Spegnere, ridurre e sopprimere il dissenso online: La nuova normalità dell'Africa, Parte 2

Un anziano passeggia sulla spiaggia mentre controlla il suo smartphone. Foto di Muhammadtaha Ibrahim Ma'aji da Pexels, 15 luglio 2019, ad uso libero.

Nota dell'editor: Dopo giorni di inchieste approfondite, Premium Times (PT) può dipingere un quadro più chiaro dei fatti avvenuti al casello di Lekki nella città di Lagos, in Nigeria, il 20 ottobre. Questo articolo di Nicholas Ibekwe [en, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione] è stato originariamente pubblicato su PT e lo riproduciamo grazie a un accordo di collaborazione. Leggi la prima parte [es].

Guinea

Il 20 marzo, le autorità hanno bloccato internet in vista di un referendum costituzionale che ha spianato la strada all'82enne presidente della Guinea, Alpha Conde, permettendogli di correre per un terzo mandato.

⚠Confermato: Internet è stato bloccato in tutta la #Guinea dalle 8 della sera precedente alle elezioni; i dati di rete in tempo reale mostrano la connettività nazionale al 12% dei livelli ordinari; la sospensione arriva ore dopo che l'operatore GUILAB aveva rassicurato sul fatto che la rete non sarebbe stata scollegata per manutenzione.
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Un'interruzione di internet durata tre ore ha preceduto un blocco dei social media [fr] il 20 marzo, seguito da un blocco completo [fr] di internet della durata di 24 ore durante tutto il periodo delle votazioni [fr] per il referendum costituzionale e le elezioni legislative del 22 marzo.

Conde, che è stato presidente dal 2010, doveva lasciare la carica dopo aver completato due mandati quinquennali. Secondo l'agenzia di stampa tedesca DW, Conde era a favore di una riforma costituzionale che avrebbe modificato i limiti del mandato presidenziale, portandoli “per lui, a zero”, e avrebbe allungato la durata del mandato presidenziale da cinque a sei anni, con la possibilità di esercitare due mandati.

Tuttavia, una coalizione di politici e attivisti con il Fronte Nazionale per la Difesa della Costituzione (FNDC) si è ampiamente opposta alla manipolazione da parte di Conde dei limiti del mandato costituzionale. La sua proposta ha inoltre scatenato violenti scontri etnici che hanno provocato 32 morti e circa 90 feriti.

Con 2,4 milioni di voti, il 24 ottobre Conde ha vinto un terzo mandato sconfiggendo il suo rivale più prossimo, Cellou Dalein Diallo, che ha ricevuto 1,26 milioni di voti. Tuttavia, le elezioni sono state caratterizzate da accuse di frodi su larga scala che hanno scatenato violente proteste in tutto il paese e sono costate la vita a tre agenti di polizia.

Secondo la BBC, tutto ciò ha anche portato a un altro blocco di internet.

Sudan

Dal 16 al 24 settembre, durante gli esami nazionali di certificazione della scuola secondaria, il governo sudanese ha bloccato temporaneamente l'accesso a internet mobile. I precedenti blackout digitali si sono verificati in Sudan nel settembre del 2013 e nel giugno e luglio del 2019.

L'Organismo sudanese di Controllo delle Telecomunicazioni e delle Poste ha dichiarato in un comunicato stampa [ar] che era necessario “tagliare il servizio internet delle schede SIM dei dispositivi mobili” per proteggere “l'interesse degli studenti e la reputazione dell'educazione sudanese”.

Zain, uno dei principali fornitori di servizi del Sudan, ha inviato una notifica ai clienti spiegando che la sospensione di internet avveniva “per ordine delle autorità giudiziarie”.

Il meccanismo usato per questo blocco – disattivazione dei dati mobili – è stato lo stesso utilizzato nella sospensione [it] del 2019, quando i fornitori locali di servizi internet in Sudan avevano disattivato solo il nome del punto di accesso o APN, mentre i servizi di linea fissa come l'ADSL, la linea wireless in affitto e la fibra ottica funzionavano normalmente.

Questo tweet di Khattab mostra il contenuto del messaggio di testo:

Quando inizia? Quanto dura?
————–
Questa mattina alle 8:15. Tornerà alle 11:00 dopo la fine dell'esame. Tutto ciò continuerà fino al 24 settembre 2020.
La seguente foto è la notifica di ZAIN SUDAN.

Tanzania

La diffusa limitazione dei servizi internet [es] si è verificata in Tanzania solo 24 ore prima delle elezioni presidenziali del 28 ottobre. Le restrizioni hanno confermato ciò che gli attivisti digitali temevano in agosto in merito ad un blackout digitale durante le elezioni.

L'attuale presidente, John Magufuli, del partito rivoluzionario al potere, ha trionfato con più di 12 milioni di voti sul principale candidato dell'opposizione, Tundu Lissu, che ha ricevuto meno di due milioni di voti. Secondo l'organizzazione civica regionale Tanzania Elections Watch, le elezioni in Tanzania sono scese “ben al di sotto degli standard internazionali accettabili” di elezioni credibili ed eque.

Dan Paget [it], professore di politica all'Università di Aberdeen, ritiene che la Tanzania sia in costante declino verso l'autoritarismo e sottolinea la “mancanza di una commissione elettorale indipendente e di tribunali indipendenti”.

Paget osserva ancora che la diffusa intimidazione della polizia contro l'opposizione conferma l'emergere di un “programma autoritario più profondo e di vasta portata” da parte del governo di Magufuli.

Il 3 novembre la polizia tanzaniana ha confermato l'arresto di Lissu e di altri membri del partito di opposizione Chadema.

L'accesso limitato a internet si è protratto per circa una settimana dopo le elezioni, mentre continuavano le notizie di arresti e detenzioni di candidati dei partiti di opposizione Chadema e ACT-Wazalendo.

Nigeria

Ragazza nigeriana sorride mentre naviga in internet con il suo smartphone. Foto di Muhammadtaha Ibrahim Ma'aji da Pexels, 06 aprile 2020, ad uso libero.

Durante la maggior parte di ottobre, il movimento giovanile #EndSARS contro la violenza della polizia ha protestato in tutta la Nigeria e all'estero. La Squadra Speciale Antirapina (SARS) della polizia nigeriana è stata complice dell'arresto, dell'intimidazione, della tortura e di uccisioni extragiudiziali di nigeriani, soprattutto giovani.

Questa protesta è stata concepita, mobilitata ed è andata crescendo passando dai social media alle strade.

Il 20 ottobre, al casello di Lekki nella città di Lagos, la polizia ha sparato sui manifestanti uccidendo almeno 12 persone e ferendone diverse altre.

Il governo, visibilmente imbarazzato a causa delle condanne internazionali [es] che hanno seguito la sparatoria [es], minaccia di intraprendere nel paese azioni drastiche contro i social media.

Lai Mohammed, ministro dell'informazione nigeriano, ha descritto i social media come “una bomba a orologeria” che diffonde “notizie false”. Il 27 ottobre durante una conferenza stampa, Mohammed ha chiesto di regolamentare i social media, citando come esempio la Cina: “Quando siamo andati in Cina, non potevamo usare Google, Facebook e Instagram”.

Anche i governatori nel nord della Nigeria sono favorevoli ad un giro di vite sui social media. Secondo People's Gazette, un'agenzia nigeriana di stampa online, il governo federale sta inoltre già prendendo importanti provvedimenti compilando una “No Fly List“ contro gli utenti più in vista dei social media che hanno dato il loro appoggio alle proteste.

Come riferisce la testata online TheCable, l'imminente repressione dei social media è stata esacerbata il 4 novembre, quando un tribunale di Abuja, capitale della nazione, ha accolto la richiesta della Banca Centrale della Nigeria di “congelare i conti di 19 persone e di un'agenzia d'affari pubblica” associate al movimento #EndSARS.

Libertà di espressione in tribunale

Finché i cittadini online continueranno a sfidare le democrazie africane, è probabile che si verifichino ulteriori interruzioni di internet e che continueranno a moltiplicarsi le violazioni del diritto alla libertà di espressione, specialmente durante le elezioni e i disordini politici.

Mantenere internet libero e aperto in Africa è fondamentale per costruire una cultura democratica che molti governi africani affermano di volere.

Senza una sfera pubblica digitale attiva e che responsabilizzi i rappresentanti statali, le tendenze autoritarie prosperano. Interrompere internet per un capriccio o bloccare i social media è un segno inquietante di un sistema governativo profondamente problematico.

Con le crescenti minacce alla libertà di espressione online, la democrazia in Africa continua a rimanere in discussione.

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