Questo articolo di Prasansha Rimal è stato originariamente pubblicato su The Record (Nepal) [en, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione]. Global Voices pubblica una versione modificata secondo un accordo di condivisione dei contenuti.
La gestione dei rifiuti, soprattutto in ambito medico, era già un problema nel Nepal e sta ulteriormente peggiorando con la pandemia di COVID-19. Come riferito dal rapporto della Banca Mondiale pubblicato a settembre 2020, ogni giorno in Nepal finiscono in discarica 2.600 tonnellate di spazzatura. Il rapporto stima che il 56% del volume totale sia rappresentato dai rifiuti organici, il 16% dal vetro, l'8% dalla carta e il 13% dalla plastica; tuttavia i materiali in plastica sono diventati onnipresenti dall'inizio della pandemia, in particolare gli utensili monouso, i dispositivi di protezione individuale, le mascherine chirurgiche, gli schermi facciali e i guanti.
Questi materiali in plastica non solo sono essenziali per far funzionare gli ospedali e proteggere chi lavora in prima linea ma sono anche diventati strumenti comuni di uso domestico, basti pensare all'abitudine di indossare la mascherina prima di uscire di casa. D'altra parte, però, più mascherine, guanti, camici e sacchetti monouso vengono utilizzati, più ne finiranno nella pattumiera.
Raj Krishna Shrestha sorseggia un tè in attesa che arrivi gente al suo furgone per smaltire i rifiuti domestici. Ogni mattina il cinquantaduenne Shrestha porta di buon'ora il suo furgone da Balkumari a Lagankhel, parcheggia di fronte al Patan Hospital e aspetta di raccogliere i rifiuti del giorno prima, dopodiché fa un giro nei dintorni per raccoglierne altri prima di scaricarli a Balkumari. Questa è stata a lungo la sua quotidianità. Anche se non molto è cambiato per lui dall'inizio della pandemia, una cosa che è cambiata è la tipologia di spazzatura che raccoglie ogni giorno: ora c'è moltissima plastica in più.
Uno studio condotto a febbraio 2021 stima che il totale di rifiuti di plastica prodotto dall'inizio della pandemia ammonti a 1,6 milioni di tonnellate al giorno e che ogni giorno si buttino 3,4 miliardi di mascherine monouso e schermi facciali. Gli autori dello studio affermano che la COVID-19 ha invertito la tendenza a ridurre l'inquinamento da plastica. Stando alle stime della Grand View Research, un'azienda che si occupa di business consulting a livello mondiale, le vendite delle mascherine usa e getta sono schizzate dagli 800 milioni di dollari americani del 2019 ai 166 miliardi nel 2020. Un aumento del genere, però, porta anche a produrre più rifiuti.
E non è tutto. Non è solo la quantità di spazzatura a essere preoccupante ma anche il cattivo smaltimento. Per gli operatori ecologici come Shrestha, la questione del cattivo smaltimento comporta una maggior preoccupazione per il rischio d'infezione.
“Nessuno differenzia i rifiuti domestici in riciclabili e non riciclabili. Questo è un pericolo per noi e dimostra chiaramente che la gente non pensa minimamente alla fine che faranno le mascherine o i guanti infetti”, afferma Shrestha. “Dimostra anche che la gente ha poca considerazione del nostro lavoro e della nostra sicurezza”.
Numerosi studi hanno evidenziato che il virus della COVID-19 può sopravvivere fino a 72 ore sulla plastica e che le mascherine e i guanti buttati insieme agli altri rifiuti domestici possono aumentare il rischio di contagio.
“La quantità di mascherine chirurgiche e di altri materiali in plastica è decisamente aumentata. A volte fa paura dover raccogliere le mascherine chirurgiche perché non si sa mai chi potrebbe averle usate. Ma non possiamo smettere di lavorare, abbiamo delle famiglie da mantenere” afferma Urmila Deula, netturbina di quarant'anni che lavora a Lalitpur.
“A causa della scarsità di risorse e di personale, non è ancora stato calcolato l'aumento effettivo dell'uso della plastica in Nepal dall'inizio della pandemia; tuttavia si può senz'altro affermare che si producano più rifiuti in plastica semplicemente osservando l'aumento delle mascherine chirurgiche usa e getta, dei guanti e delle bottiglie di gel” afferma il dottor Buddhi Sagar Poudel, portavoce del Ministero delle Politiche Ambientali e Forestali.
Alla carenza di personale e di fondi per la raccolta differenziata si aggiunge un problema più grave: una generale mancanza di consapevolezza nelle persone sullo smaltimento dei rifiuti.
“La gente non pensa a separare i rifiuti domestici ed è così che mascherine e guanti finiscono direttamente in discarica”, afferma Poudel.
Esiste una legislazione che norma la raccolta differenziata, come il Solid Waste Management Act 2011 e le linee guida dell’Health Care Waste Management Guidelines 2014 che raccomandano alle istituzioni sanitarie di non mischiare i rifiuti non pericolosi con quelli di altro tipo e di gestire da sé lo smaltimento dei rifiuti sanitari.
Gli ospedali più grandi come il Bir Hospital, il Tribhuvan University Teaching Hospital e il Patan Hospital sono in grado di smaltire adeguatamente i propri rifiuti poiché dispongono delle risorse per farlo. Anche ospedali privati come l'Alka Hospital a Lalitpur stanno cercando di mettersi in pari.
“Sterilizziamo in autoclave i materiali usati per la COVID-19 da gettare via, per ridurre i rischi di trasmissione del virus tramite i rifiuti sanitari” afferma Navaraj Thapa, che gestisce il laboratorio dell'Alka Hospital.
Ma non tutti gli ospedali seguono le linee guida e né gli enti locali né le abitazioni domestiche si curano di differenziare i rifiuti.
“Abbiamo dato disposizione che i rifiuti domestici potenzialmente infetti come le mascherine chirurgiche, gli abiti o altri materiali utilizzati da persone contagiate vengano isolati per 72 ore prima di mischiarli al resto della spazzatura”, afferma Sarkar Bir Shrestha, responsabile della discarica di Okharpauwa. “Ma non abbiamo modo di verificare se le istruzioni vengano rispettate”.
Una semplice soluzione sarebbe scegliere alternative alla plastica sostenibili e rispettose dell'ambiente. Le mascherine lavabili e riutilizzabili, per esempio, potrebbero già dare una mano. Uno studio condotto sulle mascherine in tessuto ha rilevato che i materiali tessili con meno di 300 TPI (fili per pollice) hanno una capacità di filtraggio superiore all'80% e forniscono quindi una buona protezione contro il virus. Lo studio raccomanda anche un'altra alternativa alle mascherine monouso: le mascherine a doppio strato di cotone o flanella con almeno 100 TPI. Secondo lo studio, una mascherina multistrato indossata correttamente che combini uno strato di cotone di 600 TPI con un filtro elettrostatico ha una capacità di filtraggio superiore al 90%, paragonabile a quella delle mascherine FFP3.
“Oltre a incoraggiare l'utilizzo delle mascherine in tessuto, si potrebbe incenerire i rifiuti sanitari o gettarli in discariche apposite per fronteggiare il problema della plastica” afferma Stuti Sharma, responsabile dei rapporti commerciali e della promozione presso la Doko Recyclers.
Tuttavia, nel lungo termine, l'unico modo sostenibile per diminuire l'inquinamento da plastica rimane il vecchio principio del “ridurre, riutilizzare, riciclare”, come affermano gli esperti. Tutti quanti, i singoli individui, le organizzazioni, gli ospedali e gli enti locali devono fare la loro parte.
“Il rischio di contagio è maggiore quando manca la partecipazione della comunità” afferma Prakash Pathak, amministratore delegato della Scrap Recycle Foundation. “Le autorità devono trovare un'alternativa alle mascherine chirurgiche e ai DPI per ridurre la produzione di plastica alla fonte. Ma, cosa ancora più importante, tutti quanti devono diventare più responsabili nello smaltire correttamente i rifiuti”.