Dal lockdown al blocco di internet: in che modo la COVID-19 ha soffocato i diritti digitali in Zimbawe?

Un poliziotto con una mascherina protettiva parla con un motociclista in un posto di blocco a Bulawayio, Zimbawe, il 20 aprile 2020. Foto di KB Mpofu / ILO via Flickr/CC BY-NC-ND 2.0.

La mattina del 30 luglio 2020, gli abitanti dello Zimbawe si sono svegliati in presenza di soldati, armati pesantemente, pronti a reprimere le proteste anti-governative che avrebbero invaso le strade il giorno seguente. A nessuno è stato concesso di entrare nel quartiere finanziario centrale. Secondo la versione ufficiale, le proteste sono state proibite nel tentativo di frenare la diffusione del coronavirus.

Pochi giorni prima, i social media – in particolare WhatsApp e Twitter – erano in fermento: i cittadini continuavano a condividere applicazioni scaricabili attraverso Reti Private Virtuali (VPN), nell'eventualità che il governo bloccasse di nuovo internet, come già accaduto durante le proteste di gennaio 2019.

La COVID-19 e le politiche governative conseguenti hanno avuto implicazioni profonde sui diritti digitali e sulla liberta di stampa in Zimbawe.

Lo stato di emergenza è stato dichiarato dal Zimbawe il 20 Marzo 2020, dopo che l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito la COVID-19 una pandemia. Successivamente, il lockdown nazionale e il divieto di assembramenti sono stati legiferati attraverso il Decreto Legislativo (d.lgs.) 83 del 2020 intitolato “Ordinanza di Salute Pubblica (Prevenzione, Contenimento e Trattamento della COVID-19) (Lockdown Nazionale), 2020.”

Nonostante il d.lgs. preceda le proteste pianificate per luglio, le autorità hanno utilizzato questo provvedimento legislativo per reprimere i diritti digitali e altri diritti civili protetti nella costituzione.

I diritti digitali sotto attacco

Da gennaio 2019, cioè quando manifestazioni anti-governative hanno avuto dei risvolti violenti e hanno portato a diverse morti dopo che la sicurezza ha fatto un uso eccessivo della forza contro i manifestanti, il governo dello Zimbawe è costantemente teso.

Il governo ha rafforzato le normative COVID-19 proprio quando hanno iniziato a circolare online dei progetti di proteste anti-governative

Lo stratagemma di usare la COVID-19 come scusa per reprimere i diritti digitali ha avuto origine il 20 luglio, quando tutti i media hanno riportato che un giornalista dello Zimbawe, che aveva rivelato la presunta corruzione del governo riguardo scorte di medicinali per il coronavirus, è stato accusato di incitare violenza pubblica.

Il giornalista Hopewell Chino'ono aveva denunciato una frode associata al coronavirus che coinvolgeva la fornitura di DPI dal valore di $60 milioni di dollari statunitensi, che ha portato all'arresto e al licenziamento del Minstro della Salute Obadiah Moyo.

Hopewell ha risposto alle accuse di incitare violenza pubblica dopo aver presumibilmente chiesto di porre fine alla corruzione prima delle proteste anti-governative pianificate per il 31 luglio.

Nick Mangwana, Segretario Generale nel Ministero dell'Informazione, ha affermato che nessuno, giornalisti compresi, è al di sopra della legge.

Non c'è alcuna professione al di sopra della legge.

-I giornalisti non sono al di sopra della legge.
-Gli avvocati non sono al di sopra della legge.
-I medici e gli infermieri non sono al di sopra della legge.
-I politici e i banchieri non sono al di sopra della legge.
Chiunque è sospettato di aver commesso un crimine dovrebbe essere sottoposto al giusto processo.

Il 20 luglio, Chino'ono è stato arrestato assieme a Jacob Ngarivhume, leader di un piccolo partito di opposizione chiamato Transform Zimbawe, per aver presumibilmente preso parte a progetti di proteste anti-governative.

Ngarivhume si è presentato in tribunale il 22 luglio, rispondendo alle accuse di incitazione di violenza pubblica. Entrambi gli arresti sono stati motivati da alcuni tweet definiti provocatori dallo stato.

Sono stati accusati di aver violato il Paragrafo 187 (1) (a) in combinato disposto con il Paragrafo 37 (1) (a) (i) dell'Atto di Diritto Penale (Codifica e Riforma), Capitolo 9:23, “incitamento a partecipare a violenza pubblica.”

Il giorno dell'aresto di Chino'ono, il suo account Twitter è stato eliminato, sebbene non sia chiaro chi l'abbia fatto.

Il d.lgs. 83 è entrato in vigore da maggio; tuttavia, il Presidente Emmerson Mnangagwa ha in seguito dichiarato il coprifuoco dall'alba al tramonto, limitando gli spostamenti della popolazione, presumibilmente per contenere la diffusione della COVID-19 nella nazione.

Gli attivisti ritengono che questa mossa fosse chiaramente finalizzata a fermare le proteste anti-governative pianificate per il 31 luglio. Nell'attesa, le forze di sicurezza hanno mostrato una straordinaria prontezza per sedare le proteste.

Il direttore della Human Rights Watch Southern Africa, Dewa Mavhinga, ha dichiarato a Global Voices che lo stato ha, in effetti, trasformato la legge in un'arma per reprimere il dissenso:

The Zimbabwe authorities have been using the COVID-19 pandemic as an excuse to clampdown on the opposition and deny citizens their rights, particularly crushing the right to peaceful protests even where those protests comply with COVID-19 regulations.

The arrest and detention of journalist Hopewell Chin’ono is harassment, it is persecution through prosecution meant to silence other journalists through fear.

Le autorità del Zimbawe hanno usato la pandemia della COVID-19 come scusa per reprimere l'opposizione e privare i cittadini dei loro diritti, in particolare distruggendo il diritto alla protesta pacifica anche quando queste proteste sono conformi alle normative COVID-19.

L'arresto e la reclusione del giornalista Hopewell Chin'ono è un maltrattamento, è una persecuzione tramite la persecuzione indirizzata a zittire altri giornalisti attraverso la paura.

Chin'ono è stato arrestato per la terza volta in cinque mesi il 9 gennaio, a causa di un altro tweet controverso.

Uno sguardo da vicino alla legge

Secondo alcuni esperti, gli interessi di salute pubblica prevalgono sulla protezione dei diritti umani, da qui la necessità di una forte repressione della polizia e dell'esercito, nei confronti dei cittadini che hanno violato le normative del lockdown – non solo in Zimbawe, – ma in tutta l'Africa.

In una risposta inviata via mail, l'addetta stampa per la Politica di Sicurezza e gli Affari Esteri della Commissione Europea, Gesine Knolle, ha affermato che in circostanze di emergenza, il diritto internazionale dei diritti umani permette agli stati solo di limitare alcuni diritti umani se le misure sono necessarie, proporzionate, limitate nel tempo e non-discriminatorie.

“Dobbiamo prestare particolare attenzione all'impatto che la crisi ha sui diritti umani e, in particolare, sulle donne e sulle persone più vulnerabili,” ha affermato.

In Zimbabwe, il d.lgs. 83 sotto il Paragrafo 14 proibisce la pubblicazione o la comunicazione di notizie false riguardo qualsiasi funzionario pubblico, dirigente o agente di controllo incaricati, in quanto tali, di mettere in atto o imporre il lockdown nazionale, o riguardo qualsiasi privato con l'effetto di pregiudicare l'applicazione del lockdown nazionale da parte dello stato.

Coloro che sono giudicati colpevoli di aver violato le suddette normative rischiano fino a 20 anni di prigione.

L'attivista per i diritti umani Adolf Mavheneke ha riferito a Global Voices che lo strumento impone soprattutto il divieto di comunicare falsità su privati con l'effetto di pregiudicare l'applicazione del lockdown nazionale da parte dello stato:

Unfortunately Section 14 of the SI has grossly been misunderstood to have a blanket effect on media freedom. It is nowhere near an embargo on the generality of press freedom. … However, falsehoods are a criminal offense under Section 31 of the Criminal Law [Codification and Reform] Act [Chapter 9:23] to the extent that they are prejudicial to the state.

Purtroppo il Paragrafo 14 del d.lgs. è stato ampiamente frainteso, andando a toccare la libertà di stampa. Non è però assolutamente un blocco sulla libertà di stampa. … Tuttavia, le menzogne sono un reato penale secondo il Paragrafo 31 dell'Atto di Diritto Penale [Codifica e Riforma] [Capitolo 9:23] al punto di essere pregiudizievoli per lo stato.

Questo accade poiché le menzogne hanno il potenziale di causare disordine pubblico e ciò di conseguenza comprometterebbe la gestione pubblica negli sforzi dello stato di imporre un lockdown dovuto alla pandemia.

“Purtroppo, tra il d.lgs. 83 e il Paragrafo 31 del codice penale, non vi è una definizione di cosa costituisce una falsa dichiarazione e a che punto queste dichiarazioni diventano pregiudizievoli per lo stato. Questo lascia la questione all'interpretazione del tribunale,” ha affermato.

Mavheneke ha sottolineato che il governo ha fatto uso delle normative dovute alla pandemia per reprimere il dissenso e altre libertà fondamentali.

“Le normative per la situazione di emergenza sanitaria dovuta alla pandemia sono state un colpo di fortuna per un regime che si basa sull'assenza di efficienza e legittimazione,”, ha affermato Mavheneke.

Precedenti eccezionali

Gli attivisti dei diritti digitali dichiarano che le tecnologie digitali sono cruciali durante la pandemia e queste tecnologie devono rimanere indipendenti. Il Digital Freedom Fund, un gruppo stanziato in Europa che si occupa di controversie sui diritti digitali, sottolinea che le autorità continuano a prendere decisioni riguardo le tecnologie digitali senza pensare a fondo all'impatto complesso e a lungo termine sui diritti umani.

“Ecco perché gli attivisti, la società civile e i tribunali devono verificare scrupolosamente le nuove discutibili misure, ed essere sicuri che – anche durante una pandemia globale – gli stati si attengano al diritto internazionale dei diritti umani,” sottolinea il DFF.

Il 12 ottobre, rivolgendosi ai delegati del partito al potere Zanu-PF (Zimbawe African National Union-Patriotic Front) al quartier generale del partito ad Harare, il Presidente Mnangagwa ha affermato che il governo è riuscito a individuare le ubicazioni di individui sospetti accusati di attaccare il governo attraverso i social media in relazione alle proteste del 31 luglio.

La dichiarazione di Mnangagwa ha segnato un nuovo affronto alla privacy digitale nel mezzo di un aumento delle tattiche di sorveglianza: nello stesso momento, il Comandante dell'Esercito Edzai Chimonyo ha annunciato che l'esercito avrebbe iniziato presto a controllare le comunicazioni dei cittadini privati in un tentativo di anti-sovversione.

I diritti digitali in Zimbawe erano già sotto attacco prima della COVID-19. Ma sia durante che in seguito al rafforzamento delle normative COVID-19, delle leggi specifiche – già esistenti e nuove nell'era della COVID-19 – erano effettivamente usate dallo stato per reprimere i diritti digitali col pretesto di applicare le disposizioni  di controllo della pandemia in Zimbawe.


Questo articolo è parte di una serie di post che esaminano le interferenze nei diritti digitali durante e dopo i lockdown e la pandemia della COVID-19 in nove stati africani: Uganda, Zimbabwe, Mozambico, Algeria, Nigeria, Namibia, Tunisia, Tanzania ed Etiopia. Il progetto è finanziato dall'Africa Digital Rights Fund di The Collaboration on International ICT Policy for East and Southern Africa (CIPESA).

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