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Sstudenti malesi accusati di sedizione per un post di Facebook che esorterebbe il re a non interferire nella politica

Categorie: Asia orientale, Malesia, Censorship, Citizen Media, Giovani, Governance, Istruzione, Legge, Libertà d'espressione, Politica, Advox
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Sei membri della Universiti Malaya Association of New Youth (UMANY) si sono presentati accompagnati da avvocati per i diritti umani in una stazione della polizia locale. Foto dalla pagina Facebook di Yan Ke Wong.

Un gruppo di studenti Malesi è stato accusato di sedizione dopo aver pubblicato un post su Facebook che esortava il re a non interferire nelle politiche nazionali.

Il 30 Ottobre, l'organizzazione studentesca meglio conosciuta come Universiti Malaya Association of New Youth (UMANY), ha pubblicato un post dal titolo ” Lo Yang di-Pertuan Agong non dovrebbe interferire con gli affari nazionali”. Con Yang di-Pertuan Agong o YPDA si intende il capo di stato monarchico della Malesia. Sotto la monarchia costituzionale malese, l'YPDA è un simbolo unificante del paese e si suppone che sia apolitico e che non si occupi di politica di partito. UMANY ha pubblicato la dichiarazione in risposta alla notizia sul rifiuto [2] [en, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione]da parte del re della proposta del primo ministro di dichiarare lo stato di emergenza per far fronte all'ondata di casi di COVID-19. Lo stesso re ha anche richiesto [3] ai membri del Parlamento di sostenere il disegno di legge sul bilancio, proposto dal governo.

La dichiarazione di UMANY ha suscitato molta attenzione e molte critiche da parte dei sostenitori dell'YDPA che hanno costretto il gruppo di studenti a cancellare il post. L'università malese, Universiti Malaya (UM), ha dichiarato che indagherà su UMANY e sulla dichiarazione. La polizia ha riferito che sta conducendo un'indagine su UMANY per un presunto reato ai sensi del Sedition Act 1948 e del Communications and Multimedia Act 1998. I condannati per sedizione potrebbero incorrere in multe e pene detentive fino a tre anni.

Dal 9 novembre, sei membri di UMANY sono stati convocati dalla polizia in relazione all'indagine. La stessa ha poi fatto irruzione [4] nella casa del presidente dell'organizzazione sequestrando il computer portatile e il telefono del leader degli studenti.

UMANY ha ripubblicato [5] la dichiarazione il 3 novembre, poiché il post originale era stato alterato dai social media facendolo apparire come una richiesta di abolizione della monarchia.

Il post era volto a condannare [6]il cyberbullismo commesso contro i membri dell'organizzazione da parte di alcuni utenti di internet che non condividevano la loro posizione:

Certain members were physically and mentally affected because their personal Facebook accounts were made public and doxxed. Also harassed (were) members or alumni of the group by calling them or their parents, promised to look for their homes, workplace and even threatened to harm them. In addition, our female members have also been sexually harassed by netizens with foul, degrading languages.

Alcuni membri sono stati colpiti sia fisicamente che mentalmente in quanto gli account personali su Facebook sono stati resi pubblici e loro minacciati di vedere pubblicati contenuti considerati privati. Alcuni soci ed ex alunni appartenenti al gruppo sono stati tormentati e ingannati da chiamate che iniziavano promettendo la ricerca di una casa e un lavoro e terminavano con delle minacce. Inoltre, le nostre iscritte, sono state anche molestate sessualmente da alcuni frequentatori della rete con linguaggi osceni e degradanti.

É stata promossa [7] una petizione da diversi gruppi di studenti per esprimere il loro sostegno a UMANY.

Circa 261 studenti di legge in tutta la Malesia hanno firmato [8] una dichiarazione in difesa dell'organizzazione. La dichiarazione ricordava anche all'UM di sostenere la libertà accademica:

As a public institution funded by taxpayers, UM owes it to the society to uphold and facilitate the society's pursuit of the truth. This necessarily involves allowing and protecting freedom for students to express their critical thoughts on important issues with the greatest margin possible.

In quanto istituzione pubblica finanziata dai contribuenti, l'UM ha il dovere di sostenere e facilitare la ricerca della verità da parte della società. Questo implica necessariamente permettere e proteggere la libertà degli studenti di esprimere il loro pensiero critico su questioni importanti con il maggior margine possibile.

La società legale dell'Università della Malesia, nota come University of Malaya Law Society, ha fornito un briefing legale sulla controversia, affermando [9] il diritto di UMANY di esprimere la sua posizione sulla questione:

UMANY's post may appear to be controversial, yet a full reading of the statement would reveal that it sought to express their opinions on the YDPA's role and functions in a parliamentary democracy and constitutional monarchy based on their reading of the Constitution. Therefore, we believe their stance, seemingly controversial presented as it was, was an expression of the right to free speech and academic freedom.

Il post di UMANY può sembrare controverso, ma una lettura completa della dichiarazione rivelerebbe l'intento da parte dell'organizzazione di esprimere opinioni circa il ruolo e le funzioni dell'YDPA in una democrazia parlamentare e in una monarchia costituzionale basata sulla lettura della Costituzione. Pertanto, riteniamo che la loro posizione, apparentemente controversa, presentata così com'era, fosse un'espressione del diritto alla libertà di parola e alla libertà accademica.

Il Centro per il giornalismo indipendente ha sottolineato che “la libertà di espressione è una parte essenziale dell'esperienza dell'istruzione superiore”. Ha aggiunto [10]:

Academic scholarship and promotion of human rights cannot flourish in an atmosphere of censorship and disproportionate restriction of speech and expression.

Le borse di studio accademiche e la promozione dei diritti umani non possono prosperare in un'atmosfera di censura e di restrizione eccessiva della parola e dell'espressione.

La Rete nazionale per i diritti umani (JHAM) ha affermato [11] che UMANY non ha violato alcuna legge rilasciando una dichiarazione sulla monarchia:

…it is a matter of fact that UMANY has discussed the role of YDPA rationally without any denigrating or insulting remark towards the monarch. They insisted upon the value of democracy, the paramountcy of people’s sovereignty, and articulated the mechanism of check and balance must be defended and preserved in a constitutional monarchy.

… è un dato di fatto che UMANY ha discusso razionalmente il ruolo dell'YDPA senza alcuna osservazione denigratoria o insulto nei confronti del monarca. Ha insistito sul valore della democrazia, sulla supremazia della sovranità dei popoli e ha articolato il meccanismo di controllo e di equilibrio che deve essere difeso e preservato in una monarchia costituzionale.