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Gestione esemplare? Quali esempi dovrebbero seguire i Paesi più colpiti dalla COVID-19?

Categorie: Angola, Australia, Etiopia, Germania, Hong Kong (Cina), India, Malesia, Taiwan (ROC), Citizen Media, Governance, Idee, Politica, Salute, Scienza, Sviluppo, COVID-19, The Bridge

[1]Articolo di Ian Inkster

Mentre la maggior parte dell'America, dell'Europa e di molti Paesi anglofoni affrontano un marasma di varie possibilità di azione disponibili mentre si avviano verso quella che è considerata la “seconda ondata” della COVID-19, i media continuano a menzionare un piccolo gruppo di Paesi come esempi di buona gestione della COVID da imitare.

Vanno subito chiariti due punti. Ormai da qualche tempo non è chiaro se questa nuova ondata sia l'effetto diretto di una mutazione del virus stesso o semplicemente un ciclo ‘umano’ che segue gli alti e bassi del rispetto del regolamento nella società. I picchi sono il risultato del lassismo della società? Il secondo punto riguarda la tesi del lassismo della società; si potrebbe sostenere che l'abilità di un Paese di frenare gli episodi della COVID e la sua mortalità sia un segno di buone capacità di governo. La buona gestione della COVID è quindi diventata un modo di misurare la validità e lo spettro delle politiche di un governo, della sua fermezza nel convincere i cittadini ad aderire alle regole e della sua capacità di adattarsi a mutamenti delle circostanze causati da cause esterne. Si può quindi sostenere che i buoni risultati nella gestione della COVID siano un indicatore di come un governo guiderà il proprio Paese nel recupero economico post-COVID. La posta in gioco può essere molto alta.

Di conseguenza, scegliere l'esempio migliore potrebbe riflettere una convinzione molto diffusa che un Paese in particolare abbia uno status più elevato all'interno della comunità internazionale. Dei buoni risultati nell'affrontare la Covid-19 possono essere visti dal resto del mondo come esempi di buon governo e ferma morale economica. Al contrario, il fallimento durante la “seconda ondata” può essere ora considerata un segno di uno Stato in fallimento. Lo abbiamo visto con la sconfitta alle elezioni di Donald Trump.

Chiaramente, i casi da prendere ad esempio non possono essere Paesi così piccoli da costituire casi a parte, altrimenti sarebbero posti come le Isole Falklands o la Groenlandia a dominare le classifiche. Questo significa mettere da parte anche altri Paesi che sono stati effettivamente lodati per i loro risultati, come Hong Kong e Singapore; vale anche per isole isolate e territori ampi con una popolazione poco numerosa, come l'Islanda, il Madagascar, la Finlandia e perfino la Norvegia. Per motivi ancora più ovvi, chi cerca esempi da seguire dovrà anche escludere i Paesi che non riportano i risultati dei test per milione, come il Burkina Faso che ha una popolazione di più di 24 milioni, un CM (numero di casi per milione) impressionante pari a 122 e un Dm (deaths per million o numero di morti per milione) straordinariamente basso, pari a 3, che però non riporta i risultati dei test. Ovviamente ci saranno Paesi che hanno avuto così pochi pazienti ricoverati o deceduti che non hanno effettuato per niente test, ma sono difficili da dividere chiaramente da quelli dove i casi sarebbero di più se fossero stati fatti test in maniera più sistematica.

Misurare l'esperienza della COVID-19 e scegliere i modelli

La tabella 1 qui sotto elenca i dati di 10 Paesi, 5 dei quali sono spesso presi ad esempio e 5 che non lo sono ma i cui dati meritano una seria considerazione. I dati a livello globale figurano nell'ultima riga, Fonte: Coronavirus Worldometer [2] [en, come i link successivi, salvo diversa indicazione].

La tabella 1 costituisce un ammonimento. Cm indica il totale di casi di Covid-19 per milione, Dm il numero totale di morti per milione, D/C è il numero di morti in proporzione ai casi registrati, che prenderemo come indicatore dell'effettivo tasso di mortalità; Tests/m è il numero di test per il coronavirus effettuati su un milione di persone. I numeri derivano dai totali del periodo che va dal 13 gennaio 2020, giorno del primo caso confermato in Giappone, all'11 novembre 2020.

I cinque Paesi presi comunemente ad esempio sono in grassetto e presentano esperienze molto diverse, stando ai loro stessi dati registrati in questo periodo. Appare chiaro che la Germania e la Svezia sono considerati esemplari, specialmente tra i Paesi occidentali, perché dimostrano di aver combattuto la Covid-19 con efficacia maggiore rispetto ad altri importanti Paesi europei (es. Regno Unito e Belgio, che hanno rispettivamente un Dm di 719 e 1,112) e agli Stati Uniti (Dm di 734). Hanno anche alcuni tra i risultati più alti di test per milione, specialmente la Svezia. Ma il principale problema del secondo Paese come esempio è che ha una popolazione molto minore e, insolitamente per i Paesi europei, un relativo isolamento geografico rispetto a Paesi con ampia diffusione della covid-1 come l'Italia. Per di più il D/C o tasso di mortalità della Svezia al 3,6% è in realtà il più elevato tra i 10 Paesi in questa tabella, nonostante un tasso elevato di test. Questo suggerisce un difetto nelle procedure di ricovero dopo la positivtà ai test, con una maggiore mortalità di conseguenza, o il risultato di una proporzione relativamente elevata di cittadini anziani; la popolazione sopra i 65 anni è del 20,3%, contro il 16% di Australia e Stati Uniti. Tuttavia quest'argomentazione viene seriamente indebolita osservando che la Germania ha una percentuale di popolazione anziana del 22.2% e il Giappone una ancora maggiore, pari al 28,2%. Entrambi i Paesi hanno un D/C pari a 1,7%. Data la piccola popolazione della Svezia, questo getta qualche dubbio su di essa come esempio di gestione della covid-19.

Questo fa della Germania il caso migliore tra i Paesi europei, in particolare dato che, al contrario della Svezia, confina con Paesi molto colpiti dalla COVID-19 come il Belgio, la Francia e i Paesi Bassi (Dm pari rispettivamente a 1185,  651 e 484).

Fuori dall'Europa: le problematicità

Ma a una prima occhiata nessuno dei contendenti europei può rivaleggiare con Australia, Giappone e Taiwan, tutti Paesi con un Dm straordinariamente basso (Taiwan con il suo ineguagliato 0,3%) e Cm molto più bassi. L'apparente debolezza del caso giapponese e di quello taiwanese è il loro basso livello di test per milione. A parità di altri fattori, questo significa che un basso numero di casi testati porta a un basso numero di “casi registrati”, se un Paese si affida ai risultati dei test come fonte principale per le indagini sulla Covid, anziché sulla raccolta di dati ufficiali forniti da ospedali e medici di base su pazienti a cui è stato diagnosticato il virus. Questo non è certo un netto rifiuto. È possibile e certamente comprensibile che un Paese con una bassa diffusione di covid non senta la stessa esigenza di test di massa di Paesi con un problema ovviamente gravo. È degno di nota che sia gli Stati Uniti che il Regno Unito abbiano la più alta proporzione di test effettuati tra i Paesi più grandi, circa il 50% della popolazione. Dato che il numero di test dice poco della qualità delle procedure, ci sono buone ragioni di tenere in grande considerazione Taiwan e Giappone.

L'Australia non ha questo problema, dato che i suoi tassi di test sono tra i più alti del mondo, decisamente superiori a quello della Germania. Il suo Dm è straordinariamente basso. L'unico problema è costituito dal carattere inusuale della demografia (un'alta proporzione della popolazione vive sulle coste), dall'assenza di confini terrestri, il suo relativo isolamento da tutte le zone critiche per la COVID-19 e la sua abilità di chiudere i confini nonostante l'alto numero di turisti e rapporti di lavoro. Queste caratteristiche non possono essere semplicemente emulate, ma potrebbero aver determinato il successo nel tamponare il virus più di qualunque altra misura, singola o parte di un piano speciale di interventi ufficiali.

C'è altro dire sul motivo per cui alcuni Paesi appaiono più esemplari di altri, a dispetto dei loro dati direttamente collegati alla COVID-19. Questo viene affrontato in tre righe nella Tabella 1. Pol-FrR [3] fornisce un indicatore di libertà politiche tra Paesi, misurate negli anni dal 1973 da Freedom House [4], di base a Washington DC. Le cifre costituiscono un indice con 100 (Svezia) in cima tra tutti i maggiori Paesi. Nella nostra Tabella 1 il simbolo * indica tutti i Paesi definiti dalla Freedom House “democrazie elettorali”; possiamo vedere come tutti i 5 Paesi più esemplari siano in questa categoria e ognuna di queste si trova nell'indice Pol-FrR tra la posizione 93 e 100. I 5 Paesi esemplari costituiscono un gruppo democratico che condivide una serie di indicatori, attributi di una cultura politica, visti come esemplari da molti Paesi.

Nonostante Taiwan, con la sua straordinaria gestione della covid, non sia ufficialmente riconosciuto come Paese indipendente dagli altri 4 all'interno di questo gruppo, le sue caratteristiche vi si adattano perfettamente. La colonna PPP mostra che questi sono tra i Paesi industrializzati più ricchi e affermati al mondo e le valutazioni del loro carattere esemplare da parte dei maggiori media mondiali riflettono certamente una sorta di club culturale. La colonna PPP indica una misura della Banca Mondiale del potere d'acquisto pro-capite, che adatta il semplice reddito pro-capite al conto delle differenze del costo della vita, rimpiazzando i normali tassi di scambio con quelli pensati per uguagliare i prezzi di un “paniere di beni” standard e servizi.

L'indice è basato sugli Stati Uniti come 100. Mi sembra sufficientemente chiaro che i casi esemplari scelti, liberi e democratici, sono visti come quelli appropriati da emulare e che sia per questo che i media hanno creato mantra come “lezioni da imparare” o “seguire la scienza” e così via. Questo viene confermato nella colonna Econ-Fr [5], che fornisce un indice di libertà politiche nel 2020 calcolato dalla Heritage Foundation [6] a Washington, nel suo lungo Indice di libertà economica 2020, disponibile gratuitamente, dove Singapore domina la classifica con un 89,4, l'Australia è quarta con 82,6, la Svezia compare al ventiduesimo posto con 74,9 e così via. Questo gruppo è quindi considerato esemplare, nonostante le grandi differenze nella gestione della pandemia al suo interno, sulla base di una cultura globale in cui, attraverso i media internazionali, il liberalismo di mercato con alti profitti ha lo status di valore più elevato tra i Paesi del mondo. Questo status comporta anche concetti di veridicità, integrità e elevata fiducia, vantaggi secondari degli alti profitti.

Si potrebbe quindi sostenere la nozione di ciò che appare una nazione esemplare in un mondo di covid non sia basata principalmente sui risultati ottenuti nella pandemia ma su prove parziali di risultati nella gestione della pandemia e prove ben più sostanziali di uno status nazionale elevato tra gli altri Paesi del mondo. Perciò, nonostante tutte le avvertenze e le controindicazioni osservate in questo paper, sembra che nel gruppo di Paesi esemplari continueranno a esserci Paesi molto diversi.

Oltre il limite: un'altra prospettiva sulla migliore prestazione durante la pandemia

Gli altri 5 Paesi sono una storia completamente diversa. Anche se Polonia e India sono entrambe democrazie parlamentari, condividono con questo gruppo, in cui figura l'Etiopia, uno dei Paesi più poveri al mondo, un reddito pro-capite molto più basso. Tutti hanno livelli minori di libertà politiche ed economiche, ma anche una ottima performance nella gestione della pandemia, come vediamo nelle colonne Dm e D/C, e generalmente numeri ragionevoli di test per milioni (il caso peggiore è l'Angola, che però supera le cifre di Taiwan!). Questi non sono Paesi piccoli dal punto di vista demografico e di conseguenza meritano una certa attenzione come possibili casi esemplari.

Con il suo ampio Cm, la Polonia potrebbe sembrare inizialmente un candidato improbabile, ma il suo numero è uguale a quello della Svezia e molto inferiore a quello dello Spagna (29.692), della Francia (26.769) o dell'enorme numero del Belgio ovvero 42.547. I suoi test per milione superano quelli del Giappone. Il tasso D/C ratio è molto basso, molto inferiore a quello del Regno Unito, Italia, Francia e perfino della Germania. Confina con 7 Paesi con un livello alto o incerto di covid, come la Repubblica Ceca. E naturalmente è un Paese europeo. Potremmo perfino suggerire che non sia mai stata vista come esemplare in Occidente a causa della sua distinzione culturale del basso redito pro-capite, pari a quello della Malesia, e i suoi livelli di libertà politica ed economica inferiori a quelli del gruppo comunemente accettato come esemplare. Naturalmente lo stesso si può dire di Etiopia e Angola. La causa più probabile dei loro bassi livelli di covid è la mancanza di infrastrutture necessarie per condurre test efficaci e e il basso numero di anziani nella popolazione, principalmente a causa del basso reddito. Come osservato in precedenza, questo fattore sarebbe sufficiente ad abbassare i tassi di mortalità. India e Malesia sono di gran lunga gli esempi più probabili da seguire. L'enorme popolazione ed estrema povertà dell'India, entrambe notate nella Tabella 1, non ha inibito il basso Cm e i tassi di mortalità particolarmente bassi. In quanto democrazia parlamentare ben affermata, l'India ha un livello relativamente alto di libertà politica, anche se la sua determinazione a continuare a pianificare l'alta crescita economica (un tasso di grescita annuale del PIL pari al 7% dal 2012) significa che il governo non permette alle forze del mercato di controllare la produzione e distribuzione di beni e servizi. Grazie alla distribuzione per età ma tenendo conto della sua enorme popolazione, l'India potrebbe essere vista come uno dei Paesi esemplari con un basso tasso di covid.

La Malesia come migliore esempio?

Come caso esemplare in molti sensi, la Malesia è stata tra i Paesi più trascurati dai commentatori dei mass media internazionali. Eppure con i suoi livelli relativamente alti di libertà economica ha ottenuto statistiche impressionanti di covid basate su livelli ragionevoli di test. In questo è stata aiutata dal fatto di confinare con Paesi a bassa incidenza di coronavirus, come Indonesia (Dm a 55) o Thailandia (Dm a 0.9 e solo 3,861 casi totali!). I suoi livelli di Dm e D/C sono degni di nota. Inoltre la sua storia di difesa dal coronavirus mostrano un'alacrità e un ingegno superiori a quelli della maggior parte dei Paesi occidentali. Dopo che il primo caso in Thailandia era stato reso pubblico il 13 gennaio, erano stati previsti degli screening in tutti gli aeroporti e la Malesia ha riportato il suo primo caso solo il 25 gennaio, molto dopo Giappone, Corea del Sud, Stati Uniti e Taiwan. Gli scanner termici sono stati adottatti presto. Sotto l'Ordine di controllo dei movimenti del 18 marzo il governo, con una buona collaborazione da parte dei media, ha diffuso attivamente le istruzioni di #restareacasa, ONG e detenuti delle prigioni hanno fabbricato DPI per le persone in prima linea nella lotta alla malattia e a febbraio è stato avviato un sistema di contributi economici per prevenire una piena crisi economica. La Malesia ha accettato presto le prove fornite dalla Cina per cui la pandemia poteva essere contenuta isolando gli individui infetti e praticando il distanziamento sociale. Per finanziare nuovi ospedali e creare scorte di medicina, il Ministero della Salute e la compagnia elettrica nazionale Tenaga Nasional Berhad (TNB) ha stabilito una “coalizione di azione” per ottenere aiuti finanziari da parte di società private, società legate al governo (GLC) e altre organizzazioni malesi, una forma di finanziamento di settore privato e pubblico che l'Occidente non ha ancora sfruttato a pieno. Il governo ha frenato qualunque divisione tra settore privato e pubblico, reclutando sostegno diretto dai social media e le ONG (non aziende private) sono state impiegate fin dall'inizio per fornire maschere protettive e camere di decontaminazione e a informare i cittadini sulla covid-19. L'11 aprile la Malesia ha riportato un totale di 4.346 casi di cui 1.830 guariti, una proporzione del 42%, Oggi quei numeri sono rispettivamente 32.969 e 45.095, una proporzione del 73%.

Le autorità malesi hanno riconosciuto il problema chiave degli anziani nelle case di cura molto prima di Paesi come il Regno Unito. Già dal 27 marzo le autorità malesi hanno introdotto il pacchetto di incentivi economici Prihatin (PRIHATIN), stanziando 25 milioni di ringgit per fornire forme di assistenza alle case di riposo, tra cui l'elargizione di contanti, di alimentari e dispositivi sanitari, nonché un pagamento di 250 ringgit per i pensionati pubblici. La Malesia ha diretto molto prima una proporzione molto più alta delle sue estremamente limitate risorse ad aiutare gli anziani rispetto ai Paesi occidentali, venendo chiaramente ricompensata da un Dm e delle statistiche D/C molto alte.

Al di là delle affermazioni casuali: scegliere con consapevolezza

L'esempio malese mostra nel dettaglio la varietà di risposte positive prese in Paesi fin qui non considerate esemplari, ma che mostrano risultati nella gestione della covid-19 molto superiori a quelli di Paesi molto più ricchi. Di per sé queste prove non sono sufficiente a scegliere un caso esemplare. Scegliere un caso esaminando singoli casi difficilmente può essere di grande aiuto. Ma ciò che appare chiaro è che i casi esemplari globali non devono avere le stesse strutture politiche, lo stesso reddito o la stessa ideologia economica. Sarebbe meglio che ogni Paese esamini le proprie circostanze e selezioni elementi che ritiene appropriati. L'opzione migliore potrebbe essere considerare un quadro più globale, ma tenere in particolare considerazione le differenze di reddito, distribuzione dell'età, caratteristiche delle frontiere, densità e livelli di urbanizzazione e di inquinamento atmosferico. Elementi di questo genere potrebbero guidare la scelta verso Paesi con circostanze simili, di cui il caso esemplare potrebbe essere quello con la migliore gestione di covid tra loro. Ma non bisogna saltare a conclusioni affrettare!

Elementi come distribuzione dell'età o confini possono essere misure ragionevolmente riconoscibili e oggettive. Sistemi politici e politiche, al contrario, cambiano a seconda delle amministrazioni (negli Stati Uniti possiamo aspettarci degli sviluppi). L'unica via d'uscita da questo dilemma è innanzitutto ammettere che l'incidenza e la mortalità della COVID-19. Anche solo per questa ragione, un caso esemplare di covid potrebbe non essere un caso esemplare di vita politica e civile, specialmente non secondo la definizione delle autorità delle democrazie parlamentari. Forse scegliere tra Australia e Giappone, tra India e Malesia, non dovrebbe essere così normativo. Forse bisognerebbe valutare l'apparente performance nella pandemia nel contesto di tutti gli elementi, ammettendo che le politiche di un governo potrebbero non essere quello più importante.

Il professor Ian Inkster è uno studioso di storia internazionale e economista politico alla SOAS, Università di Londra, che ha insegnato e fatto ricerca presso varie università in Inghilterra, Australia, Taiwan e Giappone. È l'autore di 13 libri sulle dinamiche asiatiche e globali con una particolare attenzione sullo sviluppo industriale e tecnologico, nonché editor di History of Technology dal 2000. Tra i suoi prossimi libri ci sono Distraction Capitalism: The World Since 1971 e Invasive Technology and Indigenous Frontiers. Case Studies of Accelerated Change in History, con David Pretel. Potete seguirlo su Twitter: @inksterian [7].