A marzo dell'anno scorso, il governo ugandese si è unito alla lotta mondiale contro la COVID-19 con misure e restrizioni rigide per controllare la diffusione del virus nel paese.
Mentre i cittadini si rivolgevano a internet come ancora di salvezza per accedere alle novità fondamentali circa le disposizioni per il coronavirus, scambiare opinioni e condividere informazioni locali, il governo ha attivato parecchie leggi informatiche per criminalizzare la condivisione di “informazioni false”, includendo il Computer Misuse Act (2011), il quale regola il flusso e lo scambio di informazioni negli spazi digitali.
In un paese dove le autorità reprimono già severamente i media, le voci dissidenti e gli oppositori del governo, tale aumento circa la criminalizzazione di disinformazione e di informazioni sbagliate durante la pandemia ha violato i diritti di libertà di espressione e accesso alle notizie dei cittadini.
Nei giorni che precedevano le elezioni presidenziali del 14 gennaio 2020, il governo ha anche utilizzato le restrizioni per la COVID-19 come scusa per prendere di mira i politici dell'opposizione, limitando le masse e le manifestazioni durante la campagna elettorale. Secondo quanto riferito, due giorni prima dell'elezione, il governo avrebbe indicato a tutti i fornitori di servizi internet di bloccare tutti i social media.
Fin dall'inizio della pandemia, il 22 marzo 2020, la Commissione per la Comunicazione dell'Uganda (UCC) ha rilasciato una comunicazione stampa di avviso riguardo la diffusione di “informazioni false”, mirata alla criminalizzazione di disinformazione.
Tramite l'account Twitter ufficiale dell'UCC, la commissione ha dichiarato:
Public Advisory Notice on Circulation of Fake Information pic.twitter.com/z1Lv0h8VxN
— UCC (@UCC_Official) March 22, 2020
Informativa pubblica sulla Diffusione di Informazioni False.
“Quello stesso mese, l'UCC ha inoltre scritto a tre case mediatiche, ovvero la BBS, NTV Uganda e Spark TV, accusandole di mandare in onda contenuti che avrebbero potuto “confondere, deviare e fuorviare i cittadini ignari rispetto a l'ottemperanza delle linee guida pubblicate dalle autorità governative pertinenti circa il coronavirus”.
A complicare le cose, le definizioni e le applicazioni di tali leggi erano ampie e vaghe, consentendo allo stato di utilizzarle per aumentare i propri interessi.
I cittadini che hanno criticato la risposta del governo in merito alla COVID-19 o che hanno condiviso preoccupazioni e lamentele attraverso i social media hanno dovuto affrontare sempre più arresti e intimidazioni. Giornalisti, difensori dei diritti umani e blogger sono stati particolarmente bersagliati per aver condiviso “informazioni non verificate” circa il virus.
Un reportage del 2020 sullo stato della libertà di internet in Africa durante la pandemia mette in luce alcuni di questi casi:
Adam Obec, un ex impiegato della Kampala Capital City Authority (KCCA) è stato arrestato il 13 aprile 2020 per aver propagato informazioni false riguardo la COVID-19. Obec aveva distribuito e diffuso informazioni sui social media dichiarando che l'Uganda aveva registrato il suo primo caso di morte per COVID-19 nel distretto di Koboko. Apparentemente la dichiarazione ha innescato paura e panico nella comunità, oltre ad aver compromesso lo sforzo del governo nella lotta contro il virus.
Quello stesso mese, lo scrittore e attivista per i diritti umani Kakwenza Rukirabshaija è stato arrestato probabilmente per il suo post di Facebook del 6 aprile 2020 in cui ha criticato le severe restrizioni per la COVID-19 del presidente Yoweri Museveni. Nel post ha scritto:
Museveni, be serious otherwise you won't love the comeuppance of your warped directives. If the country plunges into the…
Posted by Kakwenza Rukirabashaija on Monday, April 6, 2020
Museveni, faccia sul serio, altrimenti non le piacerà la punizione che le sue direttive contorte meritano. Se il paese precipita nell'abisso della carestia nei prossimi mesi, non incolpi il coronavirus, ma se stesso e i suoi metodi bigotti.
Rukirabashaija è stato accusato di “aver commesso un gesto che avrebbe potuto diffondere il virus”, secondo un reportage della Freedom House sul paese. Il suo post avrebbe presumibilmente violato la Sezione 171 del Codice Penale, capitolo 120. Il 6 maggio, Rukirabashaija è stato rilasciato su cauzione dal valore di 10 millioni di scellini ugandesi, ovvero 2700 dollari.
L'11 dicembre 2020, intervistato su WhatsApp, Rukirabashaija ha detto a Global Voices che sospetta che il suo arresto per le accuse circa la COVID-19 fossero inerenti al suo libro, “The Greedy Barbarian”, un lavoro d'immaginazione che esplora la corruzione di alto livello.
Samson Kasumba, un conduttore televisivo dell'NBS TV, è stato arrestato il 20 aprile 2020 senza alcuna accusa formale e poi rilasciato. Le autorità non hanno fornito dettagli in merito al suo arresto, ma il suo lavoro come giornalista, che includeva altre “attività apparentemente sovversive”, si pensa sia stata una delle cause, secondo Freedom House. Ci sono dei dubbi in merito al fatto che i post su Facebook di Kasumba riguardo la COVID-19 scritti solo qualche giorno prima del suo arresto, possano essere un fattore. Tuttavia, durante un'intervista rilasciata il 7 gennaio 2021, Kasumba ha affermato a Global Voices di essere sicuro che il suo arresto è stato dovuto a qualcos'altro, e non per un post su Facebook.
‘La politica su tutto’
Gli arresti relativi alla COVID-19 segnalano che qualsiasi contenuto al suo riguardo, considerato critico durante l'intervento del governo contro il virus, potrebbe essere punibile dallo stato.
Anthony Masake, un funzionario operativo al Chapter Four Uganda, un'organizzazione per i diritti digitali, in un'intervista rilasciata il 14 dicembre 2020 ha detto a Global Voices che le azioni dell'UCC hanno incoraggiato l'autocensura tra la popolazione, e che i cittadini sono obbligati ad accettare le informazioni rilasciate dal governo come una “sacrosanta verità”. Di conseguenza, il pubblico è riluttante nel parlare apertamente e ritenere i leader responsabili, afferma Masake.
Il governo dà priorità alla politica su qualsiasi altra cosa, secondo Kiiza Eron, un avvocato per i diritti umani presso Kiiza e Mugisha Advocates. L'11 dicembre 2020, durante un'intervista WhatsApp con Global Voices, Eron ha affermato che le regole per la COVID-19 sono diventate “lo strumento perfetto per criminalizzare il dissenso”, e che il governo sta dimostrando la sua intolleranza alla critica e all'opposizione, applicando in modo selettivo il controllo del diritto penale nel contesto della pandemia. Ha sottolineato che solo i membri dell'opposizione politica, i media e la società civile sono stati presi di mira. “I funzionari del partito al potere, che hanno abitualmente infranto le regole della COVID-19, possono fare ciò con anonima immunità”.
Mentre le autorità hanno represso il dissenso negli spazi digitali, anche gli agenti della sicurezza hanno attaccato i giornalisti e i canali mediatici cercando di coprire la storia sulla COVID-19 in ogni modo, portando alla censura tramite la copertura della pandemia.
Ad esempio, il 10 marzo 2020, Julius Ocungi, il direttore dell'Uganda Radio Network “è stato schiaffeggiato, preso a pugni e a calci” dagli agenti di sicurezza per aver provato a scattare delle foto al personale della sicurezza che chiudeva un bar del posto nel distretto d Kitgum, nel nord dell'Uganda, a seguito di un lockdown per la COVID-19. La fotocamera di Ocungi è stata confiscata e successivamente è stato obbligato a eliminare le foto. Ha cercato di depositare un caso formale circa l'incidente, il che è stato poi rifiutato da molteplici autorità.
Masake, a Chapter Four, ha riportato l'arresto di parecchi altri giornalisti quali Tom Gwebayanga di New Vision, Alfred Nyakuni, e Felix Warom Okello di Daily Monitor, tutti bersagliati per aver coperto i loro dati sul coronavirus.
Nel frattempo, il governo ha ampiamente utilizzato i social media per aumentare l'accesso alle informazioni e sensibilizzare riguardo il virus. Il Ministro della Salute ha impiegato principalmente il suo account Twitter per condividere aggiornamenti sulla pandemia.
Ironicamente, i protagonisti politici sono spesso dei produttori e conduttori significativi di disinformazione. Le autorità del governo giocano un ruolo cruciale nel contrastare la disinformazione nel suo nucleo attraverso una chiara legislazione e la controcomunicazione. In un periodo in cui le informazioni sulla COVID-19 sono ancora in sviluppo, la percezione pubblica del virus può facilmente portare alla disinformazione.
Durante la pandemia, l'accesso online alle informazioni è stato essenziale per la salute pubblica. Restringere il flusso e l'accesso delle informazioni circa la COVID-19 attraverso delle leggi informatiche esistenti, nega ai cittadini il diritto di esprimersi liberamente e scambiare idee online.
Dato che le informazioni sulla COVID-19 sono in sviluppo, i cittadini hanno l'obbligo di essere istruiti e informati riguardo al virus, oltre a sapere come verificare i fatti e discernere le informazioni o le novità false. I professionisti dei media hanno la responsabilità di sottolineare e riferire circa le infrazioni dei diritti digitali nell'ambito della lotta contro la diffusione della COVID-19 in Uganda.
Questo articolo fa parte di una serie di post che esaminano le interferenze con i diritti digitali durante il lockdown e non, nell'ambito della pandemia della COVID-19 in nove paesi Africani: Uganda, Zimbawe, Mozambico, Algeria, Tunisia, Tanzania e Etiopia. Il progetto è finanziato dall'Africa Digital Right Fund for The Collaboration on International ICT Policy for East and Southern Africa (CIPESA).