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Finita bruscamente la vita di un’attivista per i diritti umani degli Emirati, ma la sua eredità permane

Categorie: Medio Oriente & Nord Africa, Emirati Arabi, Citizen Media, Diritti umani

Alaa Al-Siddiq, attivista per i dritti umani. Foto usata con permesso.

Questo articolo è stato scritto da Khalid Ibrahim [1] [en/ar], direttore esecutivo del Gulf Center for Human Rights [2] (GCHR) [en, come i link seguenti, salvo diversa indicazione], un’organizzazione indipendente e no profit che promuove la libertà di espressione, di associazione e di riunione pacifica nella regione MENA.

È morta in un incidente stradale avvenuto il 19 giugno l’attivista per i diritti umani Alaa Al-Siddiq, 33 anni, direttore esecutivo di ALQST for Human Rights, con sede a Londra, e ricercatrice senior al Centro Studi Wejha. L’accaduto ha scosso e addolorato molti in tutto il mondo arabo, portando così a richiedere che il il Regno Unito aprisse un’indagine [3] sulla sua morte improvvisa. In ricordo dei suoi enormi contributi abbiamo riproposto capitoli del suo diario virtuale, in modo da illustrare il suo ispirante coraggio e la sua incondizionata fede nell'etica dell'umanità e nel valore della libertà.

Primo capitolo

Il 10 giugno 2010, a soli 22 anni, Alaa ha dato inizio all’hashtag #inaljnah (# in paradiso) per esprimere le sue preoccupazioni principali, spiegando attraverso una serie di commoventi tweet come si immaginava il paradiso: un luogo dove sua madre non avrebbe pianto e dove i diritti civili e umani dei cittadini sarebbero stati rispettati.

Screenshot di una serie di tweet di Alaa pubblicati nel 2010 con l'hashtag #InParadiso

TRADUZIONE DEI TWEET NELLA FOTO:

“In paradiso mia madre non piangerà.

In paradiso dirò ciò che voglio.

In paradiso vedrò i prigionieri di Tazmamart [una prigione segreta del Marocco].

In paradiso ci sarà una cerimonia per onorare tutti i prigionieri politici e di coscienza.

In paradiso, le donne avranno pieni diritti”.

Ha poi condiviso su Twitter ancora lo stesso hashtag per questioni filosofiche e desideri, ispirati dal suo profondo rispetto per la libertà di espressione, per il suo paese, e per prosperità e pace per i paesi della regione.

Secondo capitolo

Il 10 dicembre 2012, in un post intitolato “Inizia con ciò che è giusto e non con ciò che è accettabile” [4] [ar], pubblicato sul suo sito WordPress [5] [ar], Alaa ha citato un verso di “Azazel”, un romanzo del 2008 dello scrittore egiziano Youssef Zeidan: “Perché ho paura della morte? Dovrei avere più paura della vita, è la più dolorosa”.

Terzo capitolo

Con suo padre imprigionato negli Emirati Arabi Uniti (EAU) e la sua famiglia stabilita in Qatar dopo la revoca della loro nazionalità emiratina, Alaa si è trovata in esilio a Londra, separata da tutti i suoi affetti per oltre nove anni. Anche il marito di sua sorella Asmaa, Omran Ali Al-Radwan Al-Harthy, è un prigioniero di coscienza rimasto dietro le sbarre nonostante abbia finito di scontare la sua condanna a sette anni di carcere quasi due anni fa, il 16 luglio 2019 [ar]:

Questa è la storia di uno dei giovani di talento degli Emirati. Le autorità della sua nazione hanno deciso di seppellire le sue abilità in una delle prigioni più terribili del mondo, unicamente per aver rivendicato i propri diritti di libertà di espressione. Questa è la storia di Imran Al-Radwan.

Nel marzo 2021, è stato chiesto [11] al gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulla detenzione arbitraria di intervenire presso le autorità degli Emirati Arabi Uniti per chiedere il suo rilascio immediato e, come per la maggior parte degli arresti di prigionieri di coscienza negli Emirati Arabi Uniti (EAU), è stato in seguito condannato a una pena detentiva in un finto tribunale con false accuse.

Il 30 aprile 2020, Alaa ha espresso nostalgia per la sua terra d'infanzia, la città di Sharjah negli Emirati Arabi Uniti [ar]:

Non importa ciò che dicono, non importa quello che succede, non importa ciò che è stato fatto, non ti restano che le origini, la costa e il porto finali.

Quarto capitolo

Il 31 agosto 2020 ha scritto un tweet su suo padre [ar]:

L'ultima volta che ho visto mio padre era il 2012

L'ultima volta che ho sentito la sua voce era il 2013

L'ultima volta che la mia famiglia l'ha visto e sentito era il 2016

È stato separato da noi nel 2018. #La_Detenzione_Arbitraria_È_Un_Crimine #Rilasciate_I_Prigionieri_Degli_Emirati

Ha fatto eco a questi pensieri in un'intervista alla BBC all'inizio di quest'anno, sulla quale ha scritto un tweet il 14 febbraio 2021 che ha scatenato oltre 2200 reazioni [ar]:

Ho condiviso qui una parte della mia storia. L'altra faccia del regime degli Emirati, la storia della libertà di espressione e della sua oppressione, la storia dei prigionieri di coscienza che deve essere ascoltata da tutto il mondo. Mio padre, Mohammed Abdul Ruzzaq Al-Siddiq e i suoi compagni, Ahmed Mansour, Nasser BinGhaith, con rapporti stilati da Human Rights Watch e Amnesty.

Con il viso addolorato e gli occhi pieni di lacrime, Alaa ha iniziato l'intervista con queste parole:  “Mio padre, non sento la sua voce dal 2013”.

Quinto capitolo

Mohammed Abdul Ruzzaq Al-Siddiq, prigioniero di coscienza degli Emirati Arabi Uniti. Dal feed Twitter di Alaa.

Un anno prima, il 14 febbraio 2020, Alaa aveva postato una lettera che aveva scritto a suo padre, scrivendo “non riuscirò a raggiungere mio padre, come al solito” [ar]:

Ha concluso la lettera straziante scrivendo: “mio padre ha lasciato la casa sette anni fa e non è ancora tornato. Loro l’hanno chiamato detenuto e l'hanno messo in prigione, io l'ho chiamato falco e l'ho tenuto nel mio cuore”.

Alcuni giorni prima del suo addio, Alaa ha pubblicato un altro tweet [30] [ar] con la foto di suo padre e alcune parole [ar]:

Non ti dimenticherò

Mohammed, arrestato nel 2012 insieme a quello che è diventato noto come il gruppo di prigionieri “UAE94 [33]” [en], è stato condannato nel 2013 a 10 anni di carcere attraverso un processo che è stato descritto come irregolare, nel quale è stato torturato e ha subito minacce di morte. Il tribunale non ha preso provvedimenti per le torture nei suoi confronti. 

Alaa ha iniziato dunque difendendo il proprio padre e ha finito per difendere i diritti di tutti.

Sesto capitolo

Il 13 giugno, il suo ultimo tweet è stato un versetto del Corano [ar]:

E che il suo sforzo gli sarà presentato [nel Giorno del Giudizio].

Il tweet riflette come la sua umanità e il suo impegno per i diritti umani e per coloro che soffrono per le ingiustizie derivi tutto dalla sua umiltà e dal suo forte senso di responsabilità.

Settimo capitolo

Il 19 giugno 2021 Alaa è stata tragicamente uccisa [35] [ar] in un incidente stradale nell’Oxfordshire, Regno Unito.

Chi la conosceva è rimasto profondamente rattristato [36] [ar] per la perdita di questa persona così unica, una coraggiosa attivista per i diritti umani e cittadina degli Emirati, con un importante bagaglio di conoscenze e senza paura di dire la verità, che si è fatta carico delle ingiustizie che le autorità ad Abu Dhabi hanno imposto ai cittadini rispettosi della legge del suo paese e di quelli confinanti. 

Per molti, Alaa ha presentato una versione dell'Islam veritiera e rispettosa degli esseri umani. Aveva dichiarato il suo impegno nelle questioni cruciali della regione del Medio Oriente e del Nord Africa, prima fra tutte la causa palestinese, insieme alla sua disponibilità ad aiutare i bisognosi in tutto il mondo.

In una regione in cui le violazioni dei diritti umani sono state normalizzate a livello interno e ignorate dal resto del mondo, la gentilezza, il coraggio e la nobiltà di Alaa erano estremamente necessari e mancheranno molto.