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Musica pop-rock e atteggiamenti mutevoli verso il culto della personalità di Josip Broz Tito

Categorie: Europa centrale & orientale, Bosnia Herzegovina, Croazia, Kosovo, Macedonia, Montenegro, Serbia, Slovenia, Arte & Cultura, Citizen Media, Libertà d'espressione, Musica, Politica, Storia, The Bridge

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Nel 2012, il regime populista di destra nella Macedonia del Nord ha eretto, nel centro di Skopje, un nuovo monumento a Tito [2] [en], indicando che aveva più ammiratori che odiatori all'interno dell'elettorato. Foto di Filip Stojanovski, CC BY 3.0 [3] [it]

Oggi, il numero di dichiarati Jugo-nostalgici [4] [en, come tutti i link successivi salvo diversa indicazione], che coltivano il culto della personalità di Josip Broz Tito [5] [it], è piuttosto ridotto. Tuttavia, a giudicare dalle reazioni negative alle recenti dichiarazioni dei politici bulgari [6], che lo hanno descritto come un dittatore totalitario, si può dedurre che molte persone considerano il leader jugoslavo, ormai scomparso, una personalità storica generalmente positiva nella Macedonia del Nord.

Mentre i funzionari macedoni (ad eccezione del sindaco di Skopje [7] [mk]) hanno fatto la cosa giusta e non hanno reagito direttamente alle dichiarazioni provocatorie, queste sono state discusse a lungo sui social network e nei bar (autorizzati dai permissivi protocolli COVID-19).

Le argomentazioni contrarie all'idea che Tito fosse un dittatore malvagio sono radicate nella percezione delle differenze fondamentali tra lui e Stalin [8] [it], sebbene le differenze tra i sistemi politici [9] [it], da loro guidati, abbiano portato a diversi tipi di culti della personalità. Tuttavia, il dibattito pubblico su questi temi, così come la ricerca accademica relativa alle credenze reali sull'eredità della Jugoslavia federale, sono gravemente carenti.

Dalla mia esperienza, le generazioni di bambini nati in Jugoslavia negli anni '70 hanno reagito alla rottura del sistema di valori, che metteva Tito su un piedistallo, con una dose crescente di cinismo. Nonostante la propaganda ufficiale (che gradualmente diminuì dopo la sua morte, nel maggio 1980), gli adolescenti jugoslavi di quell'epoca erano più interessati alle canzoni rock che sfidavano l'immagine consolidata di Tito.

Questi erano i bambini che da piccoli erano stati esposti a canti patriottici come “Puoi contare su di noi” [10] (“Računajte na nas”) di Rani Mraz (1978), e “Compagno Tito te lo giuriamo” [11] (“Druže Tito mi ti se kunemo”) della pop star Zdravko Čolić (1980).

In “Puoi contare su di noi” il cantautore Đorđe Balašević [12] [it] ha detto di aver “realizzato questi testi come pegno a Tito”, assicurando che la sua sempre più occidentalizzata generazione (“in nome di tutti noi nati negli anni Cinquanta”) non avrebbe tradito gli ideali della rivoluzione antifascista che ha creato la Jugoslavia durante la seconda guerra mondiale, “mentre nelle nostre vene scorre il sangue dei partigiani” [bs]:

Sumnjaju neki da nosi nas pogrešan tok
Jer slušamo ploče i sviramo rok
Al’ negde u nama je bitaka plan
I kažem vam, šta dobro znam
Računajte na nas

Alcune persone hanno il dubbio che siamo stati fuorviati
dal momento che ascoltiamo dischi [in vinile] e suoniamo [musica] rock.
Ma da qualche parte dentro di noi la fiamma delle battaglie [13] brilla ancora.
E ti dico quello che so bene
Conta su di noi.

Il testo della canzone di Zdravko Čolić [11] era, in realtà, una versione di un cupo inno patriottico [14] [sr] della battaglia di Kozara del 1942 [15] [it], il cui titolo è diventato uno slogan ufficiale dello stato/partito al potere: “Compagno Tito, ti giuriamo che non devieremo dal tuo cammino.” La canzone di Čolić è stata pubblicata come singolo disco [16] [sr] e anche il lato B “Sul cammino di Tito” (“Titovim putem” [17]) è stato popolare [bs]:

Godine su prošle pune muka.
Ginulo se za slobodu nijemo
ili s pjesmom umesto jauka,
Druže Tito mi ti se kunemo.

Gli anni sono trascorsi pieni di tormento
Uno è morto in silenzio per la libertà
o con un canto invece di un lamento,
Compagno Tito, te lo giuriamo.

Alcuni anni dopo, coloro che nacquero durante la vita di Tito potevano identificarsi con almeno i due terzi della canzone “Le tre volte che ho visto Tito” [18] (“Triput sam video Tita” [19]). Balašević, che più di chiunque altro rifletteva lo spirito del tempo jugoslavo, era l’autore anche di questo testo. Nel testo, Balašević ha condiviso le sue esperienze d'infanzia come partecipante a una manifestazione di massa quando il presidente ha visitato la sua città, poi l'occasione in cui Tito andò al suo concerto e, alla fine, lo sfogo di dolore di tutto il paese al funerale di Tito. La canzone conclude che Tito vive in tutte le cose buone che sono state costruite in Jugoslavia, la sua libertà e la sua pace.

I musicisti rock degli anni '80 mettono in dubbio l'immagine di Tito

A modo loro, il gruppo rock di Sarajevo Zabranjeno pušenje [20] [it] ha fatto riferimento a questa canzone in una parodia nel 1999, con la scena di un bambino vestito da uno dei pionieri di Tito [21] che suona per il presidente nel video della loro canzone “Jugo 45″ [22].

Gli Zabranjeno pušenje sono stati oggetto di uno scandalo quando il loro cantante, in un concerto del 1984 a Rijeka (Croazia), scherzò sul fatto che “Il Maresciallo gracchiava”, presumibilmente riferendosi a un amplificatore [23] elettronico malfunzionante. Dal momento che “il Maresciallo” era il titolo militare di Tito, questo attirò l'attenzione della polizia segreta. I media hanno accusato la band di aver offeso lo stato [24] [it], e il loro tour e il loro programma televisivo sono stati interrotti. Contrariamente alle voci allora diffuse, i membri della band non sono stati arrestati [25] [hr].

Grazie alla crescente liberalizzazione, gli Zabranjeno pušenje tornarono presto in tournée, realizzando canzoni che alludevano a Tito e alle questioni sociali. Uno di questi successi è stato “La domenica in cui Hase se ne andò” [26] del 1985 (“Nedjelja kad je otišo Hase” [27]), teoricamente sull’ultima partita del calciatore bosniaco Asim Ferhatović Hase [28] [it] nel 1966.

Le descrizioni del comportamento degli appassionati di sport sono state ampiamente interpretate [29] [sr] come lutto per Tito. La canzone si conclude con una nota alta, con la folla che saluta il loro giocatore preferito e inneggia patriotticamente al nome dell'Unione: “Tutti avanti, c'è solo un Hase! Ju-go-slavia, Ju-go-slavia!”

Tuttavia, la loro canzone del 1987 “Festa della Repubblica” [30] (“Dan Republike” [31]) è piena di malinconia. Essa descrive un padre deluso e ubriaco, un veterano della seconda guerra mondiale, che parla male dell'opportunismo dei compatrioti più giovani e del disfacimento degli ideali socialisti. La canzone fa riferimento alla crisi economica in arrivo, come “il vecchio” che, il 29 novembre [32] [it], vuole aprire le finestre e gridare, ma sua moglie dice che la stufa non funziona (fa troppo freddo).

Anche Balašević ha detto addio a Tito, come simbolo dello stato, con la sua canzone “Requiem” [33], dall'album “Panta Rei” del 1988, che ha anticipato la violenta disgregazione della Jugoslavia, a partire dalle proteste di piazza dei “lavoratori affamati” e dalla truffa all'ingenua cittadinanza da parte della classe dirigente [bs]:

Ostaće u knjigama i priča o nama:
Balkan krajem jednog veka.
Svako pleme crta granicu.
Svi bi hteli svoju stranicu…
Tope se snovi kao sante, ej Komandante…

Una storia su di noi rimarrà nei libri di storia:
I Balcani alla fine di un secolo
Ogni tribù traccia il proprio confine.
Tutti vorrebbero la propria pagina…
I sogni si sciolgono come iceberg, ehi Comandante…

Viene narrata come una conversazione tra il poeta e “il Comandante”, un altro sinonimo di Tito. Inizia ammettendo che non canta più la sua canzone, un tempo popolare, “Puoi contare su di noi”, che è stata quasi dimenticata. Alla fine della canzone, Tito è umanizzato, al quale si rivolge con un semplice “[ehi] amico”.

I kad god prođem ulicom sa tvojim imenom
pomislim na panta rei…
Baciće se, tako, neki lik
kamenom i na tvoj spomenik.
Jer sve se menja, i sve teče… Čoveče.

E ogni volta che passo per la strada a te intitolata,
penso a panta rhei  [34][it]
Uno di questi giorni qualche tizio
lancerà un sasso anche sul tuo monumento
Perché tutto cambia e tutto scorre… Amico.

Contraccolpo anticomunista

Gli anni '80 si sono conclusi con un confronto in piena regola, da parte della band hard rock di Belgrado Riblja Čorba [35] [it], tra il Partito Comunista al potere e un sindacato della criminalità organizzata. La band ha capovolto lo slogan della propaganda di stato “Tito è nostro, noi siamo di Tito” con lo sprezzante “Tito è tuo” [36] (“Tito je vaš” [37]). (Il termine serbo “vaš” è anche l'abbreviazione di “vaška”—”un pidocchio”) [bs]:

Tito je vaš
A vi ste titovi
i ja vam nisam za to kriv

Tito è tuo (“un pidocchio”)
E tu sei di Tito
e non è colpa mia.

Il titolo del loro album del 1990 “Koza nostra” [38] è una traslitterazione del nome della mafia siciliana Cosa Nostra [39] [it], e la canzone “Un membro della Mafia” [40] (“Član mafije” [41]) si riferisce a coloro che ottengono le proprie tessere di partito, per guadagno personale, a spese della gente comune. Inoltre, la canzone “Al Kapone” [42] ha paragonato Tito al famigerato gangster americano [43] [it], dichiarandolo il “re del crimine e grande parassita” e uno dei dittatori più malvagi [bs]:

Prema njemu Idi Amin
Lekovit je k'o vitamin
Al Kapone
Prema njemu je Bokasa
Human kao Vojska Spasa
Al Kapone

Rispetto a lui, Idi Amin  [44][it]
è curativo come una vitamina
Al Capone
Rispetto a lui, Bokassa  [45][it]
è umano come l’ Esercito della Salvezza  [46][it]
Al Capone

Non tutti i ragazzi jugoslavi degli anni '70 concordavano con il pop-rock, che mutava l’immagine di Tito da eroe a cattivo. Rispetto agli orrori degli anni '90 [47] [it], molti hanno iniziato a considerare il suo regno piuttosto benevolo [48].

Nei decenni successivi, i cittadini degli stati nati dopo la dissoluzione della Jugoslavia, con personalità autoritarie bisognose di una figura paterna fondatrice nazionalista [49], trovarono ampi sostituti di Tito tra i molto meno illustri capi di partiti politici. Molti di questi politici erano membri di ex dinastie politiche comuniste, trasformate in populisti di destra, che hanno “investito” i fondi dei contribuenti nella costruzione di nuovi culti della personalità [2].