In Tanzania il negazionismo sulla COVID-19 imperversa e limita l'accesso alle informazioni sanitarie pubbliche

Un uomo in Tanzania guarda il cellulare, 9 dicembre 2018. Foto di Riaz Jahanpour, per USAID Tanzania / Digital Development Communications via Flickr, CC BY 2.0.

In Tanzania il nuovo coronavirus è stato rilevato per la prima volta a metà marzo 2020. Dopo che alla fine di aprile si è registrato un picco di contagi, ben 509 casi e 21 decessi [en, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione], a giugno il paese ha annunciato di essere diventato covid-free.

Sempre a giugno il primo ministro Kassim Majaliwa ha riferito al parlamento che sono solo 66 i casi di coronavirus attivi nel paese, senza però fornire ulteriori dettagli.

Da allora il governo non ha più proferito parola sul coronavirus e ha perseguito una dura politica negazionista, non pubblicando dati su contagi e decessi.

Ad oggi, la maggior parte delle attività continua a lavorare normalmente, compresa l'industria del turismo, che attira migliaia di visitatori negli aeroporti, dove però i protocolli di salute pubblica in vigore prevedono misure poco restrittive.

L'aeroporto di Zanzibar ha ottenuto il punteggio minimo di due stelle per le misure di sicurezza anti-covid nella Valutazione della sicurezza aeroportuale COVID-19 di Skytrax, l'unico programma al mondo per la valutazione e certificazione delle misure di sicurezza aeroportuali durante la pandemia. Secondo il report stilato dalla società britannica, “sono stati confermati due nuovi casi riconducibili alla variante sudafricana nel virus: si tratta di due passeggeri provenienti dalla Tanzania che il 19 gennaio erano su un volo diretto in Danimarca”.

L'attesissimo festival di musica africana Sauti za Busara si terrà, come ogni anno, a metà febbraio a Zanzibar, grazie al sostegno della Delegazione dell'Unione Europea in Tanzania e di diverse ambasciate europee, nonostante gli elevati rischi connessi alle ben più contagiose varianti di Regno Unito, Sud Africa e Brasile.

Il 24 gennaio scorso, l'Arcidiocesi Cattolica di Arusha ha scritto una lettera per mettere in guardia la comunità dei fedeli sull'esistenza della COVID-19 in Tanzania, esortandola a osservare tutte le misure di salute pubblica [sw] necessarie a contrastare la circolazione del virus nelle chiese.

Se in Tanzania il numero di casi registrati è moderato rispetto ad altri paesi, il silenzio del governo sui dati della pandemia desta notevole preoccupazione tra gli esperti di salute pubblica e gli attivisti dei diritti umani, a cui è proibito parlare o discutere della COVID-19 online.

Nel luglio scorso, il paese ha aggiornato il Regolamento sulle comunicazioni elettroniche e postali (contenuti online) approvato nel 2018, in cui si introduce il divieto di diffondere “contenuti con informazioni relative alla comparsa di una malattia contagiosa o mortale nel paese o altrove senza il consenso delle autorità competenti”.

Malgrado le iniziali restrizioni finalizzate al contenimento della diffusione del virus, oggi scuole, università, uffici e altri esercizi pubblici sono tornati alle loro normali attività, sebbene il virus continui a dilagare nel paese.

Il presidente John Magufuli ha sollevato dubbi circa l'affidabilità dei tecnici di laboratorio e delle strumentazioni che utilizzano in seguito a presunti test segreti eseguiti su una capra e una papaya che avrebbero dato esito positivo. Il presidente ha dichiarato che la divulgazione di questi dati ha generato un panico immotivato. Poco dopo ha licenziato Nyambura Moremi, direttore del servizio nazionale di laboratorio tanzaniano, per aver falsificato i risultati dei test e ha sciolto il gruppo ministeriale per la gestione delle informazioni sulla COVID-19.

A giugno Magufuli aveva ringraziato Dio per aver debellato il virus in Tanzania dopo tre giorni di preghiera nazionale. Lo ha annunciato pubblicamente durante la funzione domenicale dinnanzi a una folla in giubilo, sostenendo che Dio aveva ascoltato le loro preghiere. Ha inoltre elogiato i presenti per non aver indossato le mascherine, malgrado gli accorati appelli dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ad indossarle per prevenire la diffusione del virus.

Magufuli, soprannominato “il bulldozer” per le sue salde posizioni anticorruzione, è stato rieletto per un secondo mandato a ottobre 2020, durante delle elezioni che hanno suscitato aspre critiche per le modalità di repressione del dissenso e dell'opposizione adottate.

Poco prima delle elezioni, la Tanzania ha subito un internet shutdown che ha visto oscurati tutti i principali social network, tra cui Instagram, WhatsApp e Twitter. Ad oggi molti tanzaniani non possono ancora accedere a Twitter senza una VPN (rete virtuale privata).

Negli ultimi cinque anni, l'amministrazione Magufuli ha imposto limitazioni alla democrazia e alla partecipazione civica e ha assestato un duro colpo alla libertà di espressione e all'accessibilità delle informazioni online.

A causa della politica negazionista del governo, in Tanzania non è consentito pubblicare dati relativi alla COVID-19 che non siano prima stati verificati dal governo, il che significa che tanto ai cittadini ordinari quanto ai giornalisti e ai medici è proibito pubblicare commenti online o avere accesso a informazioni sul virus.

Secondo un medico dell'ospedale nazionale, che ha parlato a Global Voices in condizione di anonimato per timore di possibili ritorsioni, l'accesso alle informazioni relative alla COVID-19 è diventato un “privilegio elitario”.

A differenza di altri paesi che hanno istituito gruppi per la gestione delle informazioni sulla COVID-19 che si occupano di fornire aggiornamenti sulla pandemia su base giornaliera, la Tanzania ha messo a disposizione solo un sito web con informazioni limitate e non aggiornate.

Il negazionismo del governo è stato convincente al punto che perfino molti esperti non si attengono alle misure di sicurezza di base, come l'uso della mascherina e il distanziamento sociale.

Global Voices ha visitato alcuni dei principali ospedali, come il Muhimbili National Hospital, ospedale di riferimento del governo con sede a Dar es Salaam, capitale culturale del paese, e il Benjamin Mkapa Hospital con sede a Dodoma, capitale politica, e ha constatato le scarse misure preventive adottate per fermare la diffusione del coronavirus.

È consentito entrare nei locali ospedalieri senza indossare la mascherina, ci sono pochi servizi igienici e quei pochi sono rotti o sprovvisti di acqua, come nel caso dell'ambulatorio di ostetricia del Muhimbili.

Se l'amministrazione Magufuli ha manifestato scarsa preoccupazione per l'impatto del virus sulla vita dei cittadini, molti ministeri e dipartimenti riconoscono invece l'esistenza della COVID-19.

Il ministro delle finanze invita i suoi collaboratori a prendere precauzioni contro il coronavirus ma, al tempo stesso nega che la COVID-19 sia un problema in Tanzania. Screenshot da Mwananchi Newspaper.

Ad esempio, in occasione del giuramento di Magufuli per il suo secondo mandato, le autorità hanno attuato tutte le misure anti-COVID-19 previste, chiedendo che tutti i partecipanti si misurassero la temperatura e si igienizzassero le mani con l'apposito gel disinfettante.

Il 25 gennaio scorso il ministro delle finanze Philip Mpango ha invitato i suoi collaboratori a prendere precauzioni contro la COVID-19, ma al tempo stesso, durante un incontro a Dodoma, capitale della Tanzania, ha negato la presenza del virus nel paese.

Molti esperti hanno paura a dire la propria per timore di ritorsioni.

Global Voices ha incontrato un esperto che sostiene che la Tanzania stia attraversando una seconda ondata pandemica, informazione che il governo avrebbe taciuto al pubblico. L'esperto non vuole essere nominato, sempre per paura di subire ritorsioni.

Un altro esperto, sempre in condizioni di anonimato, ha detto a Global Voices che è importante che le persone siano consapevoli della situazione sanitaria del proprio paese in modo da adottare le misure necessarie a prevenire la diffusione del virus nelle comunità in cui vivono. Ha inoltre affermato che il fatto che la popolazione non abbia accesso alle informazioni complica notevolmente il loro lavoro e spera che l'intera popolazione si protegga dal contagio seguendo le precauzioni suggerite dall'OMS. Ecco quanto ha detto a Global Voices:

Politicians have taken over the whole COVID[-19] issue and they are playing a dangerous game, but when people will start dying they will start sacking medical staff.

I politici hanno assunto il pieno controllo della questione COVID-19 e stanno giocando col fuoco, ma quando la gente inizierà a morire, inizieranno a licenziare il personale sanitario.

Un altro medico che ha parlato con Global Voices in forma anonima ha affermato che sebbene ci sia la speranza di ottenere il vaccino, la politica negazionista della Tanzania potrebbe ritardare l'accesso al vaccino in quanto il governo non si è in alcun modo attivato per acquistarlo sul mercato internazionale, preferendo investire su rimedi naturali.

A dicembre 2020, Gerald Chamii, portavoce del Ministro della salute, ha messo in discussione la sicurezza dei vaccini internazionali e rivolgendosi ai paesi dell'Africa orientale ha dichiarato:

It takes not less than six months to find a vaccine or cure for a certain disease. We have fared on our own since the pandemic spread, I am not sure if it is wise to have a vaccine imported and distributed to the citizens without undertaking clinical testing to approve if it is safe for our people.

Ci vogliono non meno di sei mesi per trovare un vaccino o una cura per una malattia. Ce la siamo cavata contando solo su noi stessi sin dall'inizio della pandemia. Non sono certo che sia saggio importare e distribuire un vaccino senza prima eseguire dei test clinici per appurare che siano sicuri per la nostra popolazione.

Garantire l'accesso alle informazioni è essenziale per la democrazia e lo sviluppo. Le normative in materia di accesso ai servizi informatici sono state calpestate per colpire i dissidenti e tutti coloro che hanno criticato la gestione dell'emergenza COVID-19 da parte del paese.

La libertà di espressione, e con essa il diritto ad accedere, ricevere e trasmettere informazioni, è sancito dal diritto internazionale. In Tanzania, il diritto ad accedere, ricevere e trasmettere informazioni è riconosciuto agli articoli 18(1) e 18(2) della Costituzione della Repubblica Unita di Tanzania.

Ciononostante, questi diritti sono sanciti sulla carta ma non nei fatti.

A causa del negazionismo imperversante e delle leggi attualmente in vigore, che impediscono il libero scambio di informazioni e opinioni sulla pandemia sia online sia offline, i tanzaniani hanno accesso limitato alle informazioni e hanno paura di parlare apertamente.


Questo articolo fa parte di una serie di post che prendono in esame il tema dell'interferenza nei diritti digitali durante il lockdown e durante la pandemia della COVID-19 in nove paesi dell'Africa: Uganda, Zimbabwe, Mozambico, Algeria, Nigeria, Namibia, Tunisia, Tanzania ed Etiopia. Il progetto è finanziato dalla Africa Digital Rights Fund of The Collaboration on International ICT Policy for East and Southern Africa (CIPESA).

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