Ancora non c'è giustizia per i nove giovani uccisi dalla polizia nelle favelas di San Paolo

Il 4 dicembre, tre giorni dopo l'accaduto, i residenti delle favelas sono andati alla sede centrale del governo di San Paolo per chiedere giustizia | Foto: Rovena Rosa/Agência Brasil, usata con il permesso.

Questo articolo è stato scritto da Agência Mural [pt, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione]. È stato pubblicato qui in seguito a un accordo tra Global Voices e Agência Mural per la condivisione dei contenuti.

Il primo dicembre nove persone di età compresa tra i 14 e i 23 anni anni sono morte a Paraisópolis [it], favela di San Paolo che ospita più di 100.000 abitanti, durante un'operazione di polizia in una festa di musica funk tenuta in strada. Da allora, i residenti delle favelas manifestano per chiedere che vengano date risposte e che la polizia si assuma la responsabilità delle proprie azioni al popolare “Baile da 17“, festa che attira milioni di persone ogni fine settimana.

Le autorità sostengono che la polizia stava inseguendo due uomini in moto. Secondo quanto riportato, gli uomini sono scappati verso la zona della festa nel mezzo di una sparatoria con la polizia, scatenando così il caos. Nella fretta delle persone sono state calpestate. Si stima che alla festa ci fossero 5000 persone quando è iniziato il trambusto.

Ma questa versione dei fatti è stata contraddetta da video apparsi online la notte dell'incidente. Il video qui sotto, pubblicato dall'inviato speciale André Caramante, mostra gli agenti di polizia che bloccano e pestano delle persone in un vicolo:

Le vittime di quella notte sono Gustavo Cruz Xavier, 14 anni; Dennys Guilherme dos Santos Franco, 16 anni; Marcos Paulo Oliveira dos Santos, 16 anni; Denys Henrique Quirino da Silva, 16 anni; Luara Victoria Oliveira, 18 anni; Gabriel Rogério de Moraes, 20 anni; Eduardo da Silva, 21 anni; Bruno Gabriel dos Santos, 22 anni; e Mateus dos Santos Costa, 23 anni.

Non sono ancora chiare le circostanze specifiche della loro morte. Trentuno agenti sono sotto indagine. Alcuni residenti ipotizzano che il raid sia stato un atto di ritorsione per l'uccisione di un agente avvenuta in quella zona a novembre 2019.

Il 2 dicembre centinaia di residenti hanno protestato portando manifesti e croci. I motociclisti hanno suonato il clacson, e ci sono stati anche un minuto di silenzio e una preghiera. Inoltre, i residenti hanno intonato “Rap da Felicidade”, una classica canzone funk che recita: “Voglio solo essere felice e camminare serenamente nella favela in cui sono nato, e [voglio] poter essere orgoglioso e sapere che i poveri hanno un loro posto”.

La settimana successiva, secondo quanto detto dai residenti, la vita nel quartiere è stata più silenziosa del solito. La maggior parte della gente, ancora spaventata, ha evitato di rilasciare interviste.

I familiari delle vittime, invece, hanno manifestato per tutta la settimana. In uno degli incontri, nel quale è stato anche criticato il governatore di San Paolo João Doria (del PSDB, partito di centro-destra), si sono sentiti cori che gridavano: “Il ghetto vuole la pace”, “Fermate l'oppressione” e “Giustizia”.

Il governatore, che ha negato la responsabilità della polizia subito dopo la notizia delle morti, ha modificato i toni dopo la comparsa di un video in cui si vede un poliziotto ridere mentre aggredisce i giovani nelle strade della favela. Ha ricevuto i familiari delle vittime e annunciato la creazione di una commissione esterna per le indagini:

Quando ho scoperto l'esistenza di un nuovo video in cui un poliziotto aggredisce dei giovani in una strada di Paraisópolis, ho chiesto una punizione esemplare per l'aggressore, che è già stato rimosso dalle sue funzioni. Azioni del genere non sono conformi alle procedure della Polizia di San Paolo e saranno fortemente condannate.

Una pagina Facebook dedicata a Paraisópolis ha pubblicato un post in solidarietà ai familiari. “Non lo accetteremo in silenzio, chiediamo giustizia e punizioni per i responsabili. Paraisópolis e la comunità hanno bisogno di un'azione sociale per affrontare le difficoltà, non dobbiamo solo reagire ma anche prevenire. STOP alla violenza, vogliamo la pace”.

Il gruppo ha anche postato una lista di nove richieste, tra cui un'indagine trasparente sul caso, sostegno per le attività ricreative del quartiere e impegno contro la criminalizzazione della musica funk.

Pregiudizio

Due sono i punti su cui i fatti di Paraisópolis hanno sollevato discussioni in Brasile: la mancanza di spazi ricreativi per i giovani in aree povere della città e i pregiudizi contro la musica funk.

Diversi giovani della zona, intervistati durante la settimana da Agência Mural, hanno parlato della mancanza di spazi ricreativi, oltre alle spese necessarie per muoversi all'interno della città. Ci si domanda anche se incidenti come quello di Paraisópolis sarebbero avvenuti in aree benestanti della città dove pure si suona musica funk. 

La festa dove è avvenuto il raid è una delle più celebri di San Paolo. Le nove vittime non erano di Paraisópolis, ma venivano da altri sobborghi: Capão Redondo e Interlagos, a sud; Pirituba e Jaraguá, a nord; Vila Matilde, a est; e le cittadine di Mogi das Cruzes e Carapicuíba.

Un post di Facebook scritto ad aprile da Dennys Guilherme, uno dei giovani uccisi, è diventato virale. La didascalia su una delle sue foto diceva: “Sarò una delle persone delle favelas che conquisteranno il mondo. Sarò motivo di grande orgoglio per mia madre”. Nel corso delle proteste, sua sorella Fernanda ha chiesto giustizia.

Uno dei problemi è il forte rumore che si sente durante le notti in cui si svolgono queste feste. I residenti che non partecipano all'evento se ne lamentano, dicono che è eccessivo. D'altra parte, questi eventi costituiscono un incentivo per l'economia locale.

La Commissione interamericana dei diritti umani (CIDH) ha condannato le azioni della polizia e chiesto allo stato di San Paolo di riformare le sue politiche di sicurezza. Sebbene nel 2018 il numero degli omicidi in Brasile sia calato dell'11%, stando a un recente sondaggio del Forum Brasiliano di sicurezza pubblica il numero di persone uccise dalla polizia è aumentato. Solo nel 2018, infatti, 6.220 persone sono morte per mano della polizia militare.

In un editoriale sulla tragedia, noi di Agência Mural abbiamo affermato:

A morte desses jovens de Paraisópolis escancara o que está nas entrelinhas: as periferias não têm direitos ou têm menos direitos de ser feliz do que outros lugares da cidade. Ela não é vista como parte da cidade, mas como um território de exclusão.

La morte di questi giovani a Paraisópolis svela cosa c'è tra le righe: la periferia non ha diritto o ha meno diritto di essere felice rispetto ad altre zone della città. Non è vista come parte della città, ma come zona di esclusione sociale.

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