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‘Se brami la libertà, prenditela!’: i canti della rivolta bielorussa

Categorie: Europa centrale & orientale, Bielorussia, Arte & Cultura, Citizen Media, Elezioni, Libertà d'espressione, Musica, Politica, Protesta, Bielorussia in Tumulto
minsk protest 2020 [1]

Manifestazione di protesta a Minsk, Bielorussia, il 30 agosto 2020. Foto di Natallia Rak [2] su Flickr. CC BY-NC 2.0 [3].

Questo articolo [4] [en, come tutti i link successivi salvo diversa indicazione] di Elena Govor e Raphael Kabo è apparso su Transitions Online il 9 settembre 2021. Viene ripubblicato nell'ambito della partnership per la condivisione di contenuti, ed è stato ridotto e rivisto per aderire allo stile di GV.

Proteste, opposizioni e rivoluzioni hanno sempre portato con sé delle canzoni. Anche quando le rivoluzioni stesse si ritirano nel passato, le canzoni continuano a risuonare. Le generazioni che sono maturate durante l'era dell'Unione Sovietica sono cresciute con queste canzoni e hanno ritenuto che i testi delle rivoluzioni russe del XX secolo fossero la dichiarazione di una polarizzazione chiaramente delineata, avviata ne “L'Internazionale”:

We will build a new world, our world,
Those who had nothing will become all.

Tocca a noi, costruiremo un nuovo mondo
Chi era niente, diventerà tutto

Le canzoni di protesta che sono diventate uno dei simboli più vitali della rivoluzione bielorussa del 2020 sono molto meno semplici. Il predecessore di queste canzoni è la rock hit della tarda epoca sovietica “Khochu Peremen” (“Voglio cambiamenti”) di Viktor Tsoi, ora più comunemente conosciuto come “Peremen!” [5] [ru] Tsoi, che ha scritto la canzone con il suo gruppo rock underground Kino nel 1986, alla vigilia dell'era della perestroika di Gorbaciov. Il testo è moderno, stratificato e viene rafforzato da un ritmo mutevole e dall'uso di rime interne (purtroppo non replicabili nella traduzione), che rendono la canzone una rock hit insolita:

Instead of warmth – the green of glass,
Instead of flame – smoke,
A day torn from the calendar’s net.

Al posto del calore, vetro verde
Invece del fuoco, fumo
Dalle caselle del calendario è stato strappato un giorno.

Questi versi suggeriscono che “Cambiamenti!” fosse stata scritta come un'espressione personale e come riconoscimento di un sentimento condiviso nel circolo di giovani amici di Tsoi, che stavano per essere trascinati nella routine e nell'alienazione della vita adulta.

Cigarette in hand, tea on the table – so the circle closes,
And suddenly we are too frightened to change a thing.

Sigaretta in mano, tè sul tavolo: questo schema è semplice
E non c'è nient'altro, sta tutto a noi

Queste parole hanno un forte significato personale e sembra impossibile che la canzone sia diventata un canto delle folle. Tuttavia, ciò che attrae le masse è il ritornello, che trascende la liricità malinconica delle strofe:

“Changes!” demand our hearts.
“Changes!” demand our eyes.
In our laughter and our tears,
In the beat of the pulse,
“Changes!”
“We wait for changes!”

“Cambiamenti!” chiedono i nostri cuori
“Cambiamenti!” chiedono i nostri occhi
Nelle nostre risate e nelle nostre lacrime
E nella pulsazione delle vene
“Cambiamenti!”
“Aspettiamo dei cambiamenti!”

Il ritornello descrive il momento in cui l'individuo, chiuso nell'autoriflessione, si libera dalle catene e forma una richiesta collettiva anziché individuale. Il soggetto (non “loro” ma “noi”) è importante perché non rappresenta una forza esterna che obbliga il protagonista a combattere per ottenere il cambiamento. Il verso ricorda all'ascoltatore che “sta tutto a noi”.

Forse “Cambiamenti!” ha raggiunto la sua popolarità di massa precisamente perché le rivoluzioni degli ultimi decenni si sono sviluppate da un desiderio di libertà astratta o, in russo, volya, con piani di cambiamento imprecisamente definiti, ma con una forte voglia collettiva di vivere senza menzogne. Queste rivoluzioni politiche, tra cui quelle del parco Gezi in Turchia nel 2013, la Rivoluzione ucraina della dignità nel 2014, la Rivoluzione degli ombrelli a Honk Hong nel 2014, e il movimento Occupy del 2011-2012, cercano (oltre alle loro richieste localizzate, ugualmente importanti) di sfuggire da un mondo un cui stabilità e successo sono le conseguenze di una vita condotta secondo le regole tacite e implicite del sistema dominante: essere come tutti gli altri, stare in riga.

Le proteste bielorusse del 2020 sono la manifestazione più recente di questa discendenza rivoluzionaria del XXI secolo. Il sostegno pubblico alle proteste è stato molto simbolicamente scatenato così: la stampa nazionale ha forzato due giovani dj, Kirill Galanov e Vladislav Sokolovsky, a intrattenere la folla in un evento governativo organizzato frettolosamente per prevenire una manifestazione pre-voto da parte dell'allora leader dell'opposizione Sviatlana Tsikhanouskaya. Costretti a eseguire il volere di stato, i due giovani hanno resistito all'abuso di potere suonando “Cambiamenti!” di Tsoi.

La canzone è andata per un solo minuto poi l'organizzatore dell'evento ha spento l'impianto audio [6] [be] e i dj sono stati caricati sommariamente in un furgone della polizia; ma la canzone, o meglio, il trattamento pesante dei dj è stato il catalizzatore della folla. Immagini dei dj con le mani alzate in segno di vittoria sono state scattate con centinaia di telefonini e sono diventate velocemente un simbolo memetico della dignità e integrità del cosiddetto “uomo comune”. Nel frattempo, la canzone ha continuato a risuonare dagli altoparlanti di centinaia di auto che giravano per Minsk.

In seguito all'arresto dei dj, come ai tempi della perestroika “Cambiamenti!” è stata adottata dalla società bielorussa come canzone di liberazione innanzitutto individuale e personale, nel modo in cui era stata intesa dai suoi autori.

Da pali a “mura”

L'oppositore bielorusso, Siarhei Tsikhanouski, ha reso popolare un'altra canzone, “Mura”, che è servita anche dopo il suo arresto come colonna sonora delle manifestazioni di sua moglie, Sviatlana. Le origini si ritrovano nella canzone “L’Estaca” (“Il Palo”) del 1968 del cantautore catalano Lluis Llach. Una variante in russo di Kirill Medvedev intitolata “Steny” [7][ru] (“Mura”) è risuonata durante le proteste fuori dall'ambasciata bielorussa a Mosca a seguito delle elezioni dell'agosto 2020 in Bielorussia. Il testo della canzone russa è simile all'originale di Llach ma il palo simbolico, a cui sono legate le persone non libere, è stato sostituito dal simbolo più facilmente comprensibile delle mura. Questa trasformazione è stata probabilmente agevolata da una precedente metamorfosi in polacco e bielorusso.

La versione polacca “Mury” (“Mura”) è stata scritta nel 1978 da Jacek Kaczmarski [8], che ha rielaborato il testo e il suo messaggio filosofico e politico. Questa canzone è diventata l'inno del movimento sindacale polacco Solidarność. Nel 2010, durante un'ondata di proteste in Bielorussia, Andrei Khadanovich, un poeta bielorusso, ha tradotto la variante polacca in bielorusso. La canzone prese il titolo “Razbury Turmy Mury” (“Distruggi le Mura della Prigione”). Durante la campagna presidenziale di Tsikhanouski (fino a quando è stato incarcerato), le complesse stanze finali erano state sostituite con delle strofe più dirette e enfatiche.

Tutte le versioni della canzone si avvicinano grazie alla melodia e al potente ritornello, che chiede agli ascoltatori di distruggere le strutture verticali del potere attraverso la ripetizione di “crolleranno, crolleranno, crolleranno”. Nell'originale catalano, l'ingiustizia è simboleggiata dal palo; “l’estaca” ha un suono simile a “estat” (stato). Nella variante russa, il simbolo muta in “mura a lungo decadenti” della prigione. Le mura della prigione sono anche presenti nella versione polacca, sebbene come riferimento indiretto. La variante bielorussa riporta la prigione al centro della scena.

Destroy the prison walls!
If you thirst for freedom, seize it!
The walls soon will fall, will fall, will fall
And bury beneath them the world of old.

Distruggi le mura della prigione!
Se brami la libertà, prenditela!
Le mura presto crolleranno, crolleranno, crolleranno
E il vecchio mondo ne sarà sepolto

In questi versi, il concetto originale della canzone viene realizzato più chiaramente. Il testo è così rado e dinamico che viene fatto spazio per un nuovo verso aggiunto da Khadanovich durante le proteste del 2010 [9] nella Piazza dell'Indipendenza a Minsk, e diventa una parte vitale della sua interpretazione: “Se hai sete di libertà, appropriatene!”

Nonostante il tono distruttivo del ritornello, l'animo generale della canzone è tragico: le mura dopotutto rimangono in piedi. Nelle versioni catalana e russa questo sembra un fatto obiettivo: “le mura non si consumeranno mai”. Nelle versioni polacca e bielorussa, la ragione per cui le mura rimangono in piedi viene presentata metaforicamente:

So a movement of thousands surged up,
A legion of warriors
To topple statues and break the pavement
Into stones.
Each felt that time had come for them
To lend the battle their strength.
Those not with us are against us.

C'era un movimento di tante migliaia
Un esercito di guerrieri
Per demolire statue e smantellare i selciati
In pietre
Tutti hanno sentito che era giunto il momento
Di prestare la loro forza in battaglia.
Chi non è con noi, è contro di noi

Ma in questo momento, il ritmo vittorioso della canzone polacca viene interrotto da una conclusione inaspettata:

… The singer found himself alone.

He watched as the marching rows
Walked to the beat of his song,
And the song was fading, fading, fading …
And the walls were growing, growing, growing …

[…] Il cantante era da solo

Ha guardato mentre le fila marcianti
Andavano al ritmo della sua canzone,
E la canzone si affievoliva, si affievoliva, si affievoliva…
E le mura si innalzavano, si innalzavano, si innalzavano…

La variante bielorussa del 2020, con l'iniziativa di Tsikhanouski, è stata riformulata in luce ottimista: la tragica strofa finale è stata rimossa e sono state aggiunte due nuove rime a favore della vita, che riflettono sulla Bielorussia contemporanea da parte di Alexander Kiss e Sergey Kosmas:

From all Belarus the people rose
To defend their freedom.
Our spirits are moved by one goal:
To dispel the darkness with light.

In tutta la Bielorussia sono insorti
Per difendere la loro libertà
I nostri spiriti sono spinti da un obiettivo
Dissipare l'oscurità con la luce

Poi la canzone chiede ai bielorussi di unirsi al cantante in una marcia pacifica per gli ideali eterni di verità e bontà, trasformando la Bielorussia in una “terra per vivere”.

Considerati questi cambiamenti, a primo sguardo sembra che ci sia una contraddizione nella variante di “Mura” di Tsikhanouski, al cui suono Sviatlana Tsikhanouskaya, “la presidente della gente”, ha conquistato la vittoria. Essa mantiene il senso originale (una festosa distruzione dell'ingiustizia) e l'immagine entusiasmante del cantante che conduce migliaia di persone, ma le nuove strofe si rivolgono alla folla come un tutt'uno, alla terza persona plurale, presumendo che la loro unità sia già fuor di dubbio. In una delle strofe aggiunte, gli autori si rivolgono direttamente alle forze statali di sicurezza:

Brother-officers, we are one people.
We live in this world together.
Let your conscience make your choice.
We do not want this war.

Fratelli ufficiali, siamo un popolo
Viviamo assieme in questo mondo
Fate una scelta con la vostra coscienza
Non vogliamo questa guerra

Nonostante le apparenti contraddizioni di soggetto e tono, questa versione della canzone ha avuto un ampio successo. Sembra che una buona parte di questo successo vada attribuita al verso genialmente semplice di Khadanovich “Se brami la libertà, prenditela!”

Le donne vestite di bianco e con mazzi di fiori che si sono trovate nelle strade di Minsk nel 2020 per protestare silenziosamente contro le esagerazioni nel potere statale, sono diventate il punto di svolta della rivoluzione popolare bielorussa. Hanno rappresentato la rivincita sulla paura, la liberazione individuale, un senso di unità e la nascita di una nuova nazione libera. Gli studiosi e i commentatori politici, che hanno analizzato le proteste bielorusse, hanno tendenzialmente a criticato le azioni di quel periodo a causa di una mancanza di programmi politici e di leadership. Ma proprio questo può essere stato lo scopo delle proteste bielorusse: dichiarare in pace una vittoria simbolica sulle falsità e sulla paura, affinché un “sentiero luminoso e soleggiato” li porti a una “terra per vivere”, come canta la variante di Tsikhanouski. Questo ricorda le parole classiche di un altro bardo russo, Bulat Okudzhava: “Oh, che le nostre aspirazioni siano pure, il resto verrà da sé”.

L'ultima canzone che si è continuamente ascoltata durante le proteste bielorusse era “Guerrieri di Luce”, scritta dal poeta e musicista bielorusso Sergey Mikhalok per il suo gruppo rock Lyapis Trubetskoy. Scritta in russo, parla di un mondo di fantasia non legato agli eventi politici; essa è stata inaspettatamente ripresa dalle proteste ucraine Euromaidan nel 2013 ed è diventata il loro inno non ufficiale. È stata tradotta in bielorusso da Dmitri Sosnovsky e ha trovato il suo posto nelle proteste bielorusse. Come altre canzoni già menzionate, essa si concentra su una battaglia simbolica, esplicitamente allegorica, tra le forze dell'oscurità e della luce, che “estingue la paura”.

La canzone si ripete

Nell'agosto 2020, la Bielorussia era colma di buio e luce, coraggio e paura, gioia e crudeltà. Le forze della luce venivano rafforzate dalle canzoni che ascoltavano e cantavano a Minsk e in ogni luogo del Paese.

È passato un anno da quei giorni movimentati in Bielorussia in cui sembrava che una nazione pacifica e unita potesse resistere alle ingiustizie e alla dittatura, e vincere. Non hanno vinto e hanno sostenuto perdite ingenti. Una delle più tragiche è stata la morte per mano delle forze di sicurezza di Raman Bondarenka [10], un giovane attivista che ha difeso un murale dei dj ribelli in un cortile dei sobborghi di Minsk, conosciuto come “Piazza dei Cambiamenti” [11]. Nonostante la continua repressione statale, di tanto in tanto dei temerari organizzano ancora dei flash mob esibendosi in “Mura” o in canzoni popolari bielorusse e preghiere.

Comunque, la rivoluzione bielorussa del 2020 non è stata completamente persa. La gente bielorussa oggi non brama sangue e distruzione. I loro nemici sono del tutto diversi: inerzia personale, paura e alienazione. Si vuol solo credere che le mura presto crolleranno e che le parole magnetiche di Tsoi “sta tutto a noi” riusciranno ad aiutare la gente bielorussa nella costruzione della loro “terra per vivere”.