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La Cina blocca Clubhouse dopo che gli utenti in rete hanno discusso di Xinjiang e Tiananmen

Categorie: Asia orientale, Cina, Hong Kong (Cina), Taiwan (ROC), Censorship, Citizen Media, Cyber-attivismo, Diritti umani, Libertà d'espressione, Politica
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Immagine presa da Stand News. Utilizzata con permesso.

L'8 febbraio la Cina ha bloccato Clubhouse, il social network “solo audio” con base negli Stati Uniti, che gli utenti di rete della Cina continentale hanno utilizzato per discutere su temi politicamente sensibili lontani da occhi indiscreti.

Lanciato nel 2020, Clubhouse è il sito di social network in più rapida crescita [2] [en, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione] del mondo intero. Gli utenti — che attualmente oltrepassano i 2 milioni – possono aprire chat room private per gli amici o entrare in chat room pubbliche che ospitano fino a 5.000 persone. L'iscrizione all'app è ancora solo su invito e disponibile solo per iOS. 

Sebbene l'applicazione non sia disponibile nell'Apple Store cinese, gli utenti della Cina continentale riescono tuttavia a scaricarla cambiando la localizzazione nel loro telefono. Secondo quanto si dice, i codici d'invito sono stati venduti su Taobao [1] [zh], un Marketplace online, tra i 10 e i 50 dollari statunitensi.

Durante un brevissimo frammento di tempo Clubhouse è riuscito ad aggirare il Great Firewall, e durante il weekend vari giornali hanno riportato l'esistenza di chat room con nomi come “ci sono campi di concentramento a Xinjiang?” (新疆有個集中營?e “Amici dal Tibet e da Xinjiang, vogliamo invitarvi in chat” (「西藏跟新疆的朋友,我們想找你們過來聊天」).

In entrambe le stanze del social network, le conversazioni sono durate ore. Alcuni utenti hanno affermato [3] [zh] di avere familiari detenuti nei campi di rieducazione di Xinjiang o hanno riportato di vivere nella paura e sotto sorveglianza. Sebbene alcuni utenti patrioti abbiano messo in dubbio [4] [zh] la veridicità delle testimonianze, alcuni cinesi di etnia Han hanno espresso empatia, ed in qualche modo senso di colpa per non essere in grado di fare niente a proposito. Molti hanno affermato di essere rimasti scioccati nell'udire le testimonianze.

Sia il conduttore del “Sinica podcast” Kaiser Kuo che il direttore del “The Economist's China Affairs” Gady Epstein hanno partecipato alla chat room “ci sono campi di concentramento a Xinjiang?”. Kuo ha riassunto la discussione in un thread su Twitter:

Questa discussione sul Xinjiang sta proseguendo su Clubhouse. Il thread continua qui sotto. Un utente ha appena chiesto come si sentirebbero i cinesi di etnia Han se il 20% di loro fossero rinchiusi, obbligati a parlare uiguro, ecc.? Notevole.

Clubhouse ha anche altre chat rooms dove, tra gli altri temi, si discutono temi come l'incidente di Tiananmen del 1989, la legge sulla sicurezza nazionale di Hong Kong, femminismo e attivismo giovanile.

Questi scambi su Clubhouse non hanno solo attirato l'attenzione dei media stranieri, ma anche quella del giornale cinese Global Times, il quale ha citato un opinion leader del social network Weibo [7] che accusava il social network “di poter essere utilizzato come arma dai secessionisti tibetani e di Hong Kong al fine di diffondere le loro visioni politiche e divenire così un'ulteriore piattaforma di opinione anti-Cina.”

Molti commentatori hanno anticipato che Clubhouse probabilmente sarebbe stato bloccato in Cina. L'artista politico Badiucao, attivo nelle discussioni nell'App, ha affermato che la piattaforma era “una valvola di sfogo in una pentola a pressione” rivolgendosi al giornalista indipendente William Yang:

… rumore che il mondo intero poteva sentire. Tuttavia, non sappiamo quando la mano invisibile del governo cinese chiuderà questa valvola di sfogo. Comunque, questo dimostra come la situazione non sia delle più rosee come invece il governo cerca di far credere.

Dopo la chiusura della “valvola di sfogo” da parte del governo cinese, chiunque sia rimasto su Clubhouse ha iniziato a discutere di strategie volte alla creazione di spazi incensurati per scambi spontanei su temi politici tra utenti provenienti da differenti regioni.

Alcuni utenti sono preoccupati anche riguardo la sicurezza della piattaforma dal momento che questa richiede l'utilizzo del nome reale per la registrazione e l'accesso ai dati personali [10] degli utenti, come contatti e impronte vocali. Altri hanno espresso preoccupazione riguardo il fatto che l'API di Clubhouse appartenga ad Agora, una compagnia basata a Shanghai.