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Rabbia per l'ennesima morte nella comunità apolide dei bidoon del Kuwait

Categorie: Medio Oriente & Nord Africa, Kuwait, Citizen Media, Diritti umani, Indigeni, Protesta

Persone in lutto trasportano il corpo di un uomo bidoon del Kuwait morto suicida nel dicembre 2020. Foto di Fayez Elfayez. Usata dietro autorizzazione.

Il suicidio di un giovane apolide il 6 dicembre in Kuwait ha, per l'ennesima volta, portato in primo piano il dramma del popolo bidoon [1] [en], una popolazione apolide con migliaia di membri residente nel Paese magnate del petrolio, il cui nome significa “senza” in arabo.

Il trentaduenne era stato arrestato domenica ad Al-Wafrah, la città più a sud del Kuwait, dopo che alcuni residenti avevano denunciato alla polizia un uomo che lanciava pietre contro i passanti.

Secondo la testata locale Al-Anbaa [2] [ar, come i link seguenti, salvo diversa indicazione] l'uomo, il cui nome non è menzionato nell'articolo, è stato individuato dalla polizia che ha riscontrato un suo “comportamento anormale”. Secondo il giornale, in seguito alla sua identificazione come condannato per precedenti reati, il giovane è stato detenuto con accuse non specificate in attesa di essere trasferito alla prigione centrale.

Stando all'articolo, alcune ore dopo sarebbe stato trovato morto nella stazione di polizia, con una corda ricavata dal lenzuolo che gli era stato fornito in cella.

In un tweet pubblicato l'8 dicembre, il Ministro degli Interni kuwaitiano ha dichiarato di aver ordinato un'indagine sulla morte dell'uomo [ar]:

Comunicazione dei servizi di sicurezza: il vice Primo ministro e il Ministro degli Interni hanno ordinato la formazione di una commissione d'inchiesta per verificare le segnalazioni riguardanti il suicidio di un giovane (non kuwaitiano) nel bagno della stazione di polizia di Al-Wafra e identificare le circostanze dell'incidente e eventuali violazioni o negligenze durante le operazioni della polizia.

La morte per suicidio è comune nella comunità bidoon, una popolazione a cui viene negata la cittadinanza in un Paese ricco come il Kuwait.

Spesso definiti clandestini dal governo, secondo i dati ufficiali [5] i membri della comunità bidoon in Kuwait sarebbero 100.000, ma gli attivisti sostengono che la popolazione sia più numerosa.

La loro complicata situazione giuridica risale alla creazione dello Stato del Kuwait negli anni '60. In quanto storicamente nomadi, non risposero alla richiesta delle autorità ai residenti di registrarsi come cittadini e da allora viene loro negata la cittadinanza.

A causa del loro status giuridico subiscono significative limitazioni all'accesso a diritti civili e umani basilari come quello alla sanità, all'istruzione, ai certificati di matrimonio, nascita e morte.

Anche se i bidoon sostengono di essere indigeni allo Stato del golfo e di non aver mai avuto altra patria che il Kuwait, il governo del Paese sostiene che siano cittadini di altri Stati che hanno abbandonato la propria vera cittadinanza nella speranza di beneficiare del generoso welfare kuwaitiano.

In seguito alla tragedia di domenica, i membri della comunità e i loro sostenitori hanno fatto ricorso ai social media, usando l'hashtag #انتحار_بدون, o #Suicidio_di_un_bidoon, per esprimere la propria solidarietà e chiedere al governo di mettere fine alla tragica situazione del popolo bidoon.

“Le forme peggiori di soffocamento, pressione, disgrazia, ingiustizia, privazione di diritti e oppressione”.

“Il problema che non viene mai risolto… L'hanno ucciso quando l'hanno privato dei suoi diritti”.

Negli ultimi anni anche hashtag come #BidoonLivesMatter (“le vite dei bidoon contano) e #ICan'tBreath (“non respiro”), ispirati dalle proteste della popolazione afroamericana negli Stati Uniti, sono stati utilizzati in seguito a simili episodi di suicidio all'interno di questa comunità.

A novembre altri due uomini bidoon sono morti per suicidio. Su Twitter sono stati condivisi dei presunti screenshot di una conversazione su WhatsApp di uno degli uomini, Zayid al-Asami, mentre scrive a suo figlio di sentirsi “profondamente umiliato”, di aver abbandonato ogni speranza e di volere quindi mettere fine alla sua vita.

Da ieri sono tormentato da questa conversazione, con tutti i suoi dettagli e le parole e il dolore contenuto in essi. Come si sentiva il padre mentre scriveva? Cosa provava il figlio mentre leggeva? “Profondamente umiliato”, “Papà, combatti contro il male”, “Prenditi cura di te stesso” e alla fine “Visualizzato!”

L'altro uomo deceduto, Bader Mirsal al-Fadhli, prima della sua morte aveva condiviso un video [14] su Twitter in cui dava voce alla profonda frustrazione per la sua situazione.

A maggio [15] si era verificato un altro episodio di suicidio nella comunità bidoon e a giugno uno studente di medicina aveva tentato [16] [en] di mettere fine alla sua vita.

Nel luglio 2019 un ventunenne bidoon si era ucciso dopo essere rifiutato per un posto di lavoro a causa della mancanza di una carta d'identità fornita dallo Stato. Anche lui era stato descritto [17] dalle autorità come un “criminale con precedenti” e un drogato.

La morte scatenò le proteste dei membri della comunità, che chiesero al governo di mettere in atto dei provvedimenti per risolvere il problema del loro status. In quell'occasione quindici manifestanti, tra cui l'importante attivista Abdulhakim al-Fadhli, vennero arrestati.

In una dichiarazione pubblicata all'epoca, Amnesty International scrisse [18] [en]:

These arbitrary arrests primarily targeting peaceful protesters, activists and human rights defenders in Kuwait are not only unlawful, but are only set to exacerbate an already tense situation brought to the fore by the young man’s suicide.

Questi arresti arbitrari in Kuwait, che prendono principalmente di mira manifestanti pacifici, attivisti e difensori dei diritti umani, oltre ad essere illegali causeranno un inasprimento di una situazione già tesa, in primo piano a causa del suicidio del giovane.

Per protestare contro il suo arresto, l'attivista bidoon cominciò uno sciopero della fame [19] [en] in prigione, durato 12 giorni e interrotto soltanto dal deterioramento della salute [20] di alcuni dei partecipanti. Nonostante le richieste al governo kuwaitiano di rilasciare i manifestanti non violenti, essi sono tuttora in priogione.

È improbabile che la questione da tempo irrisolta della comunità bidoon verrà risolta dal nuovo palramento del Kuwait, dato il fallimento di decine delle precedenti amministrazioni. I politici esperti hanno spesso sfruttato questa drammatica situazione durante le campagne elettorali, ma una volta eletti hanno offerto ben poco alla comunità.

Spero che certi membri del parlamento e del governo dormano la notte sapendo che la loro inattività nei confronti di questo grave problema sarà giudicato con severità il giorno del giudizio!

La causa principale del suicidio è la depressione non curata. La depressione è curabile e il suicidio è prevenibile. È possibile ottenere aiuto da linee di supporto riservate a chi ha pensieri suicidi e per chi è in crisi emotiva. Visita Befrienders.org [23] [it] per trovare una linea di assistenza per la prevenzione dei suicidi nel tuo paese.