Artisti dal Gabon al Mozambico si interrogano sul significato di “sud globale” in una recente mostra online

“Dov'è il sud?” presenta 90 artisti provenienti da diverse città, i quali riflettono sulla nozione di “sud globale.” Foto concessa dalla Moleskine Foundation.

Con “Sud Globale” si intende un termine complesso con una connotazione decisamente politica ed è spesso utilizzato per definire parti del mondo in opposizione l'una all'altra.

Più di 90 giovani artisti provenienti dal Gabon, dal Mozambico, dal Regno Unito e dagli Stati Uniti, insieme a rifugiati, richiedenti asilo e migranti dalla Nigeria, dal Gambia, e dal Camerun che risiedono in Italia, indagano sul concetto di “Sud Globale” in una nuova mostra online chiamata “Dov'è il Sud?” che verrà inaugurata nel mese prossimo.

Gli organizzatori dell'esibizione, in una conferenza stampa, hanno affermato che l'uso del termine “sud globale” [en] è “un escamotage per etichettare una parte del pianeta come inferiore, sottosviluppata, o povera.” Altri lo adoperano in modo intercambiabile con “terzo mondo,” altro termine problematico e fuorviante che apparve durante la Guerra Fredda [it, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione] per indicare paesi con una condizione economica inferiore e che non aderivano all'Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord (NATO) o al Patto di Varsavia.

“Non importa in quale parte del mondo viviamo, ci sarà sempre un ‘sud,'” dice il co-creatore della mostra Simon Njami, che continua [en]:

“These young people reclaimed their power to define the word as a very intimate notion that varies according to the place where they are and where they want to reach. The exhibit powerfully reveals that there cannot be any south without the gaze we invest it with.”

“Questi giovani artisti hanno rivendicato il diritto di poter definire il termine con un concetto più intimo e che esso possa variare a seconda del posto in cui si trovano e rispetto a ciò che intendono raggiungere. La mostra rivela efficacemente che non può esserci alcun sud senza lo stesso sguardo con cui noi lo consideriamo”.

La mostra verrà presentata nell'account Instagram della Moleskine Foundation [en] dall'1 al 30 Ottobre 2020.

I lavori sono il frutto creativo di un'iniziativa promossa dalla Fondazione AtWork, “un workshop educativo ed itinerante ideato per far emergere il potenziale creativo dei giovani grazie al pensiero critico, al dibattito impegnato e alla scoperta di se stessi.”

AtWork è stato lanciato nel 2012 a Dakar, Senegal, e da allora si è diffuso in tutta l'Africa ed oltre “per ispirare una rete panafricana e globale di pensatori creativi”, secondo la Moleskine Foundation.

Frank Noel Makosso, partecipante dell'AtWork Libreville 2019. Foto di Bunny Studio.

Gli artisti, tutti tra i 18 e i 27 anni, mettono in discussione i concetti di indipendenza, identità, confini e storia.

Nel mettere in mostra più di 90 taccuini scomposti, decorati e trasformati, prodotti dagli artisti provenienti dalle città in cui si sono svolti i workshops dell'AtWork 2019, la mostra “ridefinisce il termine ideologicamente carico in un momento in cui le persone discutono su come creare una società più giusta in un mondo post pandemico”, secondo il comunicato stampa.

Il workshop AtWork di Libreville ha attirato 24 giovani coreografi, designers, imprenditori, poeti slam, registi, attori, artisti visivi, fotografi ed educatori riunitisi per “riflettere, confrontarsi e scoprire il loro ‘sud’ interiore”.

Frank Noel Makosso, vincitore di poesia slam di Libreville, Gabon, e partecipante di AtWork di Libreville 2019, intende la parola “sud” come il proprio “io interiore.” Makosso ha realizzato per la mostra un collage di parole francesi ed inglesi e frasi prese da giornali e riviste in un'opera artistica intitolata, “Come esprimere l'ineffabile?”. 

“Come esprimere l'ineffabile?” di Frank Noel Makosso, Libreville, Gabon. concessa dalla Moleskine Foundation Collection.

Qui di seguito alcuni esempi dei lavori prodotti durante il workshop AtWork Libreville 2019:

A Novembre dello scorso anno, si è svolto l'AtWork Maputo 2019, un workshop di 5 giorni condotto da Njami in collaborazione con Pfwura Ndzilo e Anima, durante il quale 25 artisti locali si sono radunati al Museo Nazionale del Mozambico per approfondire i significati di “sud” e creare un dibattito sull'argomento. Il workshop si è concluso con una mostra al Museo Nazionale tra Novembre 2019 e Gennaio 2020.

Qui un esempio di opere d'arte prodotte durante il workshop AtWork Maputo 2019:

“Il nostro obiettivo è quello di creare uno spazio accogliente e creativo dove i giovani abbiano la possibilità di pensare in modo anticonformista, di uscire dalla loro comfort zone, ed di porsi liberamente domande sulla società attorno a loro,” dice Adama Sanneh, CEO della Moleskine Foundation.

Simon Njami (a sinistra) e partecipanti all'AtWork di Libreville, Gabon, 2019. Foto di Bunny Studio.

Il Gabon come avanguardia dell'economia creativa dell'Africa Centrale

La città costiera di Libreville, capitale del Gabon, è chiamata “città libera” perchè fu ufficialmente dichiarata [en] città degli schiavi liberati nel 1849. Oggi è una delle prime cinque città più care dell'Africa [en], ma la creatività non viene ancora valorizzata; non ci sono centri artistici o gallerie e la programmazione culturale è incentrata sull'Institut Français.

Bunny Claude-Massassa, ex-allieva di AtWork Kampala 2018 e collaboratrice di AtWork Libreville 2019. Foto di Bunny Studio.

B​unny Claude-Massassa, ​artista multimediale ed ex-allieva dell'AtWork 2018, ha deciso di puntare l'attenzione verso la mancanza di spazi a Libreville per una cultura indipendente, fondando un'organizzazione non governativa, il Mukasa [fr].

Il Mukasa, per inaugurare il primo spazio non-istituzionale della città dedicato a dibattiti sulla cultura e alla creatività, ha organizzato il workshop AtWork 2019,​ ​“Dov'è il Sud?,” in collaborazione con il Museo Nazionale del Gabon e l'Institut Français.

Mukasa prende ispirazione dal concetto di dwabi, che nel dialetto del Gabon, il Punu, significa “porta cestino,” fatto di corde intrecciate.

L'oggetto — utilizzato sia da uomini che da donne per trasportare carichi pesanti su lunghe distanze — è diventato una metafora per tutte le attività del Mukasa e punta a creare un forte legame tra arte, cultura e pubblico.

Lo scopo del Mukasa è quello di “realizzare, sviluppare e supportare un ecosistema artistico e creativo”, che serva a potenziare la scena artistica gabonese e svolgere così un ruolo guida all'interno del panorama delle arti e nell'ambito commerciale della regione. Il centro includerà una biblioteca multimediale e uno spazio espositivo, come pure un posto per gli artisti in cui possano riunirsi e rilassarsi.

I lavori, posticipati a causa del COVID-19, sono stati nuovamente ripresi; a partire da Novembre, tra i progetti in programma, vi sarà la proiezione di documentari focalizzati sulla questione di identità, garantiti da protocolli di sicurezza anti COVID-19.

Il complesso del Mukasa a Libreville, Gabon, offre uno spazio per gli artisti in cui riunirsi, studiare e organizzare mostre. Foto concessa dalla Moleskine Foundation.

Quest'anno, il Ministero della Cultura e delle Arti del Gabon ha intensificato il supporto governativo a favore della cultura e dell'industria creativa (CCI) elaborando il primo quadro giuridico per cogliere opportunità sociali ed economiche, secondo [en] l'UNESCO.

Tutto ciò catapulta il Gabon in prima linea all'interno del movimento dell'Africa Centrale verso un'economia creativa formale.

A causa della pandemia, alcune economie creative del continente — sostenute soprattutto da settori informali — hanno incassato il colpo. Musicisti ed artisti visivi, soliti ad andare in tournèe e partecipare a mostre dal vivo, hanno messo in pausa [en] i loro programmi per cancellazioni a causa del coronavirus. Il settore culturale del continente complessivamente da lavoro a circa mezzo milione di persone e produce un fatturato di 4,2 bilioni di dollari [en] in tutta l'Africa.

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