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I giornalisti somali dicono che la nuova legge sui media imbavaglierà la libertà di stampa

Categorie: Citizen Media, Governance, Libertà d'espressione, Media & Giornalismi, Politica, Protesta, Advox

I lavoratori dei media in Somalia affrontano detenzioni arbitrarie, omicidi mirati e repressioni sotto leggi sui media draconiane. 12 Dicembre, 2012. Foto di Tobin Jones [1] via Wikimedia  / AMISOM dominio pubblico CC0 1.0 [2].

Con il recente passaggio della controversa proposta di legge in legge da parte del presidente somalo Mohamed Abdullahi Farmjo, i lavoratori dei media somali si preoccupano di ciò che potrebbe attendere i giornalisti che si stanno già battendo in un  ambiente mediatico ostile.

La proposta di legge, siglata il 26 Agosto, contiene 41 articoli sui media e come dovrebbero essere condotti i lavori. La legge darà delle restrizioni ai lavoratori e darà allo stato un incontrollato potere sui media.

Perché le società civili e i media stanno gridando allo scandalo per la proposta di legge [3]? [en, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione].

Secondo Abdalla Mumin, il segretario generale del Sindacato dei giornalisti somali, un gruppo per la libertà di stampa, la legge sui media appena firmata porterà la stampa sotto il controllo diretto del governo come se tutti i media fossero media gestiti dallo stato. Questo viola la costituzione e da via ad un ambiente più restrittivo nel quale il giornalismo diventa un crimine.

Ha scritto un tweet infiammato sulla questione ad Agosto dopo che la proposta era passata:

Quando tagli la lingua ad un uomo, non stai provando che è un bugiardo, stai solo dicendo al mondo che hai paura di ciò che potrebbe dire.

La legge sui media condanna il fatto che il governo darà delle licenze ai giornalisti e potrebbe ritirarle in qualsiasi momento, per qualsiasi ragione, se il giornalista è considerato troppo critico. Il Ministero dell'informazione riconosce i giornalisti piuttosto che un'associazione di stampa o delle organizzazioni mediatiche non governative.

La legge permette chiaramente allo stato di controllare e dirigere i lavoratori dei media qualora essi lavorino per media gestiti dallo stato o altro. Ciò tiene sotto ostaggio gli specialisti dei media e compromette la loro imparzialità. Non vi è altro posto che in uno stato autoritario in cui i lavoratori dei media cercano licenze e riconoscimenti dal governo.

Ad Agosto, il capo dell'ufficio stampa Abdinur Mohamed Ahmed ha detto che 16 articoli sono stati omessi dalla proposta di legge ed altri emendati in una intervista con la BBC somalia. Ma le associazioni dei media condannano ancora la proposta e la reputano opprimente.

L'ex presidente Hassan Sheikh ha inizialmente firmato la controversa proposta di legge che è diventata legge nel 2016, e da allora, le associazioni dei media e i gruppi di società civile hanno condotto delle campagne per revocare la legge per la sua natura draconiana. Sono stati fatti dei progressi quando l'attuale presidente è andato al potere e ha ordinato la revisione della legge, ma la sola revisione non ha accolto le richieste dei praticanti dei media e dei difensori dei diritti civili.

Il 31 agosto, l'ex Ministro dell'informazione Mohamed Abdi Hayir ha notato, durante un talk show tenuto da Universal TV (un'emittente televisiva somala), che la Somalia non è l'unico paese in cui il governo emette delle licenze per i media. Per tutta risposta, il segretario del Sindacato dei Giornalisti Somali Mumin si è scagliato contro il Ministro dell'informazione, accusandolo di seguire l'esempio degli stati dittatoriali in cui la libertà di stampa è inesistente.

La comunità dei media somali sta anche protestando contro la richiesta nella proposta di legge della formazione di un consiglio dei media, nel quale il governo ha un potere egemonico impareggiabile sulle associazioni dei media.

Il consiglio di nove membri, consistente di tre membri dei media indipendenti, tre della società civile e tre del governo, diranno l'ultima sul ritenere i lavoratori dei media responsabili. Guarderanno anche le lamentele contro i media e prenderanno decisioni sulle revoche delle licenze dalle aziende mediatiche. Ma le organizzazioni ,ediatiche considerano questo consiglio una piattaforma di “censura” e sono preoccupati che, in vista delle imminenti elezioni in Somalia, ciò risulti problematico per le voci di dissenso.

i media somali stanno andando avanti nonostante le sfide costanti.

Secondo l'indice di impunità del Comitato di Protezione dei Giornalisti, la Somalia è tra i posti più pericolosi per i giornalisti per lavorare. CPJ dice [6] che sono rimasti irrisolti 26 omicidi di giornalisti. Sebbene il numero di casi di omicidio è sceso, le intimidazioni da parte delle autorità persistono nella forma di detenzione illegale, arresto arbitrario e accesso negato all'informazione.

Molti lavoratori dei media somali hanno pagato il prezzo definitivo per la professione prescelta. Dal 2017 al 2020, sono stati uccisi 11 giornalisti e i loro esecutori non sono stati ancora ritenuti responsabili. Questa cultura dell'impunibilità ha creato un ambiente in cui i giornalisti temono per la loro incolumità e perciò esitano a denunciare.

Sono stati uccisi undici giornalisti nel paese negli ultimi quattro anni: 3 nel 2017; 4 nel 2018; 2 nel 2019 e 2 nel 2020, rendendo il paese uno dei posti più pericolosi del mondo per i giornalisti.

I giornalisti affrontano anche il rischio della detenzione arbitraria, dovuta anche a dei posti di denuncia su Facebook o per aver condotto delle interviste che le autorità non hanno approvato.

L'ultima vittima della repressione del governo sui media è Abdullahi Kulmiye Addow, un giornalista che ha intervistato un imprenditore islamico che ha criticato il governo somalo e i mediatori di pace dell'Unione Africana. Dopo che la stazione radio di Addow ha rilasciato l'anteprima dell'intervista, degli agenti dell'intelligence nazionale somala e dei servizi segreti hanno fatto irruzione [11] a casa sua nella notte del 18 Ottobre e lo hanno tenuto nel loro quartier generale per cinque giorni. È stato rilasciato più tardi quando la sua stazione radio ha concordato di non mandare in onda l'intera intervista in cambio del rilascio di Addow.

L'editore Abdul Aziz Gurbiye, di Goobjoog media, una casa mediatica privata, è stato arrestato il 14 Aprile, per aver un post su Facebook nel quale insinuava che il presidente somalo Mohamed Abdullahi Farmajo si fosse appropriato di un respiratore per la COVID-19 per uso personale il quale era dichiarato invece per uso pubblico. Cinque giorni dopo, è stato rilasciato su cauzione. Dopo due mesi di botta e risposta, la battaglia legale che ne è seguita [12] si è conclusa con un verdetto di colpevolezza, e Gurbiye è stato accusato di aver diffuso false informazioni e di aver offeso l'onore del presidente. È stato condannato a sei mesi ma gli è stato concesso di pagare una tassa di 200 dollari al posto della reclusione.

Le associazioni di stampa e i proprietari si sono riuniti per andare contro l'implementazione della legge sui media. Sostengono che  Osman Dubbe, il nuovo Ministro dell'informazione, sta cercando il sostegno della comunità internazionale e ha inviato una lettera di sollecitazione ai potenziali donatori nel 7 Novembre, a sostegno dell'implementazione della legge.

Il 18 novembre, le associazione dei media somale hanno invitato Dubbe a venire al tavolo delle trattative per una revisione completa della proposta di legge.

Nella conferenza consultiva dei giornalisti di oggi a #Mogadisho, abbiamo congiuntamente sollevato i nostri interessi sui tentativi del nuovo Ministro dell'informazione di implementale la draconiana Legge sui Media #Somala, la sicurezza dei giornalisti e la denuncia della crescita delle minacce contro la stampa.

Dalla caduta del regime militare del 1991, l'ambiente dei media è passato dai media gestiti dal solo stato a scenari multipli. Ma con le rimanenze della vecchia legge draconiana ancora esistente ed applicata, ogni conquista potrebbe essere vana.

Le associazioni dei media e i gruppi di società civile in Somalia hanno protestato rumorosamente contro l'imposizione di questa legge che impedirà la libertà di stampa e ridurrà il già ristretto spazio politico. Senza la libertà di stampa, la giustizia sparisce e prende il controllo l'autoritarismo.