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La mia verità: il dolore di essere zittiti a Cuba

Categorie: Cuba, Citizen Media, Diritti umani, Libertà d'espressione, The Bridge

 

L'Avana, Cuba. Foto di Pixabay [1]

Agli artisti del movimento 27N [2] [es, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione], artefici e protagonisti della costruzione di una società pluralista e democratica.  

Nella storia dell'umanità, le/gli intellettuali che ricercano la verità e la libertà hanno da sempre rappresentato una micaccia per le varie strutture governative. Ci basta leggere le pagine di 1984 [3] [it] di George Owell per renderci conto delle analogie presenti tra quell'universo asfissiante e la società cubana.

Uno degli aspetti più perversi del totalitarismo non risiede nella repressione fisica e violenta. La conseguenza principale, derivante dalla pressione psicologica esercitata dagli Stati totalitari sull'individuo, è quella della simulazione, un meccanismo che cerca di nascondere le vere idee e convinzioni del soggetto, e così conservare lo status sociale ed economico e lo stile di vita di una società in cui tutte le sfere della vita sono controllate dalla macchina statale, soprattutto le professioni accademiche ed intellettuali. In questo modo, si zittiscono quei leader d'opinione che svolgono attività creative, sia nell'ambito artistico, sia in quello letterario, senza dimenticarci degli scienziati.

In questo senso, il totalitarismo nel contesto cubano, rappresenta una situazione completamente sui generis, non solo per la sua estensione temporale, ma anche perché è evidente che il sistema sia sostenuto da quest'apparente e falsa adesione del soggetto ad un'ideologia logorata che offre all'individuo solo delle prospettive utopiche.

Dall'inizio della Rivoluzione cubana [4] [it], l'intellettuale, a Cuba, ha avuto poche occasioni di vivere nella verità, tenendo in considerazione le tesi esposte dallo scrittore e drammaturgo ceco Václav Havel nella sua opera Il potere dei senza poteri [5], riferendosi ad un'esistenza basata sulla menzogna e la simulazione, aspetti che il regime cubano ha abbondantemente esagerato.

A Cuba, in generale, noi intellettuali abbiamo avuto tre opzioni: fingere lealtà al regime come meccanismo di sopravvivenza e in certi casi godere di scarsi e modesti privilegi, come pubblicare o insegnare, professioni dove spesso l'intellettuale cerca rifugio; o affrontare il potere indipendentemente dalle conseguenze, a prezzo anche della libertà. Non dimentichiamo il destino di scrittori come Raúl Rivero [6] e Ángel Santiesteban-Prats [7], arrestati per la loro ideologia. La terza opzione è triste quanto la prigione: l'esilio.

Grandi intellettuali cubani hanno trovato nell'esilio l'unico luogo possibile per le loro creazioni artistiche. Nominarli tutti sarebbe impossibile e svierebbe dagli obiettivi di questo testo. In questa interminabile lista ci sono figure come Reinaldo Arenas [8] [it], Heberto Padilla [9], Rafael Rojas [10], Gastón Baquero [11], Wendy Guerra [12], tra gli altri.

Nella società cubana le persone vivono indossando una maschera. Fin da bambino ti inculcano degli slogan vuoti e privi di senso, che tuttavia, con il passare del tempo e l'accesso alle informazioni, perdono la loro credibilità. Ad esempio, da piccolo mi hanno insegnato il motto: “pionieri del comunismo, saremo come il Che”, senza avere idea di cosa significassero questi due simboli, che alla mia fragile spiritualità sono sempre sembrati privi di significato.

Le generazioni precedenti che all'epoca hanno appoggiato il sistema, oggi si sentono truffate e provano una grande frustrazione, perché hanno visto strappati via i loro sogni. Per questo mi affascina ciò che può raccontare un libro come La grande truffa [13], del peruano Eudocio Ravines. 

La mia esperienza è dolorosa, non solo perché vivo ogni giorno con la paura della repressione e di finire dietro le sbarre per aver sfidato il sistema e il suo potere totalitario, ma perché riufiutandomi di seguire il gioco della simulazione, devo rassegnarmi alla marginalizzazione, che si esprime dal non poter pubblicare su riviste o giornali del mio Paese fino al divieto di insegnare nell'Università dove, un tempo, facevo lezione, una delle cose più belle e appasionanti che ci sia. Inoltre, la mia religione cattolica rappresenta una condanna sociale perché il sistema non tollera una visione filosofica che non sia il marxismo-leninismo.

Un tempo, intellettuali cattolici come José Lezama Lima [14] [it] avevano trovato nell'Università Nazionale un rifugio per sopravvivere economicamente e donarsi corpo e anima alla creazione letteraria. In quel periodo, Eliseo Diego [15] aveva trovato l'appoggio dell'attivista Nicolás Guillén [16] nell’Unione degli Scrittori e Artisti di Cuba [17]. La mia esperienza è terribile perché mi è stato negato di unirmi a questa istituzione che mette insieme gli artisti e gli intellettuali cubani, e il motivo è evidente: dissentire dall'ideologia ufficiale.

Essere esclusi dalla società solo per pensarla diversamente o per motivi di coscienza costituisce una violazione dei diritti umani. Il prezzo da pagare per dissentire dal regime di Cuba è alto, sono poche le persone che hanno il coraggio di affrontare il sistema, ma negli ultimi anni lo scenario è cambiato [2], il che dimostra il potere dell'intellettuale e la sua capacità di sopravvivere al potere totalitario.

Man mano che la società inizia a superare la paura, il totalitarismo comincia a indebolirsi fino ad agonizzare come un malato in fase terminale, come nel caso cubano. Se c'è una cosa che il regime cubano non tollera è perdere il controllo del settore culturale ed intellettuale, considerato come un settore strategico e cruciale, che per questo cerca di monopolizzare.

Il regime cerca di neutralizzare l'intellettuale ribelle attraverso vari metodi: dal renderlo partecipe del potere istituzionale o offrendogli briciole che possano sedurlo, fino addirittura a fare in modo che collabori con la Sicurezza dello Stato e denunci i propri compagni, come è successo in molti Paesi dell'Est Europa. Non dimentichiamo il caso dello scrittore cubano Eliseo Alberto Diego, la cui opera Informe contra mí mismo [18] è divenuta una testimonianza della pressione che lo Stato ha esercitato su di lui con lo scopo di incolpare il proprio padre, il celebre scrittore cattolico Eliseo Diego. Oggigiorno, tra gli scrittori che hanno sfidato il potere totalitario vi è Rafael Alcides, personalità che ha ispirato il documentario Nadie [19], di Miguel Coyula, cineasta vittima della repressione nel proprio Paese, Cuba.

Chi non ha mai vissuto in una società del genere non può capire il dolore che deriva dalla paura di esprimere i propri pensieri e dover ricorrere a spazi intimi e domestici per dare sfogo alle proprie preoccupazioni e difficoltà quotidiane.

Inoltre, ogni essere umano, a Cuba, è così oppresso dalla mancanza dei beni più essenziali che gli sembra inutile e praticamente un lusso ricercare dei meccanismi di lotta per la libertà, tanto meno fare delle riflessioni intellettuali e astrazioni di qualsiasi tipo. Uno dei segnali più evidenti del fallimento del modello cubano si trova negli alti livelli di diseguaglianza sociale [20] prodotta nella società. Attualmente, l'introduzione di negozi che lavorano con dollari statunitensi [21] ha generato un rifiuto generale nella popolazione, marginalizzando gran parte della società che non ha familiari negli Stati Uniti che possano inviare il denaro.

L'attaccamento a un'ideologia totalitaria a Cuba ha provocato un costo sociale enorme. È spiacevole e drammatico che i cubani vivano in una permanente dualità etica e morale. Dal momento che nessuno è in grado di vivere unicamente grazie al proprio salario, i cubani hanno dovuto legittimare la filosofia della truffa allo Stato come meccanismo di sopravvivenza, e la cosa peggiore è che gran parte della società ha perso la propria fede e fiducia nel sistema. Ma a Cuba, l'individuo, dipendendo dallo Stato, è costretto a vivere in una costante simulazione.

Cuba non sarà mai uno Stato di diritto finché non accetterà l'opposizione democratica e la libertà di pensiero. Nessuno che non abbia mai vissuto in un regime comunista ne capirà la gravità.

Io sono tra quelli che difende il principio secondo cui noi intellettuali cubani che ci battiamo per la libertà saremo il tassello fondamentale nell'orizzonte della transizione che si avvicina con una forza inarrestabile su quest'isola sofferente.

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