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Natale con la COVID: è stato davvero senza precedenti?

Categorie: Cina, Francia, Regno Unito (GB), U.S.A., Citizen Media, Diritti umani, Guerra & conflitti, Interventi umanitari, Salute, Sviluppo, COVID-19, The Bridge
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Sua Emminenza l'Arcivescovo di Canterbury, Justin Welby. Foto [1]di Roger Harris. CC BY 3.0. [2]

di Ian Inkster

È ormai chiaro – la COVID-19 non si è fermata per Natale. La sua presenza e la sua forza sono semmai aumentate, con la scoperta di nuovi e più resistenti ceppi infettivi. La sera di Natale il numero dei casi è aumentato di 522.664 per un totale di 80.257.970, uno degli aumenti giornalieri più forti da febbraio. I decessi sono aumentati di 8621 fino a un totale di 1.757.249. Tale cifra supera il numero totale dei morti in combattimento degli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Francia durante la Seconda guerra mondiale. Negli Stati Uniti, la più popolosa fra le nazioni cristiane, i casi sono aumentati di 149.049 fino a raggiungere circa il 50% del totale dei morti americani nel corso della Seconda Guerra Mondiale.

La fame e la violenza non si fermano per Natale. Dal 1945 in poi le morti violente si sono per lo più concentrate nelle nazioni più povere. Così è stato anche nella Seconda Guerra Mondiale (1937-45). In quegli anni, rispetto al totale degli altri paesi del mondo, la Cina e la Russia hanno subito il maggiore numero di perdite per vittime di guerra o annesse carestie e deterioramento delle condizioni sanitarie. Se consideriamo l'intero ventesimo secolo, il numero delle vittime di guerra in tutto il mondo arriva ad almeno 180 milioni. Ma è impossibile stimare il numero delle vittime indirette delle guerre, quelle che derivano da carestie, esposizione ad avverse condizioni atmosferiche e infezioni. Nemmeno il Natale è riuscito a fermare la maggior parte delle guerre e delle morti.

Durante la messa della domenica [3] [en, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione] del 27 dicembre, l'Arcivesco di Canterbury [4] [it], Justin Welby, capo della Chiesa d'Inghilterra, ha bollato questo Natale come “un Natale senza precedenti”. Cosa voleva dire? Anche nella cattedrale più illustre, i cristiani anglicani sanno sicuramente che il giorno di Natale accade ugualmente in tutto il globo: nelle terre cristiane, nelle culture non cristiane e fra tutti quelli che se la cavano senza alcun bisogno della religione organizzata.

La COVID si è manifestata in maniera quasi universale, persino in una regione poco abitata come il Sahara Occidentale ci sono stati 10 casi e un morto. Ma nei paesi più poveri, la violenza umana ha semplicemente continuato a manifestarsi come se nulla fosse. Fra i milioni e milioni che costituiscono i più poveri dei poveri, che spesso si trovano sulle frontiere di enormi distese di terra o sono abitanti inosservati del sottosuolo, impiegati nelle economie invisibili delle maggiori città, il Natale è sempre stato brutale. In molti posti come questi la COVID-19 viaggia quasi inosservata.

La violenza perpetuata da stati nazione su altri stati si è concentrata nei paesi poveri di Asia, Africa, Sud America e Europa dell'Est. Dalla Seconda Guerra Mondiale in poi, i più noti e sanguinosi conflitti che hanno colpito un'infinita tipologia di nazioni povere sono iniziati, senza fermarsi, poco prima di Natale. Spesso sono stati provocati e promossi da regimi cristiani, sterminando con le armi o con le carestie popolazioni cristiane, ebree, musulmane, induiste e buddiste, la maggior parte innocenti quanto gli adulti della natività cristiana originale. Potremmo nominare la Guerra del Golfo che coinvolse 36 nazioni o quella in Afghanistan dell'ottobre del 2001.

Non è affatto sorprendente che i più esperti analisti mondiali da molto tempo sostengano che le carestie nel nostro pianeta non sono in primo luogo il risultato della nostra incapacità di produrre abbastanza cibo per sfamare 7,5 miliardi di persone. Sono una funzione della nostra riluttanza a distribuire cibo a chi è maggiormente bisognoso. Ciò, a propria volta, non è dovuta all'ostilità di un qualsiasi comune cittadino degli Stati Uniti o dell'Europa, o dell'Australia, del Giappone, del Canada, o di Tawain o della Cina, o persino di uno qualsiasi dei piccoli e nuovi ricchi paesi del Medio oriente.

Sono però un risultato della violenza praticata in tali paesi da regimi politici incapaci nonché dell'insufficiente potere, umanità o percezione dell'urgenza da parte di organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite. Sono le guerre che fermano il flusso del cibo e delle medicine tanto nei programmi governativi d'aiuto come sui mercati, e sono i cittadini delle cosiddette nazioni democratiche che continuano a permettere che ciò accada. Tutte le pregherie di Natale non fanno alcuna differenza, perché hanno lo stesso effetto sulle guerre e sulla COVID-19. Ma mentre la COVID-19 potrà ormai essere forse fermata dalla volontà di potenza scientifica della modernità, la voglia di conflitto e distruzione non è stata temperata dalla buona volontà cristiana.

Molto tempo fa Francis Galton (1822-1911) scrisse un capolavoro di comicità statistica, un articolo intitolato “Sull'efficienza della preghiera”. Non ha uguali. Sosteneva che se fosse vero che esiste un [sic] Dio cristiano onnipotente e immanente che risponde alle preghiere dei suoi fedeli, le famiglie reali e tutti i membri del clero e dei comitati filantropici, in quanto abituali destinatari di tali preghiere, avrebbero dovuto ricevere i benefici di molte preghiere di augurio e di supplica per una vita lunga e felice. L'analisi però dimostrò che i reali e i membri del clero non vivevano di pù degli avvocati e dei trafficanti di schiavi; quanto efficace poteva quindi mai essere la preghiera?

Abbiamo adesso un laboratorio migliore di quello di Galton – Il laboratorio mondiale della COVID. E lì, il potere benevolo del Natale si è dimostrato ben poco importante.

Mentre possiamo avere qualsiasi ragione per celebrare il Natale “nel migliore dei modi” (le ordinanze restrittive dei nostri politici), non dobbiamo cadere nella trappola tesa dall'Arcivescovo – per il nostro mondo e le religoni che lì si trovano, questo non è stato “un Natale come non abbiamo mai visto”. Per milioni e milioni, è stato lo stesso di sempre – doloroso, spesso squallido, a volte mortale.

Dunque, per i londinesi che hanno partecipato ai servizi religiosi natalizi in mezzo a grandi restrizioni, o per i millioni e milioni di individui che hanno preso parte a funzioni e riti in maniera virtuale, per tutti quelli che hanno scambiato regali di Natale sfarzosamente impacchettati e che hanno risposto ai biglietti di Natale delicatamente illustrati che hanno ricevuto, potrei anche concedere che questo sia stato “un Natale senza precedenti”. Ma per milioni e milioni, il Natale è passato più o meno come sempre. La fame, la violenza e la COVID-19 non si sono fermati.

Il professor Ian Inskter è uno studioso di storia mondiale ed economista politico all’ Università SOAS di Londra. È stato professore e ricercatore presso varie università in Gran Bretagna, Australia, Taiwan e Giappone. È l'autore di 13 libri sulle dinamiche asiatiche e globali, con una concentrazione particolare sullo sviluppo industriale e tecnologico, nonché editore dal 2000 della History of Technology. Ha due libri in via di pubblicazione, Distraction Capitalism: The World Since 1971 e Invasive Technology and Indigenous Frontiers. Case Studies of Accelerated Change in History, in collaborazione con David Pretel. Il suo Twitter è @inksterian [5]