La diversità linguistica della Russia è ampia quanto il paese stesso.
Un gruppo linguistico presente in Russia sono le lingue uraliche, il cui nome deriva dai monti Urali [it], situati nella Russia centrale al confine geografico tra Europa ed Asia. Comprendono 38 lingue [it], la maggior parte delle quali parlate nell'eponima regione. Ci sono circa 25 milioni di persone che parlano lingue uraliche in tutto il mondo. Tuttavia, si cono grandi differenze di status tra esse.
Tre lingue uraliche beneficiano della protezione dello Stato in quanto lingue ufficiali e predominanti nei rispettivi paesi: estone, finlandese ed ungherese (quest'ultimo gode anche della protezione ufficiale nei paesi confinanti con l'Ungheria). Le rimanenti sono parlare da comunità molto più piccole che vivono per lo più in Russia, così come in Lettonia, Norvegia e Svezia. Mentre alcune lingue uraliche, come Mari o Udmurt [it], hanno tra i 500.000 e i 300.00 parlanti, altre ne hanno circa 30.000, come le lingue Sámi [it]. Per quanto riguarda le altre, come Nganasan [it], adesso si ritiene che siano parlate da meno di 100 persone. In Russia, mentre le lingue uraliche sono ufficialmente riconosciute nella costituzione e in teoria hanno alcuni diritti culturali, nuove leggi [en, come i link seguenti] hanno ulteriormente minato il passaggio delle lingue minoritarie alla prossima generazione di parlanti.
Lo status delle lingue uraliche più piccole è di grande interesse per finlandesi, ungheresi ed estoni. Per loro, Mari, Udmurt, Komi e Erzya sono lontani cugini, ed in via di estinzione. Uno di questi finlandesi è Ville Ropponen, un viaggiatore, saggista, poeta e critico letterario. Nel corso degli anni ha frequentemente visitato le comunità uraliche della Russia, e nel 2012 ha pubblicato Uralilainen ikkuna (“La Finestra degli Urali”), una raccolta di saggi che parlano di lingua e di viaggi.
Ropponen ha condiviso i suoi pensieri sul passato, sul presente e sull'incerto futuro delle lingue uraliche e dei loro parlanti. L'intervista è stata editata nella lunghezza e nello stile. Link e note sono state aggiunti nelle citazioni per fornire maggior background.
Filip Noubel (FN): Come è rimasto coinvolto in questo campo da finlandese che parla una lingua uralica e che ha deciso di viaggiare in Russia, dove vive la maggior parte dei nativi uralici ?
Ville Ropponen (VR): As I described in my book of essays ”The Window of the Ural”, I first got involved with Uralic languages and people from the Finno-Ugric territories of Russia when I studied in Estonia as an exchange student at the beginning of the 2000s. After that I made several trips to Finno-Ugric areas, the regions of Mari El, Udmurtia and Mordovia [in the Russian Federation], and in 2005 a longer journey which included areas in Siberia to gather information and material. I wanted to write more deeply about the Finno-Ugric languages, cultures and peoples in Russia today. Of course for a Finn, the Volga River and Ural mountains are half-mythological places, where you imagine your ancestors once lived before they decided to rush to the West.
In the 19th century many Finnish scholars travelled to Russia to research the languages and cultures of the Uralic peoples. It was also connected to the rise of Finnish cultural nationalism. Before and after Finnish independence [from Imperial Russia] of 1917, there were many connections between Finland and Russia, among cultural circles that sometimes included Udmurts and other Finno-Ugric nations. But Stalinist purges during the 1930s ended this and all connections between [us] were lost for decades.
In my book of essays I also try to imagine what it is to be a representative of a small linguistic minority in the era of globalisation, global warming and ecological crises, and once again, rising nationalism and imperialism. Of course today the rights of indigenous and minority peoples are more widely discussed at the national and international level.
Ville Ropponen (VR): Come ho decritto nella mia raccolta di saggi “La Finestra degli Urali” ho cominciato ad interessarmi di lingue uraliche e degli abitanti dei territori ugro-finnici della Russia quando studiavo in Estonia durante uno scambio studentesco agli inizi del 2000. In seguito ho fatto vari viaggi nelle regioni ugro-finniche di Mari El [it], Udmurtia [it], Mordovia [it] (nella Federazionie Russa), e nel 2005 ho fatto un viaggio più lungo che ha incluso zone della Siberia, per raccogliere informazioni e materiale. Volevo scrivere più approfonditamente delle lingue, culture e popolazioni ugrofinniche nella Russia di oggi. Naturalmente per un finlandese, il fiume Volga e i monti Urali sono luoghi quasi mitologici, dove puoi immaginare che un tempo vivessero i tuoi antenati prima che decidessero di precipitarsi ad ovest.
Nel XIX secolo molti studiosi finlandesi viaggiarono in Russia per fare ricerche su lingue e culture dei popoli uralici. Ciò era anche connesso alla nascita del nazionalismo culturale finlandese. Prima e dopo dell'indipendenza [dall'Impero Russo] nel 1917, c'erano molti legami tra Finlandia e Russia, nei circoli culturali che talvolta includevano Udmurts ed altre nazioni ugro-finniche. Ma le purghe staliniane degli anni '30 miseri fine a tutto ciò e tutti i legami tra [noi] andarono persi per decenni.
Nella mia raccolta di saggi ho cercato di immaginare cosa significhi essere un rappresentante di una piccola comunità linguistica nell'era della globalizzazione, del riscaldamento globale e delle crisi ambientali, ed ancora una volta, del nascente nazionalismo ed imperialismo. Naturalmente oggi i diritti dei nativi e delle minoranze sono ampiamente discussi sia a livello nazionale che internazionale.
FN: Esiste una comune identità uralica? Nella sua collezione di saggi, lei usa i termini post-colonialismo e etnofuturismo per affrontare questa questione. Potrebbe spiegare meglio questo punto?
VR: At this moment, there is no common Uralic identity. Or if there is, it is only constructed and shared by the Finno-Ugric intelligentsia the way Benedict Anderson describes the notion of ”imagined community”.
Ethnofuturism is an artistic movement which began in Estonia 1989 as a form of postmodernist and nonconformist thinking and as a postcolonial movement. One of its goals is to combine local as well as national cultural tradition with international cultural influences, the world of internet and robotics, together with the world of rituals, myth and ancient customs. During the 1990s, ethnofuturism became widely popular in Finno-Ugric areas of Russia. That was understandable, because both Tsarist Russia and the Soviet Union were empires, based on the rule of Russian language, of Russian and Slavic people. During the 1990, the minorities of Russia succeeded to improve their cultural and linguistic rights. But unfortunately during the Putin era, thus since the year 2000, almost all of these rights and autonomy have been lost.
Decentralisation, the deconstruction of hierarchy and the dissolution of binary opposites are important factors in the philosophy of ethnofuturism. The idea is to move the cultural focus from the center of empires to the outskirts, the wilderness, liminal points between civilisations. Ethnofuturists want to learn from aboriginal cultures and thinking, while maintaining a connection to the postmodern world.
VR: In questo momento, non esiste un'identità uralica comune. O se esiste, è solo costruita e condivisa dall'intellighenzia ugro-finnica nel modo in cui Benedict Anderson [it] descrive la nozione di “comunità immaginata”.
L'etnofuturismo è un movimento artistico iniziato in Estonia nel 1989 come forma di pensiero post-modernista e anticonformista e come movimento post-coloniale. Uno dei suoi obiettivo è quello di combinare la tradizione culturale locale e nazionale, con le influenze culturali internazionali, il mondo di internet e delle robotica con il mondo dei riti, miti e delle antiche usanze.Durante gli anni '90, l'etnofuturismo è diventato molto popolare nell'aree ugro-finniche della Russia. Questo è comprensibile perché sia la Russia zarista che l'Unione Sovietica sono stati degli imperi basati sul dominio della lingua russa, e delle popolazioni russe e slave. Negli anni '90, le minoranze in Russia sono riuscite a rafforzare i loro diritti culturali e linguistici. Sfortunatamente durante l'era Putin, cioè dal 2000, quasi tutti questi diritti ed autonomia si sono persi.
La decentralizzazione, la destrutturazione della gerarchia e la dissoluzione degli opposti binari, sono fattori importanti nella filosofia dell'etnofuturismo. L'idea è di spostare il focus culturale dal centro degli imperi alla periferia, alla natura selvaggia, ai punti di confine con la civiltà. Gli etnofuturisti vogliono imparare dalle culture e dal pensiero dei nativi, mantenendo però un legame con il mondo post-moderno.
FN: E riguardo alla politica delle lingue uraliche? Di recente la Russia ha approvato una legge che rende l'apprendimento delle lingue minoritarie non più obbligatorio nelle scuole di zone con un numero significativo di parlanti di lingue minoritarie. Perché tale questione è così delicata in Russia, visto il numero estremamente ridotto di parlanti di lingue uraliche?
VR: After the collapse of Soviet Union, there was much hope in Russia about democracy, multiculturalism and a pluralistic society. But especially since the 2010s ”thaw” ended, everything which is independent, even in the slightest form, and is not mainstream is considered a threat. As always, it is a question of money and power.
I have been denied a visa once, that was in 2005. The official reason of denial was that we didn't “register our visas properly”, which was of course a false reason. Russian security service officials interrogated us after a visit to the Mari El Republic, where we had interviewed cultural activists and people who had been politically oppressed. During that time the Mari El Republic was one of the first Russian regions to witness such state-sponsored harassment of ethnic minorities.
Unfortunately Russia is falling back to becoming an authoritarian empire, and today some scholars are even speaking about fascism. This is very sad. Russia and its people deserve better.
VR: Dopo il crollo dell'Unione Sovietica, si riponevano grandi speranza in Russia nella democrazia, nel multiculturalismo e in una società pluralista. Ma soprattutto a partire dalla seconda decade degli anni 2000 il “disgelo” è finito, tutto ciò che è indipendente, anche nella forma più blanda, e che non è mainstream è considerato una minaccia. Come sempre, è una questione di denaro e potere.
Una volta, nel 2005, mi è stato negato il visto. La ragione ufficiale del rifiuto è stata che non “avevo registrato il visto correttamente”, il che era naturalmente un falso motivo. I funzionari del servizio di sicurezza russo ci hanno sottoposto ad interrogatorio dopo una visita alla Repubblica di Mari El, dove avevamo intervistato degli attivisti culturali e persone che erano state perseguitate politicamente. A quel tempo la Repubblica di Mari El era una delle prime regioni russe ad essere testimone di tali persecuzioni delle minoranze etniche dirette dallo Stato.
Purtroppo la Russia sta tornando ad essere un impero autoritario, ed oggi alcuni studiosi parlano addirittura di fascismo. È molto triste. La Russia e il suo popolo meritano di meglio.
FN: Qual è il suo punto di vista riguardo la sopravvivenza ed il futuro di queste lingue? Sta funzionando la digitalizzazione per tali lingue, e può salvarle tutte o alcune di esse? Oppure esistono dei mezzi più efficaci?
VR: I think they will survive. One hundred years ago, we asked the same questions: ”Will these small languages survive?”. They still do. But of course today there are more threats to minority languages, because the volume and power of big majority languages, which are sometimes called ”killer languages” is so huge. Digitalisation and the internet have helped some languages, for example Mordvian or Udmurt. There is a project to make Wikipedia pages in Mordovian languages (in both Erzya and Moksha). And in Udmurtia, there are many interesting linguistic projects, which try to improve the language's situation using the internet.
What is to to be done? That is a difficult question, because it is a political one. For example, these kind of laws you mentioned are very bad for minorities. Over the last 20 years, Russian law has been constantly changed to the detriment of minorities. But we have to hope for the better. Maybe there will be a change in Russia, who knows, maybe quite soon, and Russian politics will again take a more democratic and pluralistic direction.
VR: Io penso che sopravviveranno. Un secolo fa, ci ponevamo la stessa domanda: “Sopravviveranno queste lingue minoritarie?”. Sopravvivono ancora. Ma ovviamente oggi sono maggiormente minacciate, perché il volume ed il potere delle grandi lingue maggioritarie, che a volte vengono definite “lingue killer”, sono enormi. La digitalizzazione ed internet hanno aiutato alcune lingue, ad esempio il Mordvian o l'Udmurt. Esiste un progetto per creare pagine Wikipedia in lingua Mordovian (sia in Erzya che in Moksha). ed in Udmurtia, ci sono molti progetti linguistici interessanti, che cercano di migliorare la condizione di una lingua attraverso l'uso di internet.
Cosa bisogna fare? Questa è una domanda difficile, perché si tratta di una questione politica. Per esempio, queste leggi da lei menzionate sono pessime per le minoranze. Negli ultimi 20 anni, la legge russa è stata continuamente modificata a detrimento delle minoranze. Ma dobbiamo sperare in qualcosa di meglio. Magari ci sarà un cambiamento in Russia, chissà, forse presto, ed i politici russi prenderanno una direzione più democratica e pluralistica.