Il negazionismo dell'Olocausto dovrebbe essere “incitamento all'odio” su Facebook, chiedono i sopravvissuti

Auschwitz-Birkenau Memorial and Museum

Il museo statale di Auschwitz-Birkenau ubicato sul sito del campo di concentramento di Auschwitz a Oświęcim, in Polonia. Foto di Meta.mk/Bojan Blazhevski, usata con il suo permesso.

La storia è stata originariamente pubblicata [en, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione] da Meta.mk. Qui viene ripubblicata una versione modificata tramite un accordo di condivisione dei contenuti fra Global Voices e Metamorphosis Foundation.

La Conference on Jewish Material Claims Against Germany (Claims Conference), un'organizzazione internazionale che negozia risarcimenti e restituzioni per le vittime della persecuzione nazista, continua a fare pressione sull'azienda di Facebook per includere il negazionismo dell'Olocausto nella sua definizione di incitamento all'odio. La campagna digitale,  cominciata a Luglio e che è indirizzata direttamente al CEO di Facebook Mark Zuckerberg, comprende anche dei video-messaggi da parte di sopravvissuti all'Olocausto.

“I post che negano l'Olocausto su Facebook sono incitamento all'odio e devono essere rimossi!” dicono gli ideatori della campagna e i partecipanti. Usando l'hashtag #NoDenyingIt, ex-prigioneri dei campi di concentramento e di sterminio nazisti, così come altri sopravvissuti al genocidio della Seconda Guerra Mondiale, contribuiscono a diffondere emozionanti testimonianze personali:

A cominciare da oggi la Claims Conference posterà, su tutti i social media, video-messaggi da parte di #sopravvissuti all'#Olocausto che implorano Mark Zuckerberg di rimuovere il negazionismo dell'Olocausto da #Facebook. Negare la sofferenza e le perdite è incitamento all'odio, non si può negare. Usciti a loro, condividi per rimuoverlo!

Il negazionismo dell'Olocausto [it] è l'atto di negarel l'esistenza del genocidio nazista ai danni della popolazione ebraica avvenuto durante la Seconda Guerra Mondiale. È considerato una forma di antisemitismo.

Un modo per contrastare questa forma di disinformazione è l’istruzione, che potrebbe comprendere visite ai luoghi della memoria. Per esempio, il museo di Auschwitz in Polonia ha ricevuto 2.320.000 di visite nel 2019. L'ingresso al museo e il trasporto in autobus fra ciò che rimane del campo di concentramento e la vicina città di Oświęcim sono gratuiti.

Il museo, che ha oltre 900.000 follower su Twitter, oltre 300.000 fan su Facebook e 80.000 su Instagram, usa i social media per insegnare la storia.

Meta.mk ha recentemente riportato i dati di un sondaggio, condotto dalla Claims Conference, sulla conoscenza dell'Olocausto negli Stati Uniti, che ha mostrato che i giovani non hanno una consapevolezza di base di quello che è stato l'Olocausto. Una percentuale significativa di intervistati ha anche delle credenze sbagliate, incluso alcune che coincidono con la propaganda neo-nazista.

Lo studio ha rivelato l'ignoranza di fatti storici chiave nelle persone fra i 18 e i 39 anni; il 63% delle persone intervistate non sapeva che 6 milioni di ebrei sono stati uccisi durante l'Olocausto, mentre il 36% pensava fossero stati uccisi “2 milioni di ebrei o meno”. Nonostante ci fossero più di 40.000 campi e ghetti in Europa durante l'Olocausto, il 48% degli intervistati statunitensi non sono stati in grado di nominarne neanche uno.

Secondo un articolo di Associated Press, Facebook ha detto che già rimuove “qualunque post che celebri, difenda o cerchi di giustificare l'Olocausto” o che prenda in giro le vittime, perché post del genere di solito violano molti standard già in vigore contro l'incitamento all'odio e alla violenza.

In accordo con le legge locale, Facebook sta rimuovendo tutti i post che negano l'Olocausto “in paesi come Germania, Francia e Polonia, dove negare l'Olocausto è un reato.” Finora, tuttavia, il colosso dei social network non ha ancora aggiunto il negazionismo dell'Olocausto nello specifico agli standard mondiali per l'incitamento all'odio.

La nota e cinica frase “Arbeit macht frei” [it] (“Il lavoro rende liberi” in tedesco) all'entrata del campo di concentramento di Auschwitz a Oświęcim, in Polonia, ora partw del museo statale di Auschwitz-Birkenau. Foto di Meta.mk/Bojan Blazhevski, usata con il suo permesso.

Nel 2016, Facebook ha firmato il Codice di Condotta dell'Unione Europea contro l'incitamento all'odio online. Dopo che il rapporto relativo all’ultimo controllo sul rispetto del codice, pubblicato a Luglio, ha mostrato che l'azienda aveva il più alto tasso di risposta nel rimuovere i post segnalati rispetto ad altri social media, i vertici di Facebook hanno espresso profonda soddisfazione per i progressi fatti nel combattere l'incitamento all'odio.

Al contrario dell'Europa, dove l'incitamento all'odio è un reato nella maggior parte dei paesi che sono stati coinvolti nella tragica Seconda Guerra Mondiale, gli Stati Uniti non hanno di queste leggi a livello nazionale. Tuttavia, i social spesso adottano regole di condotta che proibiscono l'incitamento all'odio e molti sono anche più severi della legge del paese di incorporazione, per garantire agli utenti un ambiente sicuro.

Queste regole di amministrazione interna imposte dalle piattaforme online tendono a funzionare come un meccanismo di autoregolazione per gli utenti. Facebook, per esempio, incoraggia gli utenti a segnalare esempi di condotta proibiti e contenuti che violano gli standard della community.

Esempio di utilizzo del sistema di segnalazione di Facebook. In questo caso, si tratta di un post che promuove la propaganda nazista. Quest'opzione è disponibile nel menu indicato dall'icona “…”, nell'angolo in alto a destra di ogni post.

Facendo clic sul tasto “accetto” sui termini di riferimento, gli utenti dei social si assumo degli obblighi contrattuali con la piattaforma, in cui promettono di obbedire alle regole. Gli utenti possono anche aiutare a far rispettare le regole segnalando casi di violazione, compreso l'incitamento all'odio, come definito dalla piattaforma. Facebook al momento classifica l'incitamento come elencato di seguito:

  • “Incitamento alla violenza o alla disumanizzazione, ad esempio, paragonare tutte le persone di una determinata razza a insetti o animali;
  • “Affermazioni di inferiorità, disgusto o disprezzo, ad esempio, insinuare che tutte le persone di un determinato genere sono disgustose;
  • “Inneggiamenti all'esclusione o alla segregazione, ad esempio, dire che alle persone di una determinata religione non dovrebbe essere concesso di votare.

Parte dell'interfaccia di segnalazione di Facebook, che elenca tutti i criteri della piattaforma per categorizzare il contenuto come incitamento all'odio.

Queste categorie coprono solo parte della varietà di definizioni legali di incitamento all'odio come reato usate dai 47 membri del Consiglio d'Europa [it], un organismo internazionale fondato dopo la Seconda Guerra Mondiale per difendere i diritti umani e la democrazia nella regione. Quasi tutti gli stati europei ne fanno parte, ad eccezione della Bielorussia (a causa di questioni legate ai diritti umani) e del Vaticano (dato il suo status di teocrazia).

Secondo il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa, “L'incitamento all'odio comprende tutte le forme di espressione che diffondono, incitano, promuovono o giustificano l'odio razziale, la xenofobia, l'antisemitismo o altre forme di odio basate sull'intolleranza.” Sedici paesi europei, così come Israele, hanno delle leggi specifiche contro il negazionismo dell'Olocausto. Molti paesi hanno anche delle leggi più ampie che criminalizzano il negazionismo di genocidio.

L'Articolo 407-A del Codice Penale della Repubblica della Macedonia del Nord, per esempio, afferma che coloro che “usano sistemi d'informazione per negare o minimizzare pubblicamente, approvare o giustificare” atti di genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra, dovranno scontare una pena da uno a cinque anni di carcere. Per coloro che tentano di incitare all'odio, alla discriminazione o alla violenza contro altri sulla base della loro identità nazionale, etnica o religiosa, la pena minima è di quattro anni di carcere. Nella storia recente del paese, non ci sono stati casi registrati relativi a tali crimini.

“In memoria degli uomini, delle donne e dei bambini caduti vittima del genocidio nazista. Qui riposano le loro ceneri. Che le loro anime possano riposare in pace.” La targa situata nel museo statale di Auschwitz-Birkenau a Oświęcim, in Polonia. Foto di Meta.mk/Bojan Blazhevski, usata con il suo permesso.

Oltre al negazionismo dell'Olocausto, i colpevoli di incitamento all'odio continuano a trovare nuovi modi per diffondere i loro messaggi, costringendo chi difende i diritti umani e i legislatori a stare al passo.

Ad agosto, L’Organizzazione degli Ebrei in Bulgaria (Shalom) ha avvisato che i politici di estrema destra stavano ampliando il loro linguaggio antisemita con nuovi termini come “Sorosoids”, con l'obbiettivo di etichettare gruppi ritenuti “nemici dello stato”. Il termine, basato sull'uso scorretto del nome del filantropo americano e sopravvissuto all'Olocausto George Soros, ha avuto origine nella vicina Macedonia del Nord come strumento di propaganda populista per la discriminazione contro gli attivisti della società civile. 

Nota dell'editor: Global Voices è un beneficiario della Open Society Foundations, una rete internazionale per concessione di sovvenzioni fondata da George Soros.

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