La lotta della Tunisia contro la COVID-19 smaschera il terreno instabile dei diritti digitali

La medina di Tunisi, Tunisia, 16 giugno 2020. Foto di Citizen59 via Flickr, CC BY-SA 2.0.

Mentre la Tunisia finisce un lockdown di quattro giorni [en, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione] per placare una seconda ondata di coronavirus, le proteste contro il coprifuoco sono diventate violente, portando all'arresto di 630 [ar] persone, soprattutto giovani.

Nonostante la Tunisia sia stata elogiata come una storia di successo nella sua transizione dalla rivolta alla democrazia, le autorità locali, durante la pandemia, hanno fatto ricorso a trucchi storici utilizzando delle vaghe leggi già esistenti per limitare la libertà di espressione e il diritto all'informazione dei cittadini.

All'inizio di marzo dello scorso anno, il Ministero della Salute tunisino ha riportato il primo caso di coronavirus confermato del Paese. Quel mese, il Presidente Kais Saied ha annunciato [fr] un coprifuoco combinato con un lockdown e altre misure restrittive per limitare la diffusione del coronavirus.

Poiché il numero di infezioni giornaliere da COVID-19 era sceso a zero casi, il governo ha gradualmente iniziato ad allentare le restrizioni nel maggio 2020. Tuttavia, a causa di un'altra impennata dei casi di COVID-19 nell'ottobre 2020 molti ospedali hanno raggiunto la capienza massima e le autorità locali hanno imposto nuove misure restrittive.

In concomitanza con la pandemia, la Tunisia si trova ad affrontare anche una scena politica mutevole e instabile. Nel corso del 2020, sono stati nominati quattro Ministri dells Salute e hanno avuto luogo tre riorganizzazioni ministeriali del governo. Questi frequenti cambiamenti hanno influenzato la comunicazione generale del governo riguardo alla COVID-19.

Mancanza di informazione sulla salute pubblica durante la crisi

La Costituzione tunisina garantisce il diritto di accesso all'informazione, che viene rafforzato ulteriormente dall'adozione, nel 2016, da parte del Parlamento di una legge [fr] sull'accesso all'informazione.

Lo scorso gennaio, quando i numeri delle infezioni da COVID-19 invadevano le notizie, la Ministra della Salute Sonia Ben Cheikh ha comunicato [fr] misure preventive ai confini del Paese per controllare il virus. Questa comunicazione della crisi, però, si è limitata per lo più a conferenze stampa e discorsi spesso in ritardo.

Sul fronte della società civile, diversi sforzi congiunti per fornire al pubblico informazioni critiche hanno portato a progetti come covid-19.tn, un portale online che fornisce le ultime notizie e informazioni sulla COVID-19.

Il Ministero della Salute continua a postare quotidianamente su Facebook [ar], il social media più usato in Tunisia. Questi aggiornamenti normalmente riguardano nuovi casi confermati, decessi, guarigioni, casi ospedalizzati e casi per regione. Tuttavia, gli aggiornamenti condividono poca o nessuna informazione sulla capienza degli ospedali.

Verso settembre, quando il numero dei nuovi casi confermati è aumentato, questi post di Facebook hanno iniziato a ricevere critiche [fr] a causa di presunte irregolarità, poiché hanno unito le statistiche e smesso di includere gli aggiornamenti per regione, che sono stati un fattore significativo nel determinare i coprifuoco e i lockdown.

Il Ministero della Salute ha ripreso a fornire [ar] informazioni a seguito di una richiesta di accesso all'informazione da parte di I Watch Tunisia [ar], un'organizzazione della società civile. Gli esperti hanno criticato [fr] l'assenza di coordinazione tra le istituzioni.

Il 17 gennaio, Adnen Aswad, Presidente dell'Istituto Nazionale per l'Accesso all'Informazione, ha invitato [ar] le istituzioni a “continuare a fornire informazioni chiare e dettagliate riguardanti il lockdown”, le misure e le restrizioni.

Awsad ha affermato [ar] inoltre che la comunicazione necessaria con i cittadini “non è al livello richiesto”, portando quindi “alla confusione tra gli abitanti e al caos, minando la fiducia dei cittadini in queste istituzioni e distruggendo il lavoro dei giornalisti e della società civile a causa della mancanza di informazioni accurate”.

Zero tolleranza per le critiche

Mentre l'emergente crisi sanitaria cominciava a gettare un'ombra oscura su un'economia già stagnante, i cittadini hanno iniziato uno scambio più critico sulla pandemia negli spazi digitali. Tuttavia, il governo si è rivolto ai suoi codici penali esistenti per soffocare qualsiasi critica della sua risposta al coronavirus nel tentativo di controllare la narrazione dell'infezione.

Lo scorso anno, due blogger sono stati perseguiti in tribunale per aver messo in discussione l'integrità delle autorità locali.

Il blogger Hajer Awadi è stata accusata di “aver insultato un pubblico ufficiale” ai sensi dell'Articolo 125 del Codice Penale e di “aver causato rumore e disturbi alla quiete pubblica” ai sensi dell'Articolo 316 del Codice Penale, dopo aver postato un video [ar] sul suo profilo Facebook personale criticando la corruzione del governo e la scarsa distribuzione di cibo nella sua regione. È stata condannata dal Tribunale di primo grado a 75 giorni di carcere con la condizionale, dopo essere rimasta in custodia per una settimana.

In un caso simile, ad aprile 2020, il blogger Anis Mabrouki ha postato un video [ar] sul suo profilo Facebook in cui si vedeva una folla di persone protestare contro il governo per la mancata distribuzione di aiuti finanziari davanti all'ufficio chiuso del sindaco della città di Tebourba. Ai sensi rispettivamente degli Articoli 316 e 128 del Codice Penale, anche lui è stato accusato di “aver causato rumore e disturbi alla quiete pubblica” e “aver accusato i pubblici ufficiali di reati legati al loro lavoro senza fornire prove di colpevolezza”. Entrambi gli articoli sono elencati nel quarto capitolo del codice penale tunisino intitolato “Attacchi contro la Pubblica Autorità”.

L'Articolo 128 prevede una pena detentiva fino a due anni e una multa per chi accusa un pubblico ufficiale di atti illeciti. Mabrouki è stato arrestato per 15 giorni fino a quando il tribunale non lo ha assolto il 30 aprile 2020.

Entrambi i casi, tuttavia, hanno avuto poca copertura mediatica, in parte perché si sono verificati in piena crisi e nelle regioni interne, ma anche perché il contenuto non si riferiva a personaggi pubblici noti.

Carenze del quadro legale

Sebbene la Costituzione della Tunisia del 2014 garantisca il diritto alla privacy e alla protezione dei dati personali, il diritto di accesso alle reti d'informazione e di comunicazione, nonché il diritto alla libertà d'espressione e di stampa, le autorità hanno trovato in vecchi testi giuridici degli strumenti utili che rimangono rilevanti in assenza di una corte costituzionale.

Finora non è stata istituita una corte costituzionale, in cui gli imputati possano ricorrere in appello quando si trovano ad affrontare un procedimento penale in base a leggi incostituzionali. È richiesta dalla Costituzione, ma il Parlamento per otto volte non è riuscito ad eleggere tre membri con la maggioranza dei due terzi richiesta dalla legge, bloccando così la nomina degli altri membri da parte del Presidente e del Consiglio Giudiziario Supremo.

Il dibattito per la riforma e la revoca delle leggi repressive è iniziato già nel 2011, con il governo provvisorio in attesa della Costituzione del 1959, ma molti testi giuridici e decreti che contraddicono la Costituzione del 2014 e violano i diritti umani rimangono in vigore.

Molti attivisti, blogger, giornalisti e utenti dei social media hanno subito molestie, intimidazioni, incarcerazioni e altre sanzioni ai sensi di queste leggi.

In un recente rapporto, Amnesty International ha esaminato quaranta casi di tunisini indagati o perseguiti dalle autorità tunisine tra il 2007 e il 2020, in relazione a un discorso di pace online ai sensi del codice penale [fr], del codice delle telecomunicazioni [fr] e del codice della stampa [fr].

Queste disposizioni – diffuse in molti testi giuridici – hanno dato la parvenza di legalità all'ex regime di Ben Ali per limitare la libertà, interferire nel processo giudiziario e reprimere qualsiasi opposizione politica.

La transizione democratica della Tunisia resterà fragile fino a quando le leggi non verranno riformate. I cittadini continueranno a essere alla mercé delle autorità che applicano leggi solo vagamente formulate.

Ad esempio, il codice delle telecomunicazioni [fr] stabilisce con l'Articolo 86 che chiunque venga giudicato colpevole di “usare le reti della comunicazione pubblica per insultare o disturbare gli altri” potrebbe passare fino a due anni in carcere ed eventualmente essere multato.

“I codici legali della Tunisia sono colmi di leggi vaghe che le autorità utilizzano per penalizzare la libertà d'espressione e mettere a tacere voci critiche”, ha detto Eric Goldstein, direttore di Human Rights Watch per il Medio Oriente e il Nord Africa.

Le sfide attuali in Tunisia vanno oltre la crisi sanitaria, toccando le preoccupazioni sociali, economiche e politiche. Un'informazione pubblica accurata e affidabile è fondamentale per guidare i cittadini durante una crisi sanitaria ed evitare la diffusione di informazioni errate.

Gli sforzi della Tunisia per controllare la narrazione della COVID-19 ha avuto un forte impatto sui diritti digitali dei cittadini.

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