Mettere a tacere i media non fermerà le proteste guidate dagli studenti in Thailandia

I manifestanti thailandesi fanno il saluto a tre dita di Hunger Games. Fotografia di Prachatai, Foundation for Community Educational Media (2006), usata sotto licenza (cc) BY-NC.

Questo articolo [en, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione] di Sek Sophal è apparso originariamente su Coconet, una piattaforma per l'organizzazione di movimenti a favore dei diritti digitali nella regione Asia-Pacifico ospitata da EngageMedia, un'organizzazione di media, tecnologia e cultura senza scopo di lucro. Viene riproposto di seguito in versione modificata come parte di un accordo di partenariato sui contenuti con Global Voices.

In Thailandia, il movimento pro-democrazia guidato dai giovani non accenna ad arretrare, nonostante sia in vigore uno stato di emergenza che vieta assembramenti pubblici di più di quattro persone. Per tutta risposta, il 16 ottobre il governo thailandese ha emanato un'ordinanza con cui proibiva a quattro organi di informazione indipendenti e a una pagina Facebook di postare notizie sulla base del pretesto che queste organizzazioni rappresentano una grave minaccia per la sicurezza nazionale. I gruppi in questione sono Voice TV [th], Prachatai [th], The Reporters [th], The Standard [th] e la pagina Facebook del movimento Free Youth [th]. L'ordinanza è stata firmata dal capo della polizia nazionale, Suwat Jangyodsuk, su richiesta della National Broadcasting and Telecommunications Commission e della Digital Economy and Society.

Il divieto è stato abolito a seguito di un'ordinanza della Corte Penale emanata il 21 ottobre. La Corte ha citato le Sezioni 35 (1) e (2) della Costituzione, in cui si afferma che “un professionista dei media deve godere della libertà di presentare le notizie ed esprimere le proprie opinioni in accordo con l'etica professionale” e che “non è consentita la chiusura di un giornale o di altri mezzi di comunicazione di massa in condizione di privazione della libertà prevista dal paragrafo uno”.

La decisione del governo anche solo di tentare di far entrare in vigore questo divieto è stata non solo fuorviante, ma anche controproducente. Se il governo thailandese credeva che mettere al bando le quattro case dei media avrebbe fermato o indebolito le proteste in corso, si è sbagliato di grosso.

La comunicazione delle proteste va al di là dei media

Molto prima delle attuali proteste, Voice TV, Prachathai, The Reporters e The Standard giocavano un ruolo cruciale nella produzione di contenuti mediali esaustivi e indipendenti per il pubblico thailandese. Grazie ai loro contenuti sempre di alta qualità, alla loro professionalità e al loro codice etico, la popolarità di queste organizzazioni di media non ha fatto che aumentare. Il canale YouTube di Voice TV, ad esempio, ha registrato [th] oltre due milioni di iscrizioni durante la sua copertura delle proteste, divenendo uno dei media più popolari del Paese.

Se l'intento del governo thailandese era quello di impedire la diffusione delle notizie relative alle proteste, sembra che il decreto di emergenza si sia rivelato la strategia sbagliata. Sebbene molti giovani thailandesi dipendano da questi organi di informazione indipendenti, ci sono molte altre piattaforme online che offrono lo stesso genere di contenuto indipendente. Inoltre, questi contenuti vengono prodotti e condivisi su altri canali di comunicazione quali le applicazioni di messaggistica come Telegram, Line e Signal.

E, cosa altrettanto importante, è che mentre i manifestanti si basano principalmente sui media e su altre forme di comunicazione per la mobilitazione, queste organizzazioni non hanno nulla a che fare con la comunicazione, il coordinamento e l'organizzazione delle proteste degli studenti. I giovani manifestanti sono diventati strategici in termini di struttura organizzativa, divulgazione delle informazioni, gestione del tempo e delle proteste grazie ai vantaggi che derivano dall'uso delle piattaforme dei social media. Le proteste che hanno avuto luogo a Ratchaprasong, Pathum Wan, Lat Phrao e all'intersezione Asok a Bangkok e in altre province dal 14 e al 21 ottobre sono una chiara dimostrazione di quanto efficacemente gli studenti abbiano organizzato, coordinato e gestito le proteste. Per sviare le forze di sicurezza, ad esempio, le informazioni relative a luoghi e orari non vengono rese disponibili fino all'ultima ora. Inoltre, le proteste hanno luogo nello stesso momento in svariati luoghi entro uno specifico intervallo di tempo. Le proteste di domenica 18 ottobre, ad esempio, si sono tenute in varie località di Bangkok e in 12 province in tutta la nazione. Per evitare scontri non necessari con le forze di sicurezza, i leader rinviano velocemente le proteste e smobilitano le persone mentre le forze di sicurezza si dirigono sul luogo della protesta.

Un altro segnale di una politica sbagliata

Il Primo Ministro thailandese Prayut Chan-o-cha — che ha ottenuto il potere con un colpo di stato militare a maggio del 2014 — è famoso per la sua inimicizia con i mezzi d'informazione indipendenti. Mentre le proteste contro il suo governo hanno continuato ad aumentare, la decisione di mettere al bando le quattro case di media indipendenti si è rivelata non essere altro che l'ennesimo segnale di una politica sbagliata e dell'incapacità di gestire una situazione in cui il potere legittimo di governare viene messo in discussione.

Anzi, questa mossa potrebbe alimentare nuove proteste. Ogni giorno a partire dal 13 ottobre, Bangkok è stata teatro di proteste, dovute in gran parte agli arresti di alcuni leader della protesta, nonché a intimidazioni e a vessazioni quotidiane di persone ad opera delle autorità thailandesi. Quel giorno, la polizia ha arrestato 21 persone, tra cui il leader della protesta Jatuphat “Pai Dao Din” Boonpattararaksa. Il giorno seguente, migliaia di studenti si sono mobilitati per marciare sulla Casa del Governo e protestare contro il governo, esigendo il rilascio dei loro colleghi detenuti.

Negli ultimi tre mesi, ci sono state 246 proteste [th] in 62 province. Mentre le proteste continuano, il numero di persone incarcerate dal governo è salito alle stelle subito dopo l'annuncio del decreto d'emergenza del 15 ottobre. Secondo Thai Lawyers for Human Rights (TLHR), il governo avrebbe arrestato non meno di 81 persone [th] tra il 13 e il 18 ottobre. TLHR segnala inoltre che almeno 65 persone [th] sono sotto accusa per il ruolo che hanno giocato nelle proteste. A queste, si aggiungono 145 casi [th] di presunte vessazioni commesse dalle forze di sicurezza thailandesi. Sembra che più il governo arresti i manifestanti, più le proteste si espandano in termini di dimensione.

Il Generale Prayut ha abbastanza potere da poter anche solo provare a tagliare un albero in fiore. Potrà anche ordinare alla sua brigata corazzata di distruggere l'intero giardino, ma non ha il potere di fermare la primavera. La fine del governo Prayut non è più una possibilità così remota.

Sek Sophal ha conseguito una laurea in Studi dell'Asia-Pacifico presso l'Università di Ritsumeikan dell'Asia-Pacifico. È un ricercatore del Centro per la Promozione Democratica e del Centro per gli Studi dell'Asia-Pacifico dell'Università di Ritsumeikan. È anche responsabile di progetto presso il Centro Cambogiano per i Media Indipendenti in Cambogia. Questo articolo riflette le sue opinioni personali e non rappresenta necessariamente l'istituzione per la quale lavora.

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