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Crescono i dubbi su privacy e proprietà intellettuale mentre i kenioti cercano di far fruttare la loro fama su internet

Categorie: Africa sub-sahariana, Kenya, Citizen Media, Legge, Media & Giornalismi, Tecnologia, Umorismo
A screen grab of a re-enacted video that went viral featuring Charles Odongo now popularly known as Ugali man

Lo screenshot di un video diventato virale che ha come protagonista Charles Odongo, ormai noto come l'uomo Ugali. Il video gli è valso un contratto pubblicitario con Odibets, una società di scommesse sportive on line.

La cultura di internet in Kenya sta subendo un cambiamento di paradigma. Le personalità dei media e dello sport, pilastri dell'industria pubblicitaria televisiva e aziendale, vengono lentamente sostituiti da una nuova generazione di star di Internet i cui post sui social media non stanno più portando loro soltanto fama. Molti di questi stanno facendo enormi fortune grazie ai loro contenuti virali. Tuttavia, emergono preoccupazioni di carattere legale in merito alla privacy, ai diritti d'autore e alle conseguenze indesiderate di fama e successo improvvisi.

Dal diventare virali alla firma di contratti pubblicitari

Cinque anni fa, i kenioti hanno visto come Internet poteva sconvolgere la vita dei cittadini comuni, trasformandoli in star e assicurandogli lucrose sponsorizzazioni. Joseph Mburu (Jose the Witnesser), Jane Anyango Adika (Serikali saidia), Francis Kimani (Bonoko) e Alice Wambui (‘Kifikifi Witness’) sono state le prime star di Internet [1] [en, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazionead essere ingaggiate da note aziende dopo che i loro video erano diventati​ virali. ​

La loro grande occasione è arrivata quando la principale società di telecomunicazioni del Kenya, Safaricom Ltd, li ha reclutati [2] per una campagna pubblicitaria per promuovere il lancio delle loro offerte di trasmissione mobile. La vita delle quattro star di Internet non è più stata la stessa, secondo quanto riporta il documentario firmato Citizen TV. [3]

Oggi, il precedente creato dal colosso delle telecomunicazioni, è diventato una formula vincente e il punto di riferimento per molti brand aziendali, sia locali che internazionali. Per il mondo pubblicitario e aziendale del paese, questa mossa di collaborare con la gente comune, trova il favore di una nuova generazione di consumatori millenial che, secondo studi recenti [4], è alla ricerca di esperienze che vanno oltre i beni materiali [5].

Il Kenya è il primo paese per utenti internet

I social media sono diventati una parte importante [6]della vita quotidiana dei cittadini keniani, il 75 % dei quali ha meno di 35 anni [7]. Sebbene la maggior parte usi Facebook, Twitter è diventato il trendsetter del paese e spesso ne influenza l'agenda politica, sociale e l'attualità. Ad esempio, nel periodo precedente alle elezioni generali del 2017, il presidente Uhuru Kenyatta è stato tra i primi dieci politici africani a usare Twitter [8]. Il vicepresidente William Ruto usa il suo account Twitter [9] per promuovere la sua agenda politica e condividere la sua opinione su varie questioni. Un recente articolo di Global Voices ha rivelato come la polizia del Kenya stia usando Twitter [10] per migliorare la propria immagine inquinata.

Il potere dei social media keniani adesso va oltre la semplice produzione di star di Internet. Per alcuni, rappresenta un trampolino di lancio per la propria carriera.

Quando un video di Charles Odongo, proprietario di una palestra e istruttore di fitness, è stato pubblicato su Twitter il 25 maggio, gli utenti sono rimasti colpiti dalla sua originalità e dal suo estroverso modo di cibarsi.

Nel video, c'è una montagna di Ugali (un pasto keniota a base di mais) e un piatto di carne, che Odongo consuma voracemente e teatralmente davanti alla telecamera. Il suo atteggiamento e il suo entusiasmo hanno catturato l'interesse di molti online. In poco tempo, i meme di #Ugaliman [11]come è diventato popolarmente noto, sono apparsi ovunque.

Prima #UgaliMan. [12]

Quel video gli ha recentemente procurato un accordo pubblicitario vantaggioso [15] con la Odi Bets, una società di scommesse sportive online. La società di scommesse ha confermato questa partnership attraverso un post sulla propria pagina Instagram.

 

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A post shared by Bet Bila Bundles on OdiBets (@odibetskenya) [16]

Dubbi sulla privacy e il copyright riguardo al contenuto virale

Mentre i video e i contenuti virali aumentano, preoccupazioni sulla privacy e il copyright stanno emergendo tra gli esperti che discutono se, ai content creator, viene riconosciuto il valore che gli spetta.

Ho parlato con Wandiri Karimi [17], avvocato keniota specializzata in Proprietà Intellettuale e in queste nuove tendenze. Ci ha spiegato: se i video virali sono soggetti alle leggi relative alla Proprietà Intellettuale, chi può essere considerato il proprietario del copyright e quali fattori determinano la giurisdizione in caso di applicazione della legge. 

Secondo Wandiri,

The technical term under the copyright act would be audiovisual works and if they meet the threshold for the relevant branch of intellectual property law in this case copyright they would. 

In order for it to be considered as work subject to copyright, the video creator would have to be creating something original, they have to have put work/effort into creating that work and then communicate it to the public in a permanent form which is the audiovisual work. 

In cases where the video goes viral, it often becomes a challenge for the original content creator to enforce copyright laws against replicas and/or variations of the same content shared online especially on social media.

Il termine tecnico, secondo la legge sul copyright, sarebbe opere audiovisive e si posso considerare tali se soddisfano i termini della legge sulla proprietà intellettuale.

Per essere considerato come opera soggetta al diritto d'autore, il creatore del video dovrebbe creare qualcosa di originale, deve aver impiegato lavoro/sforzo nel creare quell'opera e poi comunicarla al pubblico in una forma permanente che è il prodotto audiovisivo.

Nei casi in cui il video diventa virale, spesso diventa una sfida per il content creator originale far valere le leggi sul copyright contro le repliche e/o variazioni dello stesso contenuto condiviso online, specialmente sui social media.

Per quanto riguarda la privacy, Wandiri esperime perplessità sul numero crescente di bambini coinvolti.

Uno di questi è il caso di Gracious Amani [18], anni 13, il cui video è stato diffuso da Brit Chantel, un'americana che aveva conosciuto Amani a Nairobi durante un lavoro di volontariato. Brit aveva caricato su Facebook un video di Amani che cantava “Girl on Fire” di Alicia Key. Il video è diventato subito virale e Amani si è pure conquistata i complimenti [19] della cantante. Tuttavia, come rivelato dalla madre [20] di Amani in un'intervista con la TV locale, lei e la figlia sono venute a conoscenza del video solo quando amici e parenti le avevano chiamate per congratularsi.

Wandiri fa notare:

There is a worrying trend of minors (children under the age of majority 18) who go viral for all the wrong reasons and in my view, there should be the protection of children even in these spaces because a lot of the time some of these uploads are to drive traffic and hence increase monetisation without consideration of what that means for the minors on screen. 

È preoccupante che ci siano minori di 18 anni che diventano popolari per le ragioni sbagliate e, a mio parere, dovrebbe esserci più controllo e protezione per loro perché, in molti casi, alcuni di questi video vengono diffusi con lo scopo di indirizzare il traffico e quindi monetizzare, senza tener affatto conto delle conseguenze sui minori.

Nel caso di Amani, se è vero che quel video ha avviato la sua carriera di cantante [21] – infatti le è valso un contratto discografico – la sua famiglia è stata bersaglio di minacce e attacchi [22] da parte di chi voleva sfruttare la fama della ragazzina. Come spiegato dalla mamma di Amani in un’intervista [22], gli autori delle minacce credevano che la famiglia avesse ricevuto denaro per le numerose interviste rilasciate da Amani. 

Ho chiesto a Wandiri un parere sulla notizia del contratto pubblicitario di #UgaliMan [23]

My concerns are centred on the ability to engage with advertisers on the value of the content creators work. The revenue from new media has not been favourable towards the creator in the past for example for a long time the ringback tone revenue split is heavily skewed towards the conduit disseminating it rather than the actual creator of the content and many discussions have been had on that and they are allegedly still ongoing. 

Another concern is while there is a measurable audience available online via these content creators there is a danger for actual content creator versus meme culture. This is the creation of a huge amount of traffic at the expense of a netizen going about their lives there are underlying issues of privacy and furthermore the dumbing down of content creators who actually expend effort into creating work being overlooked by meme culture type content. This also goes for children being part of the content that is detrimental to their development. 

Le mie preoccupazioni riguardano la capacità del content creator di trattare con i pubblicitari sul valore effettivo del proprio lavoro. In passato, i ricavi non sono stati favorevoli per i creator, per esempio per molto tempo la divisione delle entrate è stata fortemente sbilanciata a favore del canale di diffusione piuttosto che verso il content creator effettivo e molte discussioni sono state fatte su questo e, presumibilmente, sono ancora in corso.

Un'altra preoccupazione è che, mentre c'è un pubblico misurabile disponibile online attraverso questi content creator, c'è un pericolo per il vero content creator rispetto alla cultura dei meme. Questo consiste nella creazione di un'enorme quantità di traffico a scapito di un netizen, ci sono questioni sottostanti di privacy e inoltre l'indebolimento dei content creator che effettivamente si impegnano nella creazione di un lavoro che viene trascurato dai contenuti della cultura meme. Questo vale anche per i bambini che sono, essi stessi, parte di un contenuto dannoso per il loro sviluppo

Come spiegato da Wandiri, c'è più consapevolezza in merito alle questioni dei diritti d'autore rispetto a dieci anni fa, anche se c'è ancora margine di crescita riguardo alla privacy e la creazione di contenuti.