Nuovo rapporto sulle tendenze globali della libertà di internet in Turchia e nel Caucaso meridionale

Uno screenshot della mappa di Freedom House Freedom on the net.

Freedom House, un'organizzazione che tutela i diritti umani, ha rilasciato [en, come i link seguenti] la nuova edizione del suo rapporto “Freedom on the Net” (libertà sulla rete) il 21 settembre. Tale rapporto conclude che “la libertà su internet sia declinata globalmente per l'undicesimo anno consecutivo.” Il rapporto valuta la situazione dei diritti umani nello spazio digitale di 70 Paesi. Quali sono le conclusioni del rapporto relative a Turchia, Georgia, Armenia e Azerbaigian? Diamo un'occhiata più da vicino.

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La libertà su internet è declinata per l'undicesimo anno consecutivo.

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Georgia: libera

Il nuovo rapporto conclude che, sebbene il Caucaso meridionale abbia registrato un miglioramento della libertà su internet, la disinformazione rimane un problema. La Georgia ha ricevuto un punteggio di 77 su 100, ottenendo un giudizio positivo nella classifica sulla libertà.

Internet freedom improved in Georgia, due to no reported arrests linked to people’s online activity. However, several challenges related to the number of cyberattacks and domestic content manipulation were observed during the coverage period.

La libertà su internet è aumentata in Georgia, il che è dovuto ad arresti non segnalati legati alle attività online degli utenti. Tuttavia, sono state riscontrate varie problematiche correlate con il numero di attacchi informatici e manipolazioni dei contenuti di origine locale durante il periodo di copertura.

Armenia: libera

Il rapporto 2021 ha valutato l'Armenia come “libera”, ricevendo un punteggio totale di 71 su 100, nonostante le restrizioni del governo sul flusso di informazioni durante il conflitto armato del Paese con l'Azerbaigian nel 2020.

The implementation of martial law in late September 2020 placed broad restrictions on the media’s ability to report on the fighting, including by banning speech deemed to endanger national security, permitting authorities to demand content removal, and mandating fines for noncompliance. A number of Turkish and Azerbaijani websites with .az and .tr domains were inaccessible for several weeks. Users also reported problems accessing TikTok. Prominent news sites also faced technical attacks, including distributed denial-of-service (DDoS) attacks, leaving many of them temporarily inaccessible during the conflict.

L'applicazione della legge marziale a fine settembre 2020 ha comportato ampie restrizioni sull'abilità dei media di fare dei report sul conflitto, limitando la libertà d'espressione, considerata un pericolo per la sicurezza nazionale, permettendo alle autorità di richiedere la rimozione di determinati contenuti, e imponendo delle multe in caso di inadempienza. Molti siti web turchi e azerbaigiani con domini .az e .tr sono risultati inaccessibili per alcune settimane. Alcuni utenti hanno riscontrato anche problemi nell'accedere a TikTok. Importantissimi siti di informazione hanno anche fatto i conti con attacchi tecnici, tra cui attacchi di negazione del servizio (DDoS), lasciando molti di loro temporaneamente inaccessibili durante il conflitto.

Azerbaigian: non libero

Per il terzo anno, l'Azerbaigian è stato classificato come “non libero” nel rapporto globale. Lo scorso anno il governo ha bloccato l'accesso ad internet per 44 giorni, mentre l'Azerbaigian lottava contro l'Armenia per la provincia di Nagorno Karabakh.

Il Paese ha utilizzato anche una tecnologia di sorveglianza intrusiva contro i cittadini, tra cui Pegasus, prodotto dalla NSO Group Technologies, una compagnia di sorveglianza informatica israeliana. Il rapporto sottolinea come la dorsale di rete Delta Telecom abbia collaborato con Sandvine, una compagnia con sede in Canada, per installare una tecnologia detta “ispezione del pacchetto profondo” per bloccare le dirette su YouTube, Facebook e Instagram. L'Azerbaigian implementa l'ispezione del pacchetto profondo almeno dal 2009, secondo una relazione congiunta rilasciata all'inizio di settembre dalla International Partnership for Human Rights e dall’Azerbaijan Internet Watch.

Turchia: non libera

In Turchia, il declino totale delle libertà in rete per il terzo anno ha fatto guadagnare al Paese un “non libero”, ricevendo un punteggio di 34 su 100 nella classifica.

Internet freedom continued to decline for a third year in a row in Turkey. During the coverage period, hundreds of websites were blocked, in some instances under a new social media law. Online content deemed critical of the ruling Justice and Development Party (AKP) or President Recep Tayyip Erdoğan was removed from websites and social media platforms, and online activists, journalists, and social media users were harassed both physically and online for their social media posts. Authorities arrested users of the online platform Clubhouse in response to student-led resistance at Boğaziçi University, targeted LGBT+ activists online, and arrested a prominent opposition party official for allegedly insulting the president. Criminal cases were carried out against those who posted undesirable commentary on social media, and the threat of online surveillance, harassment, and criminal penalties has contributed to the growing practice of self-censorship among internet users in Turkey. The proliferation of restrictive laws has further formalized censorship in the country.

La libertà su internet ha continuato a diminuire per il terzo anno consecutivo in Turchia. Durante il periodo di copertura, centinaia di siti web sono stati bloccati, in alcuni casi secondo una nuova legge sui social media. I contenuti online reputati “critici” nei confronti del Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AKP) o del Presidente Recep Tayyip Erdoğan sono stati rimossi dai siti web e dai social media, mentre attivisti online, giornalisti e utenti dei social media sono stati perseguitati sia di persona che in rete per i post che pubblicavano. Le autorità hanno arrestato gli utenti della piattaforma digitale Clubhouse a seguito di una resistenza studentesca presso l'Università Boğaziçi, hanno preso di mira gli attivisti online della comunità LGBT+, e hanno arrestato un funzionario di un importante partito di opposizione per aver presumibilmente offeso il presidente. Vi sono state ripercussioni penali verso coloro che hanno pubblicato commenti sgraditi sui social media, e le minacce di sorveglianza online, le persecuzioni e le sanzioni penali hanno contribuito alla pratica crescente dell'autocensura tra gli utenti turchi. La proliferazione di leggi restrittive ha ulteriormente ufficializzato la censura all'interno del Paese.

Parlando con Bianet, l'autore del rapporto, lo European Centre for Press and Media Freedom ha dichiarato: “Tasse nuove o aumentate, restrizioni sull'accesso, la cancellazione di contenuti, l'abilità di chiudere l'accesso a intere piattaforme e, soprattutto, la detenzione o l'arresto di persone che esercitano la propria libertà di espressione dovuti ad affermazioni critiche sul web e la condanna per alcuni di loro, dimostrano che c'è ancora una lunga strada da percorrere per quanto concerne la libertà di espressione in rete in Turchia.”

Le classifiche e i punteggi di Freedom on the net sono basati su una serie di 21 domande, a loro volta suddivise complessivamente in quasi 100 sotto-domande. Il rapporto è diviso in tre categorie, ovvero gli ostacoli all'accesso, le limitazioni sui contenuti e le violazioni dei diritti degli utenti.

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