L'arresto del leader tataro crimeano è solo l'ultima azione repressiva dell'attivismo politico in Crimea

nariman dzhelyal

Nariman Dzhelyal a Kyiv, settembre 2020. Foto da president.gov.ua, CC BY 4.0.

Questo articolo [en, come tutti i link successivi, salvo diverse indicazioni] di David Axelrod è apparso su Open Democracy l'8 settembre 2021 ed è stato ripubblicato come parte di una partnership di condivisione dei contenuti, con piccole modifiche per adattarsi allo stile di Global Voices.

Quando Nariman Dzhelyal è stato arrestato dalle forze di sicurezza russe il 4 settembre, il leader tataro della Crimea ha trascorso il giorno successivo, secondo il suo avvocato, “in un seminterrato, ammanettato e incappucciato”.

Questo trattamento, purtroppo, è all'ordine del giorno da quando la Russia ha annesso la penisola ucraina nel 2014. Da quel momento, la comunità tatara di Crimea ha dovuto subire continue ondate di arresti e affrontare diverse accuse di terrorismo e sabotaggio. Dzhelyal, vice capo del Mejlis del popolo tataro di Crimea, un organo di rappresentanza bandito dalla Russia, era appena tornato da un vertice internazionale dedicato alla Crimea quando è stato arrestato domenica presso la sua abitazione.

Il ramo crimeano del Servizio federale per la sicurezza della Federazione russa (FSB) sostiene che un gruppo comprendente Dzhelyal è responsabile del danneggiamento di un gasdotto collocato nelle vicinanze di una base militare russa fuori dalla città di Sinferopoli.

A seguito dell'arresto di Dzhelyal e di altri, decine di persone si sono radunate all'esterno della sede dell'FSB a Simferopol per avere notizie di Dzhelyal e di altri detenuti, tra cui amici e parenti. Nel giro di pochi minuti, le forze di sicurezza russe hanno arrestato più di 40 persone. Alcune sono state scortate ai vicini cellulari della polizia mentre altre, secondo i testimoni oculari, sono state malmenate e picchiate.

Non si tratta del primo caso di presunto sabotaggio e spionaggio in Crimea. Negli ultimi anni, l'FSB ha arrestato membri di presunti gruppi di sabotatori e, dopo tali arresti, sono seguite le accuse di tortura. All'inizio di quest'anno Vladislav Esipenko, un giornalista di Radio Liberty, è stato arrestato con l'accusa di spionaggio e ha dichiarato di aver subito torture dall'FSB.

Una vita nella politica crimeana

Dopo essersi laureato, Dzhelyal ha lavorato per giornali e televisioni locali e successivamente ha deciso di candidarsi come delegato al Kurultaj, l'assemblea nazionale dei tatari di Crimea.

Dzhelyal è salito alla ribalta dopo l'annessione della Crimea alla Russia nel 2014. In seguito, le autorità locali hanno vietato l'ingresso nella penisola ai leader tatari di Crimea Mustafa Dzhemilev e Refat Chubarov e hanno avviato una serie di indagini penali a loro carico.

Come risultato, Dzhelyal – che parlava spesso della situazione dei tatari di Crimea a giornalisti e organizzazioni internazionali per i diritti umani – è diventato uno degli attivisti di spicco della penisola. Dzhelyal pubblicava regolarmente online informazioni riguardanti le azioni delle forze di sicurezza russe contro i tatari di Crimea e lo aveva fatto anche il giorno del suo arresto.

“Non ha mai nascosto di non riconoscere l'annessione della Crimea”, ha dichiarato Nikolai Polozov, avvocato di Dzhelyal, “ma, allo stesso tempo, ne ha sempre parlato con molta calma, diplomazia e buon senso. Per la sua lotta Nariman non ha mai incitato a commettere azioni estremiste ma ha sempre insistito sull'uso di metodi esclusivamente pacifici”.

In una lettera pubblicata dal suo avvocato l'9 settembre, Dzhelyal ha scritto:

All the searches, interrogations and prison cells don’t particularly worry me. I expected this to happen for a long time. What surprised me was that they chose ‘Sabotage’. I never thought about doing that kind of thing. That’s not my method. But that’s how it turned out.

Le perquisizioni, gli interrogatori e le celle di prigione non mi preoccupano particolarmente. Sapevo da tempo che sarebbe successo. Quello che mi ha stupito e che abbiano scelto il “sabotaggio”. Non ho mai pensato di fare una cosa simile. Non fa parte del mio modo di agire. E invece, è andata a finire così.

L'arresto e le accuse

L'avvocato crimeano Emil Kurbedinov, specializzato in processi politici, ha detto che forse è stata l'ultima persona a parlare con Dzhelyal prima che l'FSB perquisisse la sua abitazione.

Nella notte del 3 settembre, l'attivista aveva contattato Kurbedinov per riferirgli che le forze di sicurezza avevano iniziato a perquisire le abitazioni dei suoi vicini di casa, Aziz e Asan Akhtemov. Poche ore dopo, l'FSB iniziò a perquisire anche la sua abitazione.

In quel momento, Dzhelyal era formalmente solo un testimone nelle indagini dell'FSB sull'esplosione del gasdotto. Tuttavia, secondo quanto detto da Polozov, l'uomo è stato prelevato dalla sua abitazione e gli hanno messo un sacchetto in testa. Inoltre, Dzhelyal ha potuto parlare con il suo avvocato solo quando è stato dichiarato ufficialmente sospettato.

L'FSB infatti sostiene che Dzhelyal sia complice del sabotaggio di un gasdotto nel villaggio di Perevalnoye, situato a pochi chilometri a sud-ovest di Sinferopoli. Secondo i servizi di sicurezza, il gruppo che ha pianificato l'esplosione comprendeva almeno altre due persone: Aziz e Asan Akhtemov, i vicini di casa di Dzhelyal, rispettivamente meccanico e autista.

In un video pubblicato dall'FSB, i fratelli Akhtemov dichiarano pubblicamente di aver ricevuto l'ordine di far esplodere il gasdotto da un ufficiale dell'intelligence militare ucraina, che avevano incontrato nella città di Cherson, a sud dell'Ucraina, nel giugno di quest'anno. A seguito di altre video confessioni è stata avviata un'indagine dell'FSB su un altro presunto caso di sabotaggio avvenuto in Crimea nel 2016.

Dzhelyal, secondo l'FSB, era il collegamento tra gli Akhtemov e l'intelligence militare ucraina. È stato Dzhelyal, secondo l'FSB, a fornire il numero di telefono di un ufficiale dell'intelligence ucraina agli Akhtetov e, presumibilmente, lo ha fatto di sua volontà.

Le autorità russe in Crimea hanno arrestato Nariman Dzhelyal, leader tataro di Crimea, con la falsa accusa di spionaggio. Dzhelyal e tutti coloro che si trovano in carcere per motivi politici devono essere rilasciati immediatamente. L'illegalità in Crimea deve finire.

La difesa di Dzhelyal ha deciso di non testimoniare e ha rifiutato di commentare le informazioni riguardanti l'ipotesi che l'attivista abbia dato il numero di cellulare dell'ufficiale di intelligence ucraina ai suoi vicini.

Le autorità di Crimea hanno già espresso il loro sostegno all'indagine sull'incidente del gasdotto.

“Ciò dimostra, ancora una volta, che le attività degli agenti provocatori del Meijlis e dei loro sostenitori fanno parte di una guerra ibrida contro la Russia” ha dichiarato Sergei Aksenov, capo della Repubblica di Crimea.

Paura e occhi bassi

Come Nariman Dzhelyal, Aziz e Asan Akhtemov sono stati immediatamente arrestati nella mattinata del 4 settembre, dopo la perquisizione delle loro abitazioni. Per tutto il giorno i loro avvocati, che avevano firmato un accordo con i parenti, li hanno cercati nelle prigioni di tutta la Crimea, ma senza successo.

Kurbedinov è convinto che in quel lasso di tempo i fratelli Akhtemov siano stati torturati e che il risultato di tali soprusi sia il video confessione pubblicato dall'FSB. Prima dell'udienza preliminare, i fratelli hanno rifiutato di essere assistiti da un consulente legale indipendente.

Safie Shabanova, un'avvocatessa che è riuscita a fare visita ai fratelli Akhtemov, dichiara che i due erano terrorizzati e che ha potuto interagire con loro solo in presenza di un investigatore dell'FSB, Vitaly Vlasov. Il caso vuole che tale investigatore si occupi anche del caso contro il giornalista Vladislav Esipenko. Alla Shabanova e agli Akhmetov non è stato concesso tempo e spazio per scambiarsi comunicazioni riservate.

L'FSB non ha rilasciato dichiarazioni in merito alle sospette torture sui fratelli Akhtemov.

Oltre a ciò, l'FSB ha arrestato altri due uomini: Shevket Useinov, residente a Eupatoria, e Eldar Odamanov, di Sinferopoli. Quest'ultimo è stato arrestato il 3 settembre e per più di un giorno non si sono avute sue notizie.

I loro avvocati, riportando quanto riferito dai parenti dei due uomini, hanno dichiarato che le perquisizioni delle loro abitazioni sono state fatte in merito all'indagine sul sabotaggio del gasdotto. Come risultato, Odamanov e Useinov sono stati condannati rispettivamente a 14 e 15 giorni di reclusione per resistenza a pubblico ufficiale.

“Francamente, non so se [Odamanov e Useinov] verranno rilasciati”, ha dichiarato Kurbedinov. “I funzionari di sicurezza hanno a disposizione due settimane per interloquire con loro senza alcuna interferenza esterna, perciò non mi stupirebbe se alla fine risultassero coinvolti anche in questo caso”.

L'esplosione del gasdotto

Secondo quanto riportato dai media, il gasdotto vicino alla base militare di Perevalnoye è stato danneggiato [ru] alla fine di agosto. Secondo le autorità di Crimea, il gasdotto non veniva utilizzato per rifornire il villaggio.

Il 23 agosto, il Ministro degli Interni della Crimea ha riferito che, in base all'ispezione delle tubature, gli esperti hanno concluso che il danno “poteva essere il risultato di azioni illegali condotte da ignoti”. Inizialmente, la polizia aveva aperto un procedimento penale per “distruzione deliberata o danneggiamento di proprietà”, senza fare riferimento a sabotaggi.

Le autorità locali di Perevalnoye hanno preferito non rilasciare dichiarazioni drastiche. “Non sono un esperto quindi non so cosa può aver danneggiato le tubature”, ha dichiarato in quei giorni il capo villaggio Oleg Litvinenko.

Secondo Nikolai Polozov, avvocato di Dzhelyal, un'analisi delle notizie pubblicate intorno il 23 agosto indica indirettamente che il gasdotto potrebbe non essere esploso. “Teoricamente, il danno potrebbe derivare da una serie di motivi, come la forte usura”, ha dichiarato.

Open Democracy ha condotto un'analisi sui post e sui commenti di 11 gruppi social media di Perevalnoye e dei villaggi circostanti dal 22 al 24 agosto e ha notato che in essi non c'era alcun riferimento all'esplosione del gasdotto (ipoteticamente, i residenti locali avrebbero potuto sentirla).

L'effetto boomerang

I collaboratori di Dzhelyal credono che il caso contro di lui possa essere collegato alla sua recente partecipazione al summit della Piattaforma Crimea, un'iniziativa diplomatica ufficiale dell'Ucraina tenutasi a Kiev alla fine di agosto. Secondo le parole degli organizzatori, il summit ha l'obiettivo di “riportare la questione della Crimea nell'agenda internazionale e facilitare il ritorno del controllo sulla Crimea all'Ucraina”.

In particolare, gli amici di Dzhelyal fanno riferimento alla reazione del Vice Primo Ministro della Crimea, Georgy Muradov, alla vigilia del summit. Il vertice, ha detto Muradov, “avrà un effetto boomerang su chi lo ha ideato e chi cercherà di concretizzarlo”. Il Ministro degli Esteri russo ha definito il summit “un'azione russofoba creata artificialmente”, oltre che “un'operazione di vuota propaganda senza prospettive”.

Secondo gli attivisti, Dzhelyal non era l'unico politico tataro di Crimea ad aver partecipato all'incontro Piattaforma Crimea. L'uomo infatti si era recato a Kyiv con un gruppo di diverse persone. Zair Smedlya, amico di Dzhelyal, ha dichiarato che, a suo parere, uno degli obiettivi delle forze di sicurezza russe sia “decapitare” il movimento tataro crimeano e che tutti coloro che erano presenti al summit “si aspettano di essere arrestati a loro volta”.

“Nariman è la mente e il portavoce del movimento nazionale [tataro crimeano], ed è l'unico in grado di richiamare l'attenzione della gente”, ha dichiarato Smedlya.

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