molti abbandonarono la loro patria tradizionale.

Si pensa che l’ultimo parlante nativo della lingua lettone sia stato Grizelda Kristina, morta in Canada nel 2013, dove si era stabilita dopo essere fuggita dalla Lettonia nel 1944. Ma sin dalla costituzione dell’indipendenza della Lettonia nel 1991, la lingua ha visto una lenta rinascita dal momento in cui un certo numero di persone con origini lettoni o con interesse per la cultura ha iniziato ad imparare e promuovere la lingua.

Uno di questi è il poeta e traduttore Lettone Valts Ernštreits [en, come i link seguenti], il quale è l’attuale direttore dell’Istituto Livone, fondato nel 2018, presso l’Università della Lettonia nella capitale Rīga. Ho parlato con Ernštreits del passato e del presente della lingua livone e di che intenzioni ha per assicurarsi che la lingua abbia un futuro. L’intervista è stata modificata per questioni di stile e brevità.

Will Mawhood: Quanto pensa sia importante avere un Istituto Livone?

Valts Ernštreits: I think we’ve done pretty well. We started in autumn 2018 with zero employees and zero money. Now we’re already running three projects – we are expecting to get one or two more this year – and there are already nine people on the staff.

The Livonian Institute is quite important: first of all for Latvia, because Livonians are a part of Latvia; that’s one area that is pretty under-researched […] This is the first serious attempt for Latvia to enter the Finno-Ugric world in terms of science, and it is also exploiting the fact that there are only a few countries in Europe who have indigenous people, and Latvia is one of them. Although it’s not usual in Latvia to think in these terms: that Latvia does have indigenous people. Somehow on very many occasions it seems for people kind of surprising, but it’s true.

Because the Livonians have quite a strange destiny: there are very very few Livonians, but they still exist. This is something that the world can benefit from – from the Livonian experience, and this is we as an institute can also offer, because by researching Livonians, by researching various aspects of it, we can kind of find a formula for resistance against the world, or a formula for survival. 

What I mean by resistance against the world is how to survive in very harsh conditions – because if we compare this to very many indigenous people, and not only indigenous people […] In the 19th century there were two and a half thousand Livonians, which is an extremely small number – that’s a village in Great Britain, I guess. Despite that, 200 years later Livonians still exist, and that’s even without speaking about two world wars, which destroyed the Livonian coast entirely, and the border area that erased the existence of the Livonian-speaking area in general. During all that, the Livonians have managed somehow to survive. So maybe that’s something we can offer to others: how to survive 200 years longer – if two and a half thousand people can do it, everyone can.

Valts Ernštreits: credo che abbiamo fatto del nostro meglio. Abbiamo iniziato in autunno 2018 con zero impiegati e con alcun soldo. Oggi invece stiamo già gestendo tre progetti – ci aspettiamo di ottenerne uno o due in più quest’anno – e ci sono già nove persone nello staff. L'Istituto Livone è abbastanza importante: prima di tutto per la Lettonia, in quanto i livoni sono parte della Lettonia; un’area molto poco studiata […] Questo è il primo vero e proprio tentativo per la Lettonia per entrare nel mondo ugro-finnico in termini di scienza, e si sta anche sfruttando il fatto che ci sono veramente pochi paesi in Europa con popolazioni indigene, e la Lettonia è uno di questi. Anche se non è solito pensare in questi termini in Lettonia: che la Lettonia abbia della gente indigena. In qualche modo in molte occasioni sembra essere incredibile, ma è la verità. Ai livoni spetta un destino piuttosto strano: ci sono davvero pochi livoni, eppure esistono ancora. Questo è qualcosa da cui il mondo può trarre beneficio – dall’esperienza livone, ed è ciò che noi possiamo offrire anche come istituto, perché attraverso la ricerca sui livoni, e sui loro diversi aspetti, possiamo trovare una sorta di formula per la resistenza contro il mondo, o una formula per la sopravvivenza. Ciò che intendo per resistenza contro il mondo è come sopravvivere di fronte a condizioni difficili – perché se paragoniamo questo a moltissime persone indigene, e non solo gente indigena […] Nel XIX secolo c’erano duemilacinquecento livoni, un numero estremamente piccolo – corrisponde ad un paese della Gran Bretagna, suppongo. Nonostante questo, 200 anni dopo i livoni esistono ancora, senza prendere in considerazione le due guerre mondiali, le quali distrussero completamente le coste livoni e l’area di confine, cancellando l’esistenza dell’area di lingua livone. Durante quel periodo, i livoni riuscirono a sopravvivere in qualche modo. Quindi forse questo è qualcosa che possiamo offrire agli altri: come sopravvivere 200 anni più a lungo – se duemilacinquecento persone ce l’hanno fatta, allora tutti possono farcela.

WM: Quindi la lingua livone potrà essere d’esempio per altre lingue in Europa?

VE: Yes, because if you can use this for Livonians, you can use it for very many cases. Because the Livonians are an extreme case for an endangered nation, because it’s really very small and it has very many problems that others don’t have, like for example lacking [a distinct] area – for many endangered languages, this is not a problem, because it’s a village language or the language of a certain region.

One project we've launched its to collect Livonian place names. So to be precise, because some people tend to get confused about it: not place names of Livonian origin, but place names in the Livonian language. 

VE: Si, perché se puoi usare questo per i livoni, puoi usarlo in molti altri casi. Perché i livoni sono un caso estremo per una nazione in pericolo, in quanto molto piccola e presenta molteplici problemi che altri non hanno, come ad esempio la mancanza di un’area [ben definita] – per molte lingue a rischio, questo non rappresenta un problema, perché si tratta di una lingua di città o di una lingua di una determinata regione. Un progetto da noi lanciato è quello di raccogliere nomi di luoghi livoni. Ad essere precisi, facciamo questo perché alcune persone tendono ad essere confuse a tal proposito: non nomi di luoghi di origine livone, ma bensì luoghi in lingua livone.

WM: Quindi, giusto per chiarire, questo non sarebbe solo nel caso della Costa Livone – ma potrebbe essere anche qui [in Rīga],  per esempio? Sta andando molto indietro.

VE: Yes, if we can get them. The thing is that we are not particularly interested in how it sounds in Latvian; we are interested in what these places were called in Livonian. And we use various methods for doing that like using digital corpora, extracting them from, for example, folklore material like folk tales, then also metadata of various collections. There is a collection, for example, where someone has collected different various household items, but it’s written from which household they were collected and it’s written in Livonian. Then we take them. Another part of that is that we are not only collecting them, but also linking them to geospatial information, basically to get them attached to coordinates. As a result of that, there are two things that come up. Through the coordinates, we are linking these Livonian place names to other official Latvian databases. That enables, for example, us to pull up Livonian signs. So we offer official Livonian versions of Latvian place names. So if they want to, for example, put up a sign in Kolka [a village on the Livonian coast] with its Livonian name Kūolka, they aready have a source in accordance with Livonian language rules, standardised.

VE: Si, se riusciamo. Il fatto è che non siamo molto interessati sul come suona in lettone; siamo piuttosto interessati a sapere come questi posti erano chiamati in livone. E utilizziamo diversi metodi per capirlo utilizzando ad esempio dei corpora digitali, estraendoli da materiale folklore come racconti popolari, ma anche metadata di diverse raccolte. C’è una raccolta, per esempio, dove qualcuno ha raccolto diversi oggetti per la casa, ma viene descritto a quale famiglia appartenevano, tutto scritto in lingua livone. Così gli abbiamo presi. Un’altra parte di questo progetto non è solo raccogliere questi oggetti, ma associarli alle informazioni geo spaziali, principalmente per associarli a delle coordinate. Come risultato, vengono fuori due cose. Attraverso le coordinate, stiamo associando questi nomi di luoghi livoni ad altri database lettoni ufficiali. Questo ci permette, per esempio, a mettere una segnaletica in lingua livone. In tal modo offriamo versioni livoni di nomi di luoghi in lettone. Quindi nel caso si vuole mettere un cartello in Kolk [un paese sulle coste livoni] con il suo corrispettivo in lingua livone Kūolka, si hanno già le risorse per farlo grazie alle regole della lingua livone standardizzata.

WM: Prima ha detto che la lingua livone è forse insolita in un contesto europeo in quanto non ha un territorio dove la lingua è ben concentrata. Crede che internet sia insolitamente importante per lingue in tali circostanze?

VE: It’s a global tendency, it doesn’t only affect Livonian – because people move much more, but what is different is that people can stay virtually connected to their society, by reading [internet] portals, looking at videos in the language that they speak, etc. And for smaller languages and smaller communities, this is extremely important because this is kind of an artificial leg in a sense, because it does supplement something that you have lost. And for Livonians it really was, because the territory was lost in the ‘50s, and after that it was really difficult to get together, simply to have a conversation. Because you need two people, and that means two people have to meet. So now these technologies allow them to do that. But of course there are certain dangers, and they has been a subject of discussion.

For example, Sámi [language activists] are working on automated translation options, but they don’t create tools for translation into Sámi, but only from Sámi. For me, that's also something to think about. It would be very nice if you had tools to translate from one language to another, but then again by not getting good-quality translations into, for example, Livonian or into Sámi, you can suddenly over-populate the language with lots of data of poor quality, and you can actually influence this living organism with a kind of disease. And it ends up that by trying to save the language, you are killing it but by other means. Because people think that it’s OK, and then they start to use it because the majority use it.

VE: É una tendenza globale, non influisce solo la lingua livone – perché la gente si muove molto di più, ma ciò che è diverso è il fatto che le persone possono rimanere virtualmente connesse alla loro società, attraverso letture su internet, guardando video nella loro lingua nativa ecc. E per le lingue minoritarie e comunità più piccole questo è estremamente importante perché questa è una specie di gamba artificiale in un certo senso, perché integra qualcosa che si è perso. E per i livoni è stato per davvero così, perché il loro territorio è andato perduto negli anni ’50, e da lì è stato molto difficile ritrovarsi anche per avere una semplice conversazione. Si ha bisogno di due persone, due persone che devono incontrarsi. Quindi oggi queste tecnologie dà loro la possibilità di farlo. Certamente non mancano i pericoli, i quali sono stati oggetto di discussione. Per esempio, i Sámi [degli attivisti della lingua] stanno lavorando su delle opzioni traduttive automatizzate, ma non creano degli strumenti per tradurre in sámi, bensì dal sámi. Per me questa è un’altra cosa a cui pensare. Sarebbe fantastico avere degli strumenti per tradurre da una lingua ad un’altra, ma ancora una volta, non ottenendo traduzioni di buona qualità in, per esempio, livone o in sámi, si può improvvisamente sovrappopolare la lingua con un sacco di dati di scarsa qualità, e si potrebbe quindi influenzare questo organismo vivente con una sorta di malattia. E si arriva che con il tentativo di salvare una lingua, si finisce con l’ucciderla in altri modi. Perché la gente pensa che vada bene, e poi inizia ad usarlo perché la maggior parte lo usa.

Questa intervista è stata divisa in due articoli. Leggi la continuazione qui [it].

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