La discussione pubblica sui rifugiati e le migrazioni continua a Trinidad e Tobago, in seguito [it] alla decisione dello stato del il 22 novembre di deportare 16 minori e 11 adulti venezuelani, poco prima che fossero invitati ad apparire innanzi al giudice durante un'udienza habeas corpus [it]. Il gruppo era stato riportato a Trinidad and Tobago il 24 novembre, a seguito di un'ordinanza del tribunale.
Al momento, Frank Seepersad, il giudice della High Court, ha rifiutato di concedere un provvedimento di inibitoria che impedisse allo stato di deportare una ragazza di 11 anni che era tra i rimpatriati. Nella sentenza, il giudice ha spiegato [en, come i link seguenti, salvo diversa indicazione] :
[…] the Court is not satisfied that having regard to all of the outlined circumstances, that the reliefs sought in the substantive claim are so clothed with the likelihood of success that the court should adopt the exceptional course of restraining the State from enforcing what appears to be applicable domestic law.
[…] il tribunale non ritiene che, tenuto conto di tutte le circostanze delineate, i rimedi richiesti nella domanda sostanziale portino ad un'alta probabilità di successo a proposito del fatto che il giudice dovrebbe adottare il provvedimento eccezionale il quale impedisce allo Stato di fare rispettare ciò che sembra essere il diritto nazionale applicabile.
La motivazione delle decisione di Seepersad era basata sul fatto che la presentazione legale della bambina si fondava sulla Draft Policy on Refugees and Asylum Seekers del 2014 (Progetto di politica sui rifugiati e richiedenti asilo), un documento che è stato approvato dal Gabinetto, ma non dal Parlamento. Inoltre, il giudice ha aggiunto che questo significava che il governo avesse la piena autorità per adattare la politica nazionale ad ogni occorrenza.
Stuart Young, il Ministro della Sicurezza Nazionale, ha dichiarato pubblicamente che la decisione iniziale di deportare il gruppo si basava su problemi di sicurezza concernenti la pandemia del COVID-19, ribadendo che le frontiere del paese erano chiuse sino da marzo. È una posizione che, nelle parole della sentenza di Seepersad, “non colpisce il tribunale […] come un cambiamento di politica irregolare o irragionevole.”
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Seepersad, oltre a criticare lo stato per la modalità pericolosa per mezzo della quale il gruppo era stato deportato, ha anche rimproverato la madre della bambina (lo status della quale non era verificato a Trinidad e Tobago) riguardo a ciò che ha definito “lo sfacciato e sfrontato disprezzo per le leggi sull'immigrazione di questa Repubblica,” e la propria incapacità di considerare correttamente il benessere della bambina come richiesto dalla stessa Convenzione delle Nazioni Unite su cui si basano i suoi avvocati per il suo caso:
There are many citizens in this Republic who are faced with difficult economic circumstances and they too may wish to go to another country where the economic prospects are brighter, but these citizens should not be entitled to be refugees or asylum-seekers seeking status under the 1951 Convention.
Vi sono molti cittadini in questa Repubblica che si trovano di fronte a circostanze economiche difficili e anche loro possono desiderare di andare in un altro paese in cui le prospettive economiche sono più brillanti, ma questi cittadini non dovrebbero avere il diritto di essere rifugiati o richiedenti asilo ai sensi della Convenzione del 1951.
La Convenzione sui rifugiati dei 1951 definisce un rifugiato come “un individuo che non è in grado o rifiuta di tornare nel proprio paese di origine a causa di un comprovato timore di essere perseguitato per motivi di etnia, religione, nazionalità, appartenenza ad un particolare gruppo sociale o adesione ad una opinione politica.”
La sentenza del giudice Seepersad è diversa da quella degli altri due giudici, il giudice Avason Quinlan-Williams e il giudice Joan Charles, che hanno ascoltato le presentazione legali del gruppo, una dissenso che parla molto di come il grande pubblico si senta sulla questione.
Infatti, gli editoriali del 2 dicembre di due giornali locali sono giunti ai due estremi della discussione. Il Trinidad and Tobago Newsday ha lasciato intendere che il governo sembrava aver “aggirato” il tribunale:
[…] the sheer number of people deported and the timing of the announcement suggested the actions of a State content to appear in defiance of the Supreme Court, international law and basic human compassion.
[…] il numero delle persone deportate e la tempistica dell'annuncio suggerivano le azioni di uno stato soddisfatto di apparire in atteggiamento di sfida nei confronti della Supreme Court, del diritto internazionale e della mera compassione umana.
D'altra parte, il giornale Trinidad and Tobago Guardian, ha osservato che il Giudice Seepersad era stato chiaro a proposito del “diritto dello stato di deportare i migranti illegali”:
As citizens, we need to consider whether we really want to open ourselves to a flood of migrants at a time when the country is hard-pressed enough to meet the needs of its own citizens.
In qualità di cittadini, dobbiamo valutare se vogliamo davvero aprirci ad un'ondata di migranti in un momento in cui il paese è già in difficoltà a soddisfare le esigenze dei propri cittadini.
Tuttavia, sulla stessa pagina dell'opinione del Guardian, è comparsa una colonna del giornalista Wesley Gibbings, che sosteneva che non vi era “nessun'altra prospettiva” da avere sulla questione se non vederla da un punto di vista umanitario.
Il procuratore generale di Trinidad and Tobago, Faris Al Rawi, ha parlato della più recente sentenza del tribunale:
Whilst it is certainly a very clear legal victory, I take no comfort in [it], in particular because of the human factors involved […] but I am duty-bound […] to uphold the laws of Trinidad and Tobago.
Sebbene si tratti senza dubbio di una vittoria giuridica molto chiara, non mi conforta, in particolar modo a causa degli aspetto umano coinvolto […] ma sono obbligato […] a sostenere le leggi di Trinidad e Tobago.
Ha aggiunto che era possibile per i venezuelani richiedere il visto per entrare legalmente nel paese, e che tali visti “non sono negati” in genere.