COVID-19, vaccini e il progresso del sistema sanitario mondiale

COVID-19: illustrazione di Svetlozar Hristov, usata sotto licenza Pixabay.

Verso la fine di settembre circa il 50% della popolazione mondiale aveva ricevuto almeno la prima dose di vaccino per il COVID-19 e sono state somministrate oltre 6 miliardi di dosi. Tuttavia, solo il 2% della popolazione dei Paesi a basso reddito [en, come i link seguenti, salvo diversa indicazione] ha ricevuto almeno una dose. Alcuni principali vantaggi naturali che derivano dai livelli di reddito e dalla demografia hanno dato un grosso vantaggio ai Paesi poveri in termini di “covidità”, se paragonati ai Paesi ricchi dell'Europa o del Nord America. Ciò potrebbe essere annullato dall'attuale insuccesso della campagna vaccinale nel diventare economico e globale. Il secondo effetto non gioverà a nessuno.

I cinque Paesi ricchi della Tabella 1 illustrano una prospettiva sullo stato attuale. 

Risulta immediatamente evidente che quattro di questi Paesi condividono un livello di “covidità” molto alto, che va dalle 1115 alle 2099 morti ogni milione per il periodo compreso tra lo scoppio della pandemia sino ad oggi. Per il mondo intero, i decessi dovuti alla COVID-19 verificatisi il 22 settembre sono state 607 ogni milione, dunque sulla base di cifre ufficiali, le morti di COVID-19 pro capite negli Stati Uniti sono ben oltre il triplo della media globale. Sono anche Paesi ad alto reddito e condividono analogamente caratteristiche simile in materia di età, dimensione del nucleo familiare, gradi di urbanità, spese sanitarie, obesità e indicatori di sviluppo umano. (Righe 1-6).

Di notevole importanza è la distribuzione dell'età associata ai redditi alti, che registrano una piccola percentuale di giovani nella loro popolazione, che (Tabella 1) va dal 17 al 25%, e un grande numero di anziani con più di 65 anni, che vanno dal 19 al 29%. Inoltre, questi Paesi ricchi hanno un basso livello di persone per nucleo familiare (da 2 a 2.4), un'alta percentuale di persone che vivono nelle città e un alto tasso di obesità. Ci sono tutte le ragioni per credere che questi elementi siano causalmente correlati e abbiano portato ad un alto livello di “covidità” nel Paesi ricchi.

I redditi bassi sono stati storicamente associati ad un'alta percentuale di giovani e ad una bassa percentuale di anziani in tutti i Paesi del mondo. Nei Paesi più poveri, i bambini sono considerati delle risorse fin dalla tenera età; il campo della medicina è relativamente poco sviluppato in modo che la gente non viva a lungo. Nei Paesi più ricchi, la medicina più avanzata, le condizioni domestiche e ambientali implicano che molte famiglie riducono il numero di bambini poiché i membri più grandi vivono più a lungo, barattando il lavoro dei bambini per dei redditi maggiori nelle famiglie meno numerose. Così, la tendenza globale è stata che questa pandemia peculiare, che sta danneggiando soprattutto e in modo diretto neonati, bambini e giovani, ma che colpisce anche gli anziani e gli immunodeficienti, ha colpito duramente i Paesi ricchi sulla base puramente sociostrutturali, con delle misure anticovid di minore importanza.

Altri fattori in gioco

Inoltre, altri fattori si muovono nella stessa direzione. I Paesi ricchi potrebbero spendere grosse quantità di denaro in cure mediche e hanno infrastrutture ben sviluppate (come l'istruzione o l'Indice di Sviluppo Umano, Riga 6), nuclei familiari più piccoli e compatti, ma anche un alto tasso di obesità e urbanismo, entrambi indubbiamente legati alla diffusione della COVID-19 e ai decessi. Tutto ciò spiega l'alto tasso di “covidità”, a prescindere dalle singole misure messe in atto dal governo.

Tuttavia, il Giappone rappresenta una sconvolgente eccezione con livelli di “covidità” molto più bassi: 137 morti ogni milione, ampiamente paragonabile al Pakistan e all'India. Per la popolazione giapponese e la stampa mondiale è stato abbastanza naturale spiegare questo fatto sorprendente grazie alle restrizioni maggiormente efficaci. Ciò è estremamente importante, ma adesso bisognerebbe prestare attenzione alla Riga 1, la quale dimostra che, sebbene la struttura demografica giapponese sia paragonabile a quella degli altri quattro Paesi, i suoi livelli di obesità (Riga 4) sono molto più bassi, il che potrebbe costituire un fattore da considerare insieme alle misure restrittive (vedi sotto). Conservare le tradizionali norme comportamentali, tra cui la cultura culinaria, nonostante il passaggio al capitalismo industriale, potrebbe aver giocato un ruolo molto importante nel contenimento del virus.

Povertà e vaccini

La Tabella 2 qui di seguito offre un altro punto di vista sulla situazione mondiale. 

Un reddito ancora più basso in questo gruppo distorce la distribuzione dell'età della popolazione (Riga 1), più diretta verso i giovani e più lontana dagli anziani; di conseguenza, il numero di decessi dovuti alla COVID-19 è basso (Riga 8). Per quanto siano drammatiche le cifre molto più basse sull'obesità, che va dal 3.9 all'8.6% della popolazione totale. Si potrebbe ragionevolmente azzardare che, dallo scoppio del virus, fattori quali le alte spese sanitarie, i grandi investimenti in infrastrutture e politiche per la COVID, e i più recenti sviluppi della campagna vaccinale NON hanno ancora avuto successo nell'abbassare i livelli di “covidità” nei Paesi più ricchi, raggiungendo quelli dei Paesi più bassi in termini pro capite.

Ma la vaccinazione ha cambiato le sorti nei Paesi ricchi, a differenza di quanto abbia fatto in quelli più poveri. Quindi, nei prossimi mesi, i rari vantaggi naturali legati alla povertà potrebbero essere annullati dall'insuccesso del programma vaccinale nel diventare economico e globale.

Cosa si può fare adesso?

Qualunque discussione a riguardo deve sicuramente trattare determinati punti come quelli che seguono. In primo luogo, per un po’ di tempo, la Cina ha offerto vaccini gratuiti ad altri Paesi, spesso con scarso successo tra i politici e i media a livello internazionale. Ma il surplus di vaccini, che si stima siano due miliardi e che la Cina può mettere a disposizione, potrebbe cambiare le carte in tavola e dovrebbe essere incoraggiato in termini di ritorni alla Cina in un maggiore status globale ad un costo relativamente basso, specialemnte se concentrato in Africa, nelle regioni del progetto della Nuova via della seta [it], e nell'Asia del Sud. Quanto più si potrebbe guadagnare dal soft power attraverso la distribuzione dei vaccini, più probabile sarebbe che la Cina includerà dei servizi di distribuzione e formazione, oltre al personale.

In secondo luogo, una posizione internazionale a favore dei vaccini come aiuto allo sviluppo (nei bilanci dell’APS e così via) impedirà ai Paesi dal tirarsi indietro dal supporto estero nei mesi successivi alla ripresa dalla pandemia, nel nome di un bisogno di risparmio nazionale e di una reticenza ad aiutare Paesi come l’Afghanistan per motivi principalmente politici. La diminuzione dell'aiuto ben al di sotto dello 0.7% del PIL, che in precedenza era un livello ragionevole concordato (ad esempio Germania, Regno Unito, Svezia, Norvegia, Turchia, Danimarca, Emirati Arabi Uniti), può forse essere considerato a breve termine, ma è potenzialmente devastante per quanto concerne la diffusione delle nuove varianti COVID e l'indebolimento della ripresa economia dalla pandemia.

In terzo luogo, le istituzioni internazionali dovrebbero promuovere il sostegno globale alla vaccinazione come esemplare del sistema mondiale che lotta contro i disastri ambientali che ha provocato e che ora dovrebbe affrontare. Il sostegno alla vaccinazione non è solo una preoccupazione dei Paesi ricchi che proteggono i propri interessi commerciali (relazioni commerciali).

In quarto luogo, è assolutamente necessario lo sviluppo di una ricerca più cooperativa su quale sia il modo migliore per finanziare e organizzare dei programmi coerenti di finanziamento della salute pubblica, ricerca scientifica e indagini socio-mediche, come quella relativa alle implicazioni globali dell'obesità nei Paesi ricchi. Nel periodo successivo alla pandemia, i rapporti economici meno dipendenti da istituzioni internazionali fallimentari (l'ONU non ha usato il proprio potere e la propria influenza in modo efficace durante la pandemia). Le maggiori economie (gli Stati Uniti non stanno per diventare un'economia politica efficiente) potrebbero aiutare a raggiungere questo scopo. La regione del Pacifico sta crescendo molto più velocemente delle economie dell'Atlantico.

In quinto luogo, l’obesità potrebbe presto essere riconosciuta come un elemento globale di vitale importanza per spiegare i diversi livelli di COVID-19 tra ricchi e poveri.  Inoltre, l'obesità può provocare la diffusione della malattia in modo serio presso i gruppi più giovani. C'è ancora molto lavoro da fare sulla scienza del legame apparentemente diretto tra obesità e COVID. Ma le statistiche tendono a segnalarlo come un fattore pertinente con una certa indipendenza, ovvero, come dimostra il Giappone, alti redditi pro capite sono un elemento importante nell'obesità elevata, ma questo non è invariabile.

Se andiamo a considerare l'Asia orientale in maniera più generica, Paesi come la Corea del Sud e Taiwan hanno redditi alti, ma il numero dei decessi di COVID-19 sono 32 ogni milione per la Corea del Sud e 31 per milione per Taiwan, e i loro livelli di obesità sono molto bassi, rispettivamente 4.7 e 6.1. Ancora, i redditi pro capite della Turchia e dell'Iran sono solo circa un terzo di quelli del Giappone o della Corea del Sud, ma hanno dei tassi di obesità maggiori rispetto all'India (circa 10 volte in più) e molti più decessi dovuti alla COVID-19 (rispettivamente dalle tre alle sei volte). La spesa sanitaria lorda non sembra prevedere i livelli di “covidità”, mentre l'obesità è molto più utile. La cultura può essere importante in modi inaspettati.

In sesto e ultimo luogo, sembra chiaro che la Cina e la Russia non hanno niente da guadagnare dal permettere lo sviluppo dell'Islam radicale lungo i loro confini in Afghanistan e nella regione. Su problematiche come il traffico di droga, dovrebbe essere un'alleanza naturale tra Russia, Cina e Medio Oriente a combattere contro quella che costituisce una minaccia pratica e ideologica. Si tratta di Paesi e culture i cui interessi basilari a lungo termine risiedono nella riduzione dell'estremismo religioso, nell'eliminazione del traffico di droga dalle loro economie politiche, e nel diventare la base per la cooperazione regionale che potrebbe iniziare con la lotta contro il virus attraverso la distribuzione dei vaccini dai confini di Cina, Russia e Afghanistan al resto dell'Asia e del Medio Oriente.

Realizzare ciò rappresenterebbe il più grande processo di soft-power che si possa immaginare, come portare ad un processo di ricostruzione globale post-pandemica, che non aspetta che gli Stati Uniti, attualmente disabili, mettano in ordine la propria Assemblea politica interna.

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