Petroliera venezuelana ritenuta “stabile”, ma Trinidad e Tobago chiede di affrettare il trasferimento del petrolio

La nave Nabarima, FSO (Unità galleggiante di produzione, stoccaggio e scarico) che rischia di affondare e causare un’enorme fuoriuscita di petrolio nel Golfo di Paria. Screenhot dal video caricato su Youtube dalla Fishermen and Friends of the Sea (FFOS), l’organizzazione non governativa di Trinidad e Tobago che ha dato l’allarme sulla situazione.

Questo articolo è stato inizialmente pubblicato su Cari-Bois News [en, come tutti i link successivi salvo dove diversamente indicato]. Una versione revisionata e aggiornata è stata ripubblicata qui nell’ambito di un accordo di condivisione dei contenuti con Global Voices.

Un team di tre persone inviato dal governo di Trinidad e Tobago per ispezionare la FSO Nabarima, un’unità galleggiante di produzione, stoccaggio e scarico di proprietà venezuelana con a bordo circa 1,3 milioni di barili di greggio, e inclinatasi su un fianco nel Golfo di Paria [it], ha stabilito che l’imbarcazione è in condizioni stabili, senza inclinazioni, pendenze o infiltrazioni d’acqua, e perciò con un rischio minimo di fuoriuscita di petrolio.

Tuttavia, Franklin Khan, Ministro dell’Energia della nazione delle isole gemelle, durante una conferenza stampa del 22 Ottobre ha ammesso che alla squadra, che ha trascorso circa tre ore e mezzo a bordo della nave, non è stato consentito di eseguire una valutazione tecnica approfondita:

We weren’t allowed to go with instruments as though we are regulators in the industry. We were making a trip that was coordinated by Ministry of Foreign Affairs. It was an international trip from one government to another and we were allowed to observe and take notes to ascertain the veracity of what they have been telling us.

Non ci è stato consentito di salire con gli strumenti nonostante fossimo enti di controllo del settore. Era un viaggio coordinato dal Ministero degli Affari Esteri. Si trattava di una trasferta internazionale da un governo a un altro e ci era stato dato il permesso di osservare e prendere appunti per accertare la veridicità di ciò che ci veniva detto.

A seguito di un tour guidato della FSO Nabarima, la squadra ha riferito che le stanze con motore, generatore, centrale termica, controllo macchine e controllo del serbatoio, così come il ponte principale, le pompe, la sentina e altre zone critiche della nave “sembravano essere a posto”.

La petroliera, che al momento è sottoposta a lavori di manutenzione, ha operato per un decennio nel Golfo di Paria [it], situato tra Trinidad e la costa orientale del Venezuela, stoccando petrolio procurato dal giacimento di Corocoro tramite una joint venture tra la Petróleos de Venezuela (PVDSA), compagnia petrolifera di proprietà dello stato venezuelano, e la multinazionale energetica italiana Eni [it].

Accelerare il processo

Nel frattempo, il governo di Trinidad e Tobago si sta raccomandando che il Venezuela trovi un modo per accelerare il processo di evacuazione del greggio a bordo della petroliera in modo da ridurre la probabilità di una fuoriuscita che, secondo gli ambientalisti, sarebbe disastrosa sia per gli ecosistemi marini che per le fonti di reddito.

Il trasferimento del greggio, attualmente in corso, potrebbe richiedere fino a 35 giorni per il suo completamento dal momento che comporta il pompaggio di 1,3 milioni di barili d’olio dalla FSO Nabarima a una chiatta che dovrà fare numerosi viaggi potendo trasportare solo 30.000 barili alla volta. La chiatta trasferirà poi il petrolio a un’altra petroliera, la Icaro, con una capacità di carico pari a 300.000 barili.

“Il periodo prolungato per lo svuotamento rappresenta esso stesso un leggero rischio, sebbene l’operazione sia ritenuta sicura”, ha spiegato Khan. Se si fosse usata un’imbarcazione più grande per il trasferimento da nave a nave, ha ipotizzato, l’operazione si sarebbe potuta completare nel giro di due giorni.

“Eventi accidentali”

Timori sull’integrità dell’imbarcazione sono stati portati all’attenzione pubblica il 24 Agosto, quando la Fishermen and Friends of the Sea (FFOS), organizzazione non governativa con sede a Trididad e Tobago, ha avvisato il Ministero dell’Energia e delle Industrie Energetiche (MEEI) per corrispondenza (e l’opinione pubblica con post sui social media) della presenza della petroliera “situata nelle acque venezuelane, con una capienza totale di 1,3 milioni di barili, apparentemente inclinata e a rischio di ribaltamento”.

Respingendo le accuse di mancanza di trasparenza del governo venezuelano sull’argomento, Khan ha affermato che le comunicazioni ufficiali dell’amministrazione del presidente venezuelano Nicolás Maduro sono state esplicite riguardo a due “eventi accidentali” accaduti agli inizi di Settembre.

Il primo era la “perdita di stabilità con un orientamento negativo di 3,5 metri” che aveva causato l’inclinazione di otto gradi dell’imbarcazione vista nelle fotografie condivise nei social media, e “una pendenza di sette gradi a tribordo dovuta a un’avaria del sistema di zavorra.”

Il ruolo delle sanzioni USA

A questa situazione di precarietà contribuiscono anche le sanzioni che il presidente americano Donald Trump ha imposto al Venezuela nel 2019, rendendo difficile per il paese la vendita del greggio stoccato a bordo della nave.

Secondo l’ex consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton, la mossa puntava a costringere paesi e aziende a scegliere se fare affari con gli Stati Uniti o con il Venezuela, con la consapevolezza che chiunque sostenesse l’amministrazione Maduro era passibile di nuove sanzioni.

Il ministro Khan è stato attento a dichiarare che Venezuela e Trinidad e Tobado godono di una “relazione amichevole” e ha ricordato ai connazionali che quando l’ormai defunta Petroleum Company of Trinidad and Tobago Limited (Petrotrin) aveva subito un’importante fuoriuscita di petrolio nel 2016, il Venezuela, che ne fu fortemente colpito per via della sua prossimità, offrì gratuitamente il proprio aiuto per le operazioni di bonifica.

Sebbene tra i due stati esista un trattato sulla delimitazione delle aree marine e sottomarine che stabilisce che un piano di emergenza in caso di fuoriuscita di petrolio possa essere invocato da entrambe le parti qualora constatino una possibile minaccia all’ambiente, il ministro Khan ha affermato che al momento Trinidad e Tobago “non ha le basi tecniche” per invocare il piano.

Risposta guidata da “un’azione diplomatica”

Amery Browne, Ministro degli Esteri e degli Affari Caricom, anche lui presente alla conferenza stampa, ha affermato che molto di quanto è stato fatto per affrontare il problema è avvenuto dietro le quinte:

A lot of diplomatic activity […] is not done in the full glare of the public and there is often use of more quiet channels to get our objective achieved and to a large extent, the objective has been achieved.

Buona parte dell’attività diplomatica […] non è portata avanti sotto i riflettori dell’opinione pubblica, e vi è spesso l’utilizzo di canali più discreti per far sì che l’obiettivo venga raggiunto e, in larga misura, l’obiettivo è stato raggiunto.

Tuttavia, mentre il giornalista di Trinidad B. C. Pires ha riconosciuto che la questione della petroliera “è, in termini strettamente legali, un problema venezuelano, e che solo il Venezuela è legalmente autorizzato a provare a risolverlo”, ha aggiunto che se il petrolio dovesse fuoriuscire, “scopriremo che non esistono acque “venezuelane” in un oceano, ma solo una precisa responsabilità legale del Venezuela per un disastro ecologico nettamente peggiore di un secolo di stagioni di uragani messe insieme”.

Fishermen and Friends of the Sea, nel frattempo, ha rilasciato una dichiarazione che ringraziava il governo per gli sforzi fatti finora ma che chiariva che sentiva che l’accordo bilaterale tra i due paesi avesse fallito e che ci fosse ancora implicato un rischio di alto livello. Chiedeva anche un’evidenza video della “stabilità” della nave poiché sosteneva che “in passato erano state usate immagini fuorvianti e ritoccate per fare propaganda”.

Un filmato della visita, successivamente fornito dal governo venezuelano, mostra un’imbarcazione dritta, sebbene il servizio di TV6 News di Trididad e Tobago sembra aver mischiato immagini prese dai video forniti da FFOS.

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