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Hong Kong passerà una severa legge anti-doxxing che potrebbe frenare la libertà di informazione

Categorie: Asia orientale, Hong Kong (Cina), Citizen Media, Legge, Libertà d'espressione, Advox
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Qualcuno è preoccupato che la legge anti-doxxing diventerà uno strumento legale per bloccare LIGHK e Telegram a Hong Kong. Immagine da Stand News.

Il governo di Hong Kong passerà presto una serie di severi emendamenti all'Ordinanza sui Dati Personali (Privacy) (ODPP) contro il doxxing, che è comunemente noto come l'atto di pubblicare o divulgare le informazioni personali di una persona, come il numero di telefono o l'indirizzo, senza il suo consenso e con cattive intenzioni.

Il disegno di legge [2] [en, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione], una volta approvato, darà al Commissario per la Privacy il potere di condurre indagini penali, perseguire i trasgressori, accedere ai dispositivi elettronici delle compagnie tecnologiche senza un mandato in casi di urgenza ed emettere richieste di rimuovere contenuti e bloccare siti web che rifiutano di conformarsi.

Mentre il settore internet ha espresso preoccupazioni circa la vaga definizione di doxxing e l'aumento dei contenuti bloccati nelle ultime settimane, il governo ha intensificato il suo approccio intransigente e ha pubblicato il disegno di legge sulla gazzetta del 16 luglio. La prima lettura e il dibattito dovevano essere il 21 luglio. Siccome il Consiglio Legislativo non ha opposizione al momento, il disegno di legge sarà probabilmente presto approvato senza molte modifiche.

Il disegno di legge attuale, che è leggermente differente dalla proposta originale presentata a maggio [3] [it], crea due livelli di reati per frenare il doxxing.

La soglia del primo livello stabilisce che chiunque divulghi le informazioni personali di un individuo “senza consenso” con l'intento di danneggiare la persona o la sua famiglia, può rischiare due anni di carcere e una multa massima di 100,000 dollari di Hong Kong (12,900 dollari statunitensi). Il secondo livello, che include danni psicologici causati dalla divulgazione dei dati senza consenso, stabilisce una sanzione fino a cinque anni di carcere con una multa massima di 1 milione di dollari di Hong Kong (129,000 dollari statunitensi).

Anche gli amministratori di siti web locali ed esteri e i fornitori di servizi responsabili del funzionamento delle piattaforme potrebbero rischiare due anni di carcere e una multa di 100,000 dollari di Hong Kong (12,900 dollari statunitensi) se non rimuovo il contenuto dopo aver ricevuto una notifica dal Commissario per la Privacy.

Una definizione vaga, potere eccessivo e implicazioni extraterritoriali

La normativa anti-doxxing proposta ha sollevato serie preoccupazioni dal settore internet, come riportato in una lettera [4] rilasciata dalla Coalizione Internet Asiatica il 25 giugno.

La lettera criticava gli emendamenti per la definizione vaga di doxxing come azioni che sono “invadenti nei confronti della riservatezza dei dati personali e in realtà rendono i dati personali un'arma”, che dicono potrebbe portare a “un'interpretazione troppo ampia tale che pure atti innocenti di condivisione di informazioni online potrebbero essere considerati illegali secondo l'ODPP”.

La lettera ha anche fatto notare che gli emendamenti non hanno tenuto in considerazione la libertà di parola. Per esempio, non esentano dalla responsabilità in “situazioni in cui le informazioni (inclusi i dati personali) siano divulgate da una persona per stabilire/difendere i suoi diritti legali, o quando è di interesse generale saperli”.

La Coalizione ha anche descritto il potere dato al Commissario per la Privacy “eccessivo”:

[The amendments] would effectively empower an independent statutory authority to a level akin to the Hong Kong Police Force itself, and in a manner that is highly unusual and out of step with international privacy developments. There are, to our knowledge, no other jurisdictions in Asia-Pacific which have introduced equivalent powers to statutory authorities.

[Gli emendamenti] conferirebbero poteri a un'autorità statutaria indipendente a un livello simile a quello della Forza di Polizia di Hong Kong, e in una maniera che è molto insolita e in disaccordo con gli sviluppi internazionali in materia di privacy. Non ci sono, per quanto ne sappiamo, altre giurisdizioni nell'area asiatico-pacifica che hanno dotato di poteri equivalenti autorità statutarie.

La lettera esprime profonde preoccupazioni circa l'abilità del Commissario per la Privacy di fare perquisizioni senza mandato del tribunale. Il disegno di legge attuale specifica che il potere di fare perquisizioni senza mandato sarà limitato a “circostanze urgenti”.

La Coalizione ha anche ritenuto irragionevole l'estensione della responsabilità penale agli intermediari in capo alle “persone” (dipendenti) e le sue implicazioni extraterritoriali ai sensi degli emendamenti.

Secondo la prassi corrente, le piattaforme online estere che non hanno personalità giuridica a Hong Kong possono ignorare le richieste di rimozione di contenuti da parte delle autorità del governo di Hong Kong senza responsabilità legale. Ma siccome il disegno di legge ha esteso la responsabilità ai loro dipendenti, questi individui potrebbero affrontare procedimenti penali se risiedono o, nel peggiore dei casi, quando si recano a Hong Kong. 

In risposta a questa preoccupazione specifica, nell'ultima versione del disegno di legge viene specificato che solo i dirigenti o i manager nella condizione di poter elaborare le richieste di rimozione di contenuti sarebbero responsabili.

I giganti della tecnologia internazionali, come Facebook, Google, Amazon e Twitter, insieme ad altri, sono membri della Coalizione Internet Asiatica con sede a Singapore.

Secondo un rapporto [5] del Wall Street Journal, Facebook, Google e Twitter stanno considerando di lasciare Hong Kong per evitare rischi legali per i loro dipendenti ai sensi della nuova normativa. Poco dopo l'emanazione della Legge sulla Sicurezza Nazionale a Hong Kong nel giugno 2020, molti social media e piattaforme di contenuti come Telegram, Facebook, Google, LinkedIn e Twitter si sono rifiutati di rispondere [6] [it] alle richieste dei dati utente da parte del governo di Hong Kong.

Libertà di informazione a rischio

Anche nella seconda bozza, il governo di Hong Kong non ha affrontato gli altri problemi sollevati dal settore internet. In un'intervista con RTHK, Ada Chung Lai-ling, l'attuale Commissario per la Privacy, ha ricordato che se una piattaforma online non collabora e non si conforma alle richieste di rimozione di contenuti, il Commissario potrebbe richiedere ai fornitori di servizi internet di chiudere o bloccare l'intero sito.

Chung ha affermato che la maggioranza del 70% dei fornitori di servizi e piattaforme è collaborativa nel rimuovere i contenuti problematici dopo aver ricevuto la richiesta del Commissario e si aspetta che altri si conformeranno alla richiesta dopo l'approvazione dell'emendamento siccome rende più severe le pene e criminalizza l'inottemperanza.

Ha sottolineato [7] [zh] le difficoltà nel far rispettare la legge se la piattaforma è basata all'estero o se il direttore della compagnia non è a Hong Kong. Per affrontare questo problema, la legge estende la responsabilità criminale ai dipendenti locali che sono nelle condizioni di poter rimuovere il contenuto. Chung ha ribadito [8]:

“Local staff of these platforms won't be held responsible if they have nothing to do with the operation of the sites…We will only ask the [platforms] to remove the doxxing content… If they refuse to cooperate, we will consider removing the entire website. This is the last step if other approaches don't work.”

Il personale locale di queste piattaforme non sarà responsabile se non ha niente a che fare con il funzionamento dei siti. Chiederemo solamente alle [piattaforme] di rimuovere il contenuto  doxxing. Se si rifiutano di collaborare, considereremo di rimuovere l'intero sito web. Questo è l'ultimo step se gli altri approcci non funzionano.

Il settore pro-democrazia di Hong Kong teme che gli emendamenti forniranno un'altra base giuridica, oltre la LSN, per impedire l'accesso [9] a siti web e strumenti come LIHKG o Telegram, che sono basati all'estero e usati dai dissidenti per condividere informazioni legate alle proteste.

Law Ho Lam, presidente della Società Internet di Hong Kong (SIHK) è d'accordo con la lettera pubblicata dalla Coalizione Internet Asiatica sul fatto che il disegno di legge dia al Commissario per la  Privacy “poteri eccessivi e spropositati [7] [zh] ed è preoccupato che la definizione vaga di doxxing possa portare all'incriminazione del linguaggio.

Wong Ho-wa, un attivista open data, teme anche che [7] [zh] gli amministratori delle piattaforme possano monitorare eccessivamente e bloccare contenuti incerti per evitare la responsabilità legale, che col tempo comprometterebbe la libertà di informazione a Hong Kong. 

In aggiunta alla legge anti-doxxing, il governo di Hong Kong prevede anche di introdurre una legge contro le notizie false per rafforzare il controllo sulle notizie digitali e sulla circolazione di informazioni.