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‘Never Alone’, un videogioco che immerge i giocatori nella cultura tradizionale iñupiat

Categorie: U.S.A., Citizen Media, Giovani, Indigeni, Istruzione, Tecnologia, Rising Voices
Image of the Never Alone (Kisima Inŋitchuŋa) video game.

Immagine dal videogioco Never Alone (Kisima Inŋitchuŋa).

Questa intervista è stata condotta da Mark Oppenneer e pubblicata originariamente [1] [en, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione] sul sito web di Ethnos Project. Questa versione modificata è pubblicata con il permesso dell'autore.

I giovani di ogni generazione si allontanano in parte da costumi, ideali e tradizioni dei loro anziani e ridefiniscono, rifiutano e rimescolano la cultura. Da un lato ci sono i primi, che vogliono cambiare musica e stabilire la propria identità; dall'altro, ci sono i detentori della cultura tradizionale che vogliono sostenere e stimolare l'orgoglio per un ricco patrimonio culturale.

Il Cook Inlet Tribal Council di Anchorage, in Alaska, ha risposto a questo antico dilemma con una nuova strategia: la creazione di Never Alone (Kisima Inŋitchuŋa) [2], un videogioco su una giovane ragazza che cerca di salvare il proprio popolo da una tempesta senza fine. Intriso di valori iñupiat, attira giocatori di tutte le età nel cuore di una narrativa tradizionale attraverso un game play stravagante e coinvolgente.

Never Alone uscirà questo autunno. Mark Oppenneer ha parlato con il team dietro la creazione del videogioco per saperne di più.

Raccontateci l'origine di Never Alone: chi ha deciso di utilizzare un videogioco per condividere la cultura iñupiat? E come è stato scelto proprio il racconto tradizionale di Kunuuksaayuka come base del gioco, tra i vari possibili?

Never Alone started as an idea from Cook Inlet Tribal Council (CITC) [3], a tribal nonprofit organization serving Alaska Native and American Indian people residing in the Cook Inlet region of southcentral Alaska. Located in Anchorage, CITC helps motivated individuals achieve their full potential through an array of support services including education, employment and training and services geared to helping build healthy families. CITC had three goals: to create a new source of revenue that could allow CITC to increase the level of services offered to Alaska Native people; to share Alaska Native culture with new audiences around the world; and to work to provide opportunities for Native youth to take pride in their history. […]

Gloria O’Neill, CEO of CITC, conducted an extensive search of possible development partners. During that process, she met Alan Gershenfeld and Michael Angst, co-founders of E-Line Media [4]; a company with a long history of creating games to educate, engage and empower. Together, CITC and E-Line realized there could be a great opportunity to combine expertise and create a compelling game based on Alaska Native culture. Alan and Michael brought on Sean Vesce, a veteran video game designer and creative director to lead the project.

Never Alone è nato da un'idea del Cook Inlet Tribal Council (CITC) [3], un'organizzazione tribale senza scopo di lucro al servizio dei nativi dell'Alaska e degli indiani d'America residenti nella regione di Cook Inlet, nell'Alaska centro-meridionale. Il CITC, situato ad Anchorage, aiuta le persone motivate a realizzare il proprio potenziale attraverso una serie di servizi di supporto, tra cui istruzione, occupazione e formazione, e servizi orientati allo sviluppo di famiglie sane. Il CITC aveva tre obiettivi: creare una nuova fonte di reddito che potesse consentire all'organizzazione di aumentare il livello dei servizi offerti ai nativi dell'Alaska; condividere la cultura dei nativi con un nuovo pubblico in tutto il mondo; e fornire opportunità ai giovani indigeni perché fossero orgogliosi della loro storia. […]

Gloria O'Neill, amministratrice delegata del CITC, ha condotto un'ampia ricerca sui possibili partner per lo sviluppo. Durante quel processo, ha incontrato Alan Gershenfeld e Michael Angst, co-fondatori di E-Line Media [4]. È un'azienda con una lunga storia nella creazione di giochi per educare, coinvolgere, emancipare. Insieme, CITC ed E-Line hanno capito che poteva essere una grande opportunità per combinare le loro competenze e creare un gioco avvincente basato sulla cultura dei nativi dell'Alaska. Alan e Michael hanno incaricato Sean Vesce, esperto designer di videogiochi e direttore creativo, di guidare il progetto.

Image from the Never Alone (Kisima Inŋitchuŋa) video game.

Immagine dal videogioco Never Alone (Kisima Inŋitchuŋa).

The project began with a deep ethnography built over several extended visits with Alaska Native elders, research at museums and sessions with storytellers and youth. As the team discussed the many possible stories and characters and how they might be used to support the needs of game design, they began to focus on tales with strong characters and a clear narrative arc that could be adapted into the beginning, middle and end of a video game – and had all of the action and thinking ‘verbs’ that are at the core of good gameplay.

From the possibilities, the Iñupiat storytellers involved recommended the Kunuuksaayuka story as a potential narrative spine. After researching, the development team agreed that Kunuuksaayuka had great potential for providing strong storytelling in the context of a game and could allow the main characters to explore diverse and interesting environments.

To ensure that the game respected the wisdom, themes and learnings that are embedded in the Kunuuksaayuka story, the team worked directly with Minnie Gray, the Iñupiaq elder whose father, Robert Nasruk Cleveland, was first recorded relating Kunuuksaayuka. Minnie provided input and suggestions that the team incorporated into the game adaptation.

Il progetto è iniziato con una profonda etnografia basata su soggiorni prolungati con anziani nativi dell'Alaska, ricerche nei musei e sessioni con narratori e giovani. Durante il confronto sulle molte possibili storie e protagonisti tra cui scegliere, e su come potevano essere usati per supportare le esigenze del game design, il team ha cominciato a concentrarsi su storie con personaggi forti e un arco narrativo chiaro che potesse essere adattato all'inizio, alla metà e alla fine di un videogioco, e che avesse tutti i “verbi” di azione e pensiero che sono al centro di un buon gameplay.

Fra le diverse opzioni, i narratori iñupiat coinvolti hanno raccomandato la storia di Kunuuksaayuka come possibile spina dorsale narrativa. Dopo la ricerca, il team di sviluppo ha convenuto che Kunuuksaayuka aveva un grande potenziale per fornire una trama solida nel contesto di un gioco, e che poteva consentire ai personaggi principali di esplorare ambienti diversi e interessanti.

Per garantire che il gioco rispettasse il sapere, i temi e gli insegnamenti incorporati nella storia di Kunuuksaayuka, il team ha lavorato direttamente con Minnie Gray, l'anziano iñupiaq il cui padre, Robert Nasruk Cleveland, è stato il primo parente registrato di Kunuuksaayuka. Minnie ha fornito input e suggerimenti che il team ha incorporato nell'adattamento del gioco.

Image from the Never Alone (Kisima Inŋitchuŋa) video game.

Immagine dal videogioco Never Alone (Kisima Inŋitchuŋa).

Nel trailer di Never Alone, il narratore afferma: “Abbiamo davvero tanto da condividere e ora abbiamo un modo per farlo”. Le modalità di narrazione usate fino a quel momento stavano scomparendo? E se è così, cosa pensate che i videogiochi offrano in più, rispetto ai modi di raccontare tradizionali?

In the modern era, there has been increasing concern that the rapidly changing, highly complex and digitally infused nature of life in the 21st Century has resulted in youth becoming increasingly disconnected from these classic stories and the wisdom of their elders. Those voicing this concern often point to the rapid growth of computer and video games as one of the culprits of this phenomenon.

Despite their ubiquity among youth, digital games are a medium that is largely alien to most elders, creating a concern that the more time youth spend playing these games, the less time they are connecting with their history, culture and values. This is especially true since the depiction of minorities, indigenous peoples and other under-represented communities in popular commercial games is often caricatured, appropriated or inaccurate.

A clear question, then, is can this powerful new medium be harnessed as a new platform for passing along wisdom from generation to generation in a culturally appropriate, engaging format? We strongly believe that the answer is ‘yes’ – but that it won’t be easy. To truly leverage the unique power of this young medium will require multi-stakeholder partnerships among experienced, proven game designers, who fully understand the unique affordances and limitations of the medium, working closely with a diverse groups of elders, youth, storytellers, artists and social entrepreneurs who can collectively represent an indigenous voice in a new, interactive entertainment medium.

Unlike the transition from oral to written stories, digital games represent a fundamentally different and new form of storytelling. Digital games are interactive, participatory and player-driven. They enable players to step into different roles, confront complex problems, make meaningful choices and explore consequences of various choices and strategies. They are active, not passive. Well-designed games offer a delicate balance of challenge and reward that drives deep levels of engagement, enabling players to advance at their own pace, acquire critical knowledge, iterate based on feedback and use this knowledge to accomplish objectives for which they are invested.

La vita nel XXI secolo è in rapida evoluzione, altamente complessa e digitalmente infusa; ciò ha portato al crescente timore che i giovani si distacchino sempre più da queste storie classiche e dalla saggezza dei loro anziani. I computer e i videogiochi, e il loro vertiginoso sviluppo, vengono considerati colpevoli di questo distacco.

Nonostante la loro ubiquità tra i giovani, i giochi digitali sono un mezzo in gran parte estraneo alla maggior parte degli anziani, creando la preoccupazione che più tempo i giovani trascorrono a giocarci, meno tempo si connettono con la propria storia, cultura e valori. Ciò è particolarmente vero in quanto le minoranze, i popoli indigeni e altre comunità sottorappresentate vengono spesso dipinti in modo caricaturale, impropriamente adattato o impreciso nei giochi commerciali popolari.

Sorge quindi la domanda se questo nuovo potente mezzo può essere sfruttato come una nuova piattaforma per trasmettere la saggezza di generazione in generazione, in un formato culturalmente appropriato e coinvolgente. Crediamo fermamente che la risposta sia “sì”, ma che non sarà facile. Sfruttare veramente il potere unico del video gioco richiederà collaborazioni tra molti game designer con comprovata esperienza, che comprendono appieno le opportunità e i limiti unici del mezzo, e che lavoreranno a stretto contatto con diversi gruppi di anziani, giovani, narratori, artisti e imprenditori sociali che possono rappresentare collettivamente una voce indigena in un nuovo mezzo di intrattenimento interattivo.

A differenza del passaggio dalle storie orali a quelle scritte, i giochi digitali rappresentano una forma di narrazione fondamentalmente diversa e nuova. I giochi digitali sono interattivi, partecipativi e guidati dal giocatore: gli consentono di entrare in ruoli diversi, affrontare problemi complessi, fare scelte significative ed esplorare le conseguenze di varie scelte e strategie. È attivo, non passivo. I giochi ben progettati offrono un delicato equilibrio tra sfida e ricompensa, e accompagnano i giocatori attraverso livelli di profondo coinvolgimento, consentendo loro di avanzare al proprio ritmo, acquisire conoscenze critiche, iterare in base ai feedback e utilizzare queste nozioni per raggiungere quegli obiettivi che per loro sono importanti.

Image from the Never Alone (Kisima Inŋitchuŋa) video game.

Immagine dal videogioco Never Alone (Kisima Inŋitchuŋa).

In una intervista recente avete accennato al fatto che la decisione di presentare una protagonista femminile è stata un po’ controversa. Potete dirci di più su queste discussioni e su come avete raggiunto un accordo? Le protagoniste femminili sono comuni nella tradizione narrativa di lingua iñupiaq?

We feel that girl characters have been underrepresented in gaming, particularly girl heroes who are powerful and can survive and overcome incredible challenges. Since many of the team members have daughters, we really wanted to create an inspirational role model that could show girls that they can succeed at anything they put their mind to. […]

Iñupiat stories are filled with both boys and girls, men and women. The narrative arcs of stories generally downplay character specifics, like gender in order to focus on the important themes, knowledge and values that the story is communicating.  […]

Riteniamo che i personaggi femminili siano stati sottorappresentati nei videogiochi, in particolare le eroine femminili: sono potenti e possono sopravvivere e superare sfide incredibili. Dal momento che molti membri del team hanno figlie, desideravamo tantissimo creare un modello ispiratore che potesse mostrare alle ragazze che possono avere successo in qualsiasi cosa nella quale si vogliano impegnare. […]

Le storie iñupiat sono piene di ragazzi e ragazze, uomini e donne. Gli archi narrativi generalmente minimizzano le specificità del personaggio, come il genere, per concentrarsi sui temi, le conoscenze e i valori importanti che la storia comunica progressivamente. […]

Per saperne di più, visita il sito di Never Alone [2]. Un ringraziamento speciale a Laurie Thornton di Radiate [5] per aver coordinato questa intervista con il team di Never Alone.