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Il discorso contro la transfobia, il vero “cavallo di Troia” del femminismo messicano

Categorie: Messico, Citizen Media, Donne & Genere, The Bridge

Foto e illustrazione di Laurel Miranda, usate con permesso.

Testo originale della giornalista trans Láurel Miranda [1] nel suo blog [2][es, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione] riportato grazie all'autorizzazione dell'autrice. È stato pubblicato sul giornale messicano Milenio prima di essere rimosso a causa di un gruppo femminista messicano che lo ha criticato [3]

Se sei una femminista e non ti scagli contro coloro che, in nome di questo movimento politico, violentano persone trans o bisessuali, mi dispiace dirtelo ma questo si chiama essere complici. Nello stesso modo in cui parliamo del patto patriarcale per denunciare la complicità fra uomini, così come il loro silenzio o la passività davanti agli atti misogini dei loro congeneri, possiamo e dobbiamo parlare anche di quelle donne cisgener femministe che decidono di passare sopra gli atti transfobici delle loro presunte compagne di lotta

Perchè abbiamo lasciato che la transfobia in Messico andasse così lontano che ormai si organizzano “marce femministe” non per lottare a favore dei diritti delle donne ma per impedire che le popolazioni trans possano accedere ad esse. Esattamente questo sta succedendo in luoghi come Puebla, dove un gruppo di femministe radicali ha reso il suo obiettivo principale impedire che si approvi la legge Agnesu [4], un'iniziativa con la quale i trans potrebbero vedere riconosciuta la propria identità sessuale attraverso una formalità amministrativa. Nello Stato del Messico accade qualcosa di simile, perché un altro collettivo ha fatto appello affinché la marcia dell'8 marzo sia “contro la cancellazione delle donne”.

Marcia organizzata in nome del femminismo contro i diritti dei trans

A cosa si riferisce questa presunta cancellazione delle donne? Quali donne? Bianche, nere, povere, prostitute, trans…? Come fare a dimenticarsi di metà della popolazione mondiale? Bene, nello stesso modo in cui concetti come “ideologia del genere” o “lobby gay” sono arrivati con forza dalle parti più conservatrici della società per reprimere la diversità sessuale, ora affrontiamo la presunta “cancellazione delle donne”, un'idea che (apparentemente) non è partita nè dalla chiesa nè dall'estrema destra, ma dalle voci femministe di giornalisti, scrittori e intellettuali, come l'ex-deputata del partito spagnolo PSOE Ángeles Álvarez [5], l'antropologa e accademica messicana Marcela Lagarde [6] o l'ideatrice di Harry Potter, J.K. Rowling [7].

La lotta contro la “cancellazione delle donne” è stata eretta per impedire che in paesi come la Spagna, il Regno Unito (e ora il Messico) l'entrata in vigore di leggi che consentano il riconoscimento delle identità di genere delle persone trans e non bisessuali mediante procedure amministrative e non più attraverso processi o certificazioni per le quali è necessario un accompagnamento psicologico o psichiatrico e trattamenti ormonali, che hanno storicamente contribuito alla patologizzazione delle persone trans.

In Spagna, ad esempio, Angeles Alvarez e la parte transessuale del femminismo spagnolo ritengono che, se la legge a favore dei trans fosse approvata, questa metterebbe a rischio la rappresentanza delle donne, di nuovo: quali donne? Nei vari settori della vita pubblica, come la politica, lo sport, gli spettacoli, eccetera. L'argomentazione di Alvarez viene smentita nel momento in cui vediamo dalle statistiche che le popolazioni trans sono una minoranza nel mondo, eppure con un alto tasso di crimini d'odio contro di noi, un alto tasso di suicidi e un'aspettativa di vita ridotta. Al contrario, sono contati i casi di persone trans nelle sfere sopra descritte, e ancora vengono utilizzati in modo sensazionalistico, in particolare nel mondo dello sport, per sottolineare come la loro presenza metta in pericolo la possibilità di vittoria delle “donne biologiche” (sic).

 

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Trovo incredibile che in pieno 2021, dopo decenni e decenni di femminismo e studi di genere, espressioni come “donne biologiche” e “uomini biologici” (sic) continuino ad essere utilizzate per escludere la legittimità delle identità trans e per lottare apertamente contro i nostri diritti più fondamentali: identità, libero sviluppo della personalità, non discriminazione, accesso all'istruzione e a un lavoro dignitoso.

Piuttosto che essere contrari alla “cancellazione delle donne”, le voci trasversali sono contrarie alla categoria di genere e a favore della rivendicazione della realtà materiale del sesso come fattore unico e decisivo per determinare chi sì e chi no; si tratta quindi di una posizione essenzialista contro la quale, di fatto, il femminismo lotta da anni. Ritengono inoltre che dalla loro realtà sessuale derivi un’ “oppressione primaria”, rendendo così universali le esperienze di tutte le donne e trascurando aspetti dell'identità come razza, classe o orientamento sessuale, che nel caso di alcune donne è il principale fattore di oppressione in cui vivono.

 

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“Esistono donne nere, donne lesbische, donne trans e donne povere. Non solo soffrono la discriminazione per essere donne, ma anche per la loro razza, per il loro genere e la loro situazione socioeconomica (…) Il femminismo è contro l'oppressione di genere e lo sfruttamento, se ci sono donne colpite dal razzismo o dall'omofobia o transfobia, lottare contro tutto questo è parte della liberazione”, evidenzia Reni Eddo-Lodge [7], femminista e giornalista britannica.

È a causa della particolarità delle nostre realtà e delle diverse violenze che ci attraversano, che mi sembra necessario essere sincera e sottolineare che in questa occasione parlo di quanto sia pericoloso il discorso transescludente per le donne trans; Tuttavia, vorrei sottolineare che questo è anche contro altre possibilità di vita: uomini trans, per esempio, che chiamano “sorelle” se decidono di opporsi, o traditori e “lesbo-fobiche” se decidono di rimanere fermi nella loro transizione di genere. Basta vedere la violenza con cui si lanciano contro uomini trans che, pur avendo anche la capacità di gestare, sono andati a marce a favore della depenalizzazione dell'aborto:

È molto curioso come in un mucchio di paesi quando sono state presentate le proposte di legge trans sono state approvate in poco tempo. Abbiamo trascorso secoli lottando per ottenere il minimo, essendo la metà della popolazione

Come sottolinenano Gracia Trujillo e Moira Pérez [11], “frequentemente del femminismo TERFsi risalta la sua opposizione ad incorporare le donne trans dentro il movimento delle donne ( o del colletivo stesso). Tuttavia si tratta in realtà di un femminisco esclusivo in termini ampi, che si oppone, la sua opposizione ad inserire le donne trans nel movimento delle donne (o del collettivo stesso). Tuttavia, si tratta in realtà di un femminismo escludente in termini ampi, che si oppone, dal privilegio, a diverse forme di autonomia decisionale, autonomia corporale, al diritto all'identità, al diritto ad una vita libera dalla violenza… Il movimento femminista di esclusione è contrario a molte forme di esistenza: non solo di tutta la gamma di persone trans e non binarie, ma anche delle lavoratrici e degli operatori sessuali o di chiunque ricorra alla gestazione per sostituzione, tra gli altri. Nel caso di questi ultimi due, il lavoro sessuale e la gravidanza sostitutiva sono in tutti i casi considerati violenze contro le donne. Quest'analisi non corrisponde alla realtà, ostacola il progresso dei diritti per le persone direttamente coinvolte in queste pratiche e le pone in posizioni di vittime passive senza peraltro ascoltarle”.

Il pericolo di questo discorso non risiede solo nella sua lotta per limitare i diritti, ma anche nel suo ruolo di terreno fertile per rafforzare stigmi e pregiudizi contro la nostra comunità. Questo è, ad esempio, il recente caso delle pinte che i manifestanti transfobici hanno fatto per schierarsi contro la legge sull'identità di genere e che, tuttavia, sono state attribuite localmente a persone trans. Alla fine della giornata la costruzione discorsiva e mediatica che si fa delle nostre identità, che ci associa con l'anormale, lo fuori luogo, lo irascibile, alimenta anche i crimini di odio contro di noi, in particolare i transfeminicidi.

Pintas de feministas transfóbicas, atribuidas por medios locales a activistas trans.

Nel contesto attuale, non sottoscrivere il discorso transfobico o staccarsi da esso non è sufficiente: bisogna anche schierarsi contro di esso. Per questo plaudo alla collettiva Dignas Figlie, che dall'agosto dell'anno scorso e dopo aver visualizzato il modo in cui il femminismo viene strumentalizzato a fini trasfobici hanno lanciato l'iniziativa

Donne femministe pronunciamoci a favore delle identità trans, in particolar modo a favore delle nostre compagne trans, e diciamo  #NonNelNostroNome davanti a discorsi transagonisti che si dicono femministi.

Care alleate, care femministe cisgenere, se volete identificare il “cavallo di Troia” nel vostro movimento, vi invito ad analizzare quale discorso è più vicino a quello dell'ultradestra. È forse colui che lotta per i diritti e degna esistenza delle persone trans o delle loro “sorelle” abolizioniste, che vedono un pericolo nell'altro? Non illudiamoci, limitare le leggi che consentono il riconoscimento delle identità sesogeneriche non farà diminuire il numero delle persone transessuali, significa soltanto rendere le nostre vite più difficili e avere un accesso limitato ai nostri diritti.

In questo momento l'avanzata va contro persone trans e lavoratrici sessuali, ma se si continua con la tiepidezza, il conto arriverà anche a voi. No al patto (cis)patriarcale.