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Il caso delle riparazioni dei Caraibi: Parte III

Categorie: Caraibi, Antigua & Barbuda, Bahamas, Barbados, Belize, Dominica, Giamaica, Grenada, Guyana, Haiti, Montserrat, Santa Lucia, St. Vincent & the Grenadines, St.Kitts & Nevis, Suriname, Trinidad & Tobago, Ambiente, Citizen Media, Cyber-attivismo, Diritti umani, Economia & Business, Etnia, Istruzione, Politica, Relazioni internazionali, Salute, Storia, Sviluppo, Viaggi e turismo, COVID-19

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Immagine di una delle illustrazioni di copertina sul sito web della Commissione per le riparazioni della CARICOM. [1] [en, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione]

Questo è il terzo articolo di una serie che mette in luce la questione della riparazione per la schiavitù nei Caraibi. (Il primo articolo qui [2][it]; il secondo qui [3][it]). Si basa su problematiche discusse nell’evento live NGC Bocas Lit Fest, “Il caso delle Riparazioni” [4][en, come i link seguenti, salvo diversa indicazione], tema trattato nella conversazione con Sir Hilary Beckles, presidente della Commissione per le riparazioni della CARICOM [5].

Dopo 528 anni dall’arrivo di Colombo in America, che scatenò la smania della colonizzazione sfociando nel genocidio della gente indigena della regione e dette il via alla mercificazione delle vite africane, la NGC Bocas Live Fest, il festival letterario più importante dei Caraibi, ha trasmesso in diretta streaming [4] una conversazione con Sir Hilary Beckles in commemorazione della Giornata internazionale per le Riparazioni. [6]

In questa puntata finale della serie, Global Voices considera il ruolo che il settore universitario deve svolgere nella richiesta di risarcimenti ed esamina i modi in cui la regione può sviluppare dei modelli economici più sostenibili.

I sistemi basati sulla supremazia bianca erano ‘sostenuti’ dalle università

Mentre la vittimizzazione delle vite dei neri sotto la schiavitù potrebbe essere partita dalla classe investitrice, è stata data legittimità da parte delle istituzioni terziarie occidentali rispettate, le quali erano posizionate “al centro dell’ideologia della creazione della supremazia bianca e di come sostenerla al meglio”.

La nozione, afferma Sir Hilary, di convertire persone in proprietà, legiferare quella pratica e mostrare come essa funziona in giurisprudenza, è venuta fuori [7] [it] dall’università, come anche l’idea delle persone nere che erano geneticamente e cognitivamente inferiori. Organizzare la gente in gerarchie in base al colore [8] era qualcosa promosso attivamente dai dipartimenti antropologi di queste scuole.

Pertanto, la Commissione per le riparazioni della CARICOM crede sia importante che una nuova pedagogia dello sviluppo economico inclusivo progredisca, che includa il rifiuto della nozione per la quale il colore della pelle non ha nulla a che vedere con le abilità cognitive di una persona. In altre parole, le università giocano un ruolo critico nel ricreare la struttura errata che hanno contribuito a costruire, e attraverso il lavoro della Commissione, stanno “salendo a bordo, uno a uno”.

La minaccia ‘Tripla C’

Sir Hilary ha notato che la pandemia della COVID-19 [9] [it] ha “rimosso il tetto della famiglia caraibica” per rivelare le “orribili eredità” della povertà, violenza domestica [10] [it] e diseguaglianza economica. Questi problemi, afferma, richiedono un approccio multidisciplinare.

Prima del suo arrivo ai Caraibi, l’Università delle Indie occidentali ha messo su una squadra speciale [11] comprendente virologi, microbiologi e epidemiologi il cui scopo era quello di esaminare il virus da un punto di vista scientifico. Nel momento in cui il virus ha raggiunto le coste della regione, tuttavia, si è dovuto ristrutturare il gruppo in modo tale da guardare la pandemia all'interno dei quadri di genere, antropologia, sociologia e scienza politica.

Il problema più pressante riguardante la COVID-19 che è diventato subito più una questione di ingiustizia che di scienza. L’istruzione [12] [it], per esempio, costretta al mondo online, una significativa percentuale [4] di cittadini caraibici non hanno accesso a internet [13] [it] e i governi regionali – molti di loro vacillanti economicamente a causa del crollo del settore turistico [14] [it]  non possiedono il capitale per colmare questa mancanza.

Tuttavia, progetti di giustizia riparatrice potrebbero giocare un ruolo importante nell’avere a che fare con sfide come queste, la più urgente di cui Sir Hilary ha chiamato la “Tripla C”: malattie croniche, cambiamento climatico [15] [it] e cultura del turismo della regione, e la COVID-19, tutti i quali sono stati da lui categorizzati come “un cocktail di minacce esistenziali per queste isole”. Senza supporto multilaterale e internazionale viste queste sfide che sono state, per la maggior parte, “imposte dall’esterno” sulla regione, afferma, i Caraibi non ce la faranno.

‘Dove c'è una volontà, c'è un modo’

Non c’è alcun dubbio che i Caraibi, attivi nel perseguire le riparazioni, stanno negoziando da una posizione di disuguaglianza economica. Dopotutto, la maggior parte delle risorse del paese sono state estratte dai suoi coloni per arricchire e rafforzare le loro società. Tuttavia, la Commissione per le riparazioni della CARICOM sta procedendo sul piano “dell’uguaglianza morale, di rettitudine e di umanità”, che ha livellato il campo da gioco.

Inoltre, le Nazioni Unite, alle quali la Commissione si è rivolta [16] per supervisionare il processo, partono dal presupposto che tutti gli Stati membri partecipino alla pari. Ciò non significa che il processo sarà facile, ma tutti i progressi compiuti nell'eradicazione del commercio transatlantico di schiavi sono stati duramente conquistati.

Ci è voluto tutto il XIX secolo [17] [it], ha notato Sir Hilary, per sradicare legalmente la tratta degli schiavi e 60 anni per completare [18] il ciclo di emancipazione, e tutto il XX secolo per lottare per la democrazia, diritti umani e civili. Il “momento della giustizia riparatrice” è la fase finale del viaggio, crede, portando con sé la chiusura e la giustizia per tutti.

“Se ci vorrà tutto il XXI secolo,” dice, “non ci arrenderemo”.