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Dopo tre mesi di proteste anti governative in Bulgaria, qual è la posta in gioco?

Categorie: Europa centrale & orientale, Bulgaria, Citizen Media, Governance, Politica, Protesta, Storia
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Una protesta davanti al Parlamento a Sofia, Bulgaria, il 15 luglio 2020. Foto di Veni Kojouharova, utilizzata dietro permesso.

Le serate in Piazza dell'Indipendenza a Sofia sono state più rumorose del solito quest'estate. Dall'inizio di luglio la folla si è radunata in questo punto davanti al Parlamento. “Ostavka”, cantano; in bulgaro significa “dimissioni”.

Quello che è iniziato come un oltraggio a un politico di spicco che ha trattato una spiaggia pubblica come una sua proprietà privata si è evoluto in manifestazioni nazionali di massa che chiedevano la totale revisione [2] [bg, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione] di un sistema politico percepito come corrotto e inefficiente.

I raduni sono i più grandi che si siano visti in Bulgaria da quasi un decennio a questa parte. A Sofia, secondo diverse stime [3] [en], hanno attirato a volte fino a 30.000 persone. Proteste più piccole hanno avuto luogo anche in altre città bulgare [4], oltre che all'estero [5]. Un sondaggio condotto da Sova Haris [6], una società privata di sondaggi, ha mostrato come il 70% [7] delle 1.000 persone intervistate abbia appoggiato le proteste.

Tutto è iniziato il 7 luglio, quando il leader del partito di opposizione Sì Bulgaria, Hristo Ivanov [8], ha tentato di piantare una bandiera nazionale a Rosenec, una spiaggia situata in un parco pubblico. Per legge, i parchi pubblici dovrebbero essere accessibili a tutti i bulgari, e Ivanov voleva verificare se i suoi diritti sarebbero stati rispettati a Rosenec.

Mentre la sua missione di portabandiera veniva seguita in diretta [9] sui social media, Ivanov si è avvicinato alla spiaggia in barca, dato che non ci sono strade aperte collegate alla zona. Appena messo piede sulla spiaggia, è stato approcciato dalle guardie di sicurezza. Dopo una discussione tesa, le guardie hanno spinto Ivanov in acqua.

Le guardie pattugliavano la residenza estiva di Ahmed Dogan, il leader onorario del Movimento per i diritti e le libertà [10] (in bulgaro DPS), il partito politico che rappresenta la minoranza turca della Bulgaria.

Ex agente di sicurezza [11] dello Stato durante il periodo comunista, Dogan è rimasto una figura influente nella politica bulgara fino ai giorni nostri. È visto come un alleato chiave del primo ministro Boyko Borisov, e Hristov lo definisce [12] “il paziente zero dell'illegalità in Bulgaria”.

In seguito, si è scoperto che le guardie erano anche agenti delle forze dell'ordine, i cui stipendi sono pagati con i soldi dei contribuenti.

Qui di seguito una breve versione del live stream di Ivanov:

La vicenda è divenuta nota ai media come “Saray di Dogan” (saray in turco significa “palazzo”) e, come era prevedibile, è stata accolta con rabbia del pubblico. Ma come altri scandali precedenti, la vicenda di Saray avrebbe potuto facilmente seguire un ciclo molto familiare ai bulgari: dominare i titoli dei giornali per un paio di settimane prima di scivolare nell'oblio. Questa volta, però, le cose sono andate diversamente.

Un punto di svolta significativo è stato quando il procuratore capo Ivan Geshev ha ordinato un'incursione nell'ufficio presidenziale, presumibilmente come ritorsione alle osservazioni del presidente Rumen Radev che condannava l'occupazione privata della spiaggia di Rosenec. Geshev è visto come uno stretto alleato di Dogan [13], mentre Radev, del Partito socialista bulgaro dell'opposizione (BSP), è un oppositore esplicito del governo.

Tre ore dopo l'irruzione degli uomini di Geshev nell'ufficio presidenziale, la gente era in piazza dell'Indipendenza nella prima delle tante proteste che sarebbero arrivate.

Per molti bulgari, le proteste non sono necessariamente a favore di Radev, ma delle istituzioni democratiche e della responsabilità. I canti sono diretti contro Borisov e Geshev, ma chiedono anche una riforma giudiziaria e una chiara separazione dei poteri.

Dimitar Bechev, ricercatore presso l'Università del North Carolina e frequente collaboratore di Al Jazeera, CNN, Foreign Policy e OpenDemocracy, ha twittato una delle manifestazioni:

“Non vogliamo il BSP, non vogliamo il GERB. Vogliamo il cambiamento”. – protesta diretta sia contro il partito di centro-destra al governo che contro l'opposizione socialista.

Anche Antoaneta Dimitrova, scienziata politica dell'Università di Leida, ha commentato:

Le proteste in Bulgaria continuano. Per specificare, non è la prima volta che la gente protesta contro il potere ombra degli oligarchi che usano e controllano le istituzioni statali per il proprio tornaconto. È incoraggiante che i manifestanti, in molti giovani, capiscano che non è questa la democrazia ma 1/

Nel 2013, le proteste sono scoppiate in tutta la Bulgaria a seguito della controversa nomina di Delyan Peevski [17] [en] a capo dell'Agenzia per la sicurezza dello Stato. La nomina di Peevski è stata alla fine revocata, ma è rimasto una figura influente come magnate dei media [18] [en]. Presumibilmente ha legami con la mafia bulgara [19] [en], che arriva fino in fondo [20] [en] alle istituzioni del paese.

A quel tempo, i manifestanti erano rimasti disincantati; alla fine, un governo corrotto è stato sostituito da un altro. Dopo aver imparato questa difficile lezione, questa volta i manifestanti chiedono più delle dimissioni individuali. Ma resta da vedere se il vero cambiamento si verificherà realmente.