Moda georgiana: sempre più di tendenza?

A model waits for her turn on the catwalk during Tbilisi Fashion Week March 31. Photo by Monica Ellena. Used with permission.

Una modella attende il suo turno prima di sfilare sulla passerella in occasione della Fashion Week di Tbilisi, il 31 marzo. Foto di Monica Ellena. Pubblicata con autorizzazione.

Il seguente articolo [en, come tutti i link seguenti] scritto da Monica Ellena, è tratto da Eurasia.net ed è stato ripubblicato con autorizzazione.

La nomina, avvenuta lo scorso ottobre, del 35enne di origini georgiane Demna Gvasalia a direttore creativo della casa di moda Balenciaga con sede a Parigi, ha permesso alla Georgia, paese del sud del Caucaso, di affacciarsi sulla scena della moda internazionale.

Nonostante in questo modo siano nate nuove opportunità fuori dal paese, alcuni fashion designer georgiani stanno scegliendo di rimanere nella capitale Tbilisi, poiché è nella loro terra che sentono di avere un più ampio margine per la sperimentazione che non nei luoghi ormai convenzionali della moda occidentale.

La scena della moda dell'ex repubblica sovietica è ancora in germe. Eppure i suoi designer, abili a districarsi nella complessa rete di rapporti sociali e familiari, affermano che è più facile trovare la propria nicchia in questo disordine visuale che negli eldorado della moda di Londra o Parigi.

Tuttavia, la decisione di rimanere vicino casa non è sempre così semplice.

Ai tempi dell'Unione Sovietica, la moda non era altro che il risultato di un'”industria leggera” pianificata che esulava dal processo creativo. I georgiani non si sottomisero mai del tutto a questi dettami (come dimostrano i temi di molti dei loro film del tardo periodo sovietico), ma quando il paese diventò indipendente nel 1991, l'infrastruttura produttiva doveva mettersi al passo con le idee.

Aftandil Tskvitinidze, a veteran of the Georgian fashion scene has showcased his work in Paris, Astana, Baku and Kiev. Photo by Monica Ellena. Used with permission.

Avtandil Tskvitinidze, un veterano della scena della moda georgiana, ha presentato il suo lavoro a Parigi, Astana, Baku e Kiev. Foto di Monica Ellena. Pubblicata con autorizzazione.

Per Avtandil Tskvitinidze, il designer di abbigliamento e scarpe i cui prodotti hanno ormai raggiunto buyer da Parigi a Singapore, tutto iniziò con un piccolo atelier a metà degli anni 90 del 900 quando, racconta, “i blackout erano all'ordine del giorno e sfondare nella moda era un'affermazione audace”. Conosciuto semplicemente come Avtandil tra i fashionisti, Tskvitinidze, 42 anni, non ha mai lasciato la terra natia e tuttora non ha intenzione di farlo.  “L'Europa e gli Stati Uniti sono sovrappopolati,” ha detto.

L'emancipazione, un atteggiamento diffuso nella città di Tbilisi, sembra abbia contribuito ad attrarre sempre più buyer e stilisti di moda internazionali. Dopo la nomina di Gvasalia a capo di Balenciaga, la stessa posizione ottenuta nel 2013 dal designer georgiano David Koma per il profumiere e stilista francese Thierry Mugler è un'ulteriore conferma di come i designer di questo paese stiano diventando mainstream.

“Quella della moda è un'industria dinamica, e i professionisti sono alla ricerca costante di nuove tendenze, nuovi nomi e nuovi stili,” ha affermato Maia Gogiberidze, la 41enne direttrice generale della casa di moda Materia, che produce abbigliamento da lavoro. La stessa Gogiberidze è anche a capo di Matériel, una linea di moda di alta qualità, e un marchio più casual, Dots. “Questo è ciò che può offrire oggi la Georgia.”

È dello stesso avviso il Caporedattore di Vogue Italia. “C’è sicuramente un interessante potenziale in evoluzione, e i desginer georgiani riflettono il desiderio di estendere i confini della sperimentazione, sia in termini di forme che di materiali” afferma Sara Maino, che gestisce anche Vogue Talents, piattaforma online per giovani designer in erba.

Il crescente interesse nei confronti dei designer georgiani ha portato alla creazione di due fashion week distinte: la Tbilisi Fashion Week, di cui si è da poco conclusa l'edizione estiva, e la Tbilisi Mercedes-Benz Fashion Week.

“Quando abbiamo iniziato nel 2009, i designer in attività si potevano contare sulle dita di una mano,” ha ricordato Tako Chkheidze. L’ex modella di 35 anni è tra i fondatori della Tbilisi Fashion Week. “Oggi ce ne sono circa 60, segno di una tendenza in continua crescita.”

Secondo lo stereotipo, un tempo le donne georgiane vestivano principalmente abiti neri semplici. Le collezioni presentate durante la Tbilisi Fashion Week, che si è tenuta dal 31 marzo al 3 aprile, erano tutto fuorché semplici, ma spaziavano dai motivi pastello di Diana Kvariani e i tagli schiettamente fluidi dai colori vivaci di Lako Bukia fino agli abiti da “finti contadini” dalle tinte arcobaleno di Irma Sharikadze’s o le oxford ingioiellate di Anouki. I materiali variavano dal feltro, nel rispetto dell'antica tradizione georgiana di combinare lana merino e seta, fino al velluto liscio, lo chiffon e il lino.

La scena della moda resta però limitata, e sia gli esperti che i designer concordano sul fatto che Tbilisi trarrebbe giovamento da una fashion week unica. “Unire gli eventi si tradurrebbe in sinergie più forti, risorse aggiuntive e più designer da presentare,” ha detto Maino, di Vogue Italia. “Inoltre, una fashion week unificata attrarrebbe un maggior numero di professionisti.”

Maia Gigoberidze, founder of the Dots clothing store based in the historical part of Georgia's capital Tbilisi focussed on casual fashion. Photo by Monica Ellena. Used with permission.

Maia Gigoberidze, fondatrice del negozio d'abbigliamento Dots, situato nel quartiere storico della capitale della Georgia, che propone soprattutto moda casual. Foto di Monica Ellena. Pubblicata con autorizzazione.

La sfida più importante in Georgia è trovare fondi per alimentare la crescita. Se da un lato il governo incoraggia investimenti volti alla produzione nel settore dell'abbigliamento e del tessile, dall'altro non viene tenuta alcuna traccia dei dati sul settore della moda nel paese.

Dopo che, a seguito di una spinta da parte del governo sugli investimenti privati, investitori turchi e imprenditori georgiani hanno iniziato a ristrutturare vecchie fabbriche nei primi anni 2000, alcune infrastrutture dell'epoca sovietica sono riemerse per approvvigionare il mercato dell'abbigliamento sia a livello locale che internazionale. Ad oggi, secondo i dati ufficiali, ci sono circa 200 fabbriche di abbigliamento. Di queste, circa il 93% sono micro-aziende che lavorano per grandi marchi quali Nike, Puma, Zara e Next.

Tra i fashion designer, solamente Matériel, tramite la propria società madre, produce i suoi capi internamente, anche se Avtandil sta costruendo una sua fabbrica nella periferia di Tbilisi.

I designer che operano a Tbilisi vendono i capi tramite piccoli showroom oppure producono pezzi unici. La maggior parte dei materiali deve essere importata, poiché le aziende tessili georgiane si occupano principalmente della fase relativa all'assemblaggio ma non della produzione.

Lako Bukia, designer di origini georgiane di 28 anni, che ha studiato nel regno Unito e negli Stati Uniti e che ha preso parte alla Fashion Weeks di Londra, afferma che le condizioni economiche minacciano di soffocare il talento locale. “Gvasalia e Koma sono delle menti creative incedibili, ma dubito che si sarebbero affermati nelle più importanti case di moda internazionali se fossero rimasti qui” ha detto.

L'imprenditrice Sophia Tchkoria, il cervello della Mercedes Benz Fashion Week e di BeNext, concorso a cadenza annuale per permettere a giovani designer di studiare all'estero, ha affermato che i designer hanno bisogno anche di una migliore gestione della moda dal punto di vista economico.

“Esiste il talento, ma non è abbastanza” ha detto Tchkoria. “Per soddisfare gli ordini dei buyer, abbiamo bisogno di visibilità sommata a un alto livello di istruzione, e di collaborare con l'industria manifatturiera.”

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