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A parole loro: come facilitare conversazioni per scrivere storie giornalistiche sull'America Latina?

Categorie: America Latina, Bolivia, Messico, Spagna, U.S.A., Citizen Media, Diritti umani, Donne & Genere, COVID-19, The Bridge
Las cinco personas están conectadas desde sus hogares y están sonriendo para la fotografía. La intérprete de señas tiene las manos en movimiento.

Immagine tratta dal video di una delle conversazioni facilitate. Le partecipanti erano Pamela Molina da Washington, D.C. (in alto, a sinistra) e Margareth Durán Vaca di Santa Cruz, Bolivia (in basso, a sinistra), l'interprete nella lingua dei segni Lourdes Cruz di Santa Cruz, Bolivia (in alto, a destra) e le giornaliste Natalie Van Hoozer (al centro, in alto) e Fabiola Gutiérrez (in basso, a destra).

Resistendo nella pandemia: Conversazioni di donne latine con disabilità è un progetto che dà visibilità a storie in prima persona di diverse donne disabili latinoamericane su come il coronavirus ha avuto un impatto sulle loro giornate. Questo articolo contiene dettagli su come e perché abbiamo deciso di realizzare questo progetto giornalistico attraverso un modello di conversazioni facilitate dalle donne stesse.

Il risultato del progetto sono altri tre articoli: uno sul panorama latinoamericano [1] [es, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione] dei diritti di questo gruppo, un altro su come le loro vite sono cambiate tra le mura domestiche a causa della pandemia e, infine, com'è la loro nuova normalità al di fuori di casa a causa dell'emergenza sanitaria. 

Come è stato realizzato?

Il progetto è stato realizzato in gruppo dalle giornaliste indipendenti e bilingui Natalie Van Hoozer [2] negli Stati Uniti e Fabiola Gutiérrez [3] in Bolivia. In quanto vincitrici della Borsa di Studio per la Copertura della Crisi Sanitaria Mondiale abbiamo ricevuto il tutoraggio e il supporto editoriale della giornalista messicana Priscila Hernández Flores [4], specializzata in diritti umani con focus sulla diversità e sulla disabilità; come anche l'appoggio finanziario dell’International Center for Journalists [5] (ICFJ) e la Hearst Foundations [6] [en]. La pubblicazione è resa possibile grazie allo spazio messo a disposizione da Global Voices [7]

Invece che di giornalisti che intervistavano persone, come accade nella maggior parte dei casi, si è trattato di persone che si sono intervistate reciprocamente con l'aiuto dei giornalisti. Abbiamo invitato sei donne latine in modo che venisse rispecchiata la diversità di vissuti. Queste donne hanno conversato in coppia nel corso di tre diverse sessioni virtuali. 

Abbiamo formato le coppie per le conversazioni pensando al fatto che ogni donna ha una disabilità e una differente storia di vita, perché alcune sono migranti, altre sono madri e/o leader sociali. Quando la conversazione includeva una persona sorda abbiamo coordinato la partecipazione dell'interprete nella lingua dei segni Lourdes Cruz [8], che ha utilizzato la Lingua dei Segni Internazionale, in modo che le intervistate potessero esprimersi senza limiti. Abbiamo anche tenuto conto del fatto che ogni persona vive in un  luogo differente, che sia il nord globale occidentale (Spagna e Stati Uniti) o il sud globale latinoamericano (Messico, Repubblica Dominicana e Bolivia). 

Una pizarra mediana de color blanco tiene anotaciones con marcador azul, negro y rojo. Las columnas de palabras son tres y están relacionadas a protagonistas, verbos y contexto. 

Lavagna della giornalista Fabiola Gutiérrez a Santa Cruz, Bolivia, con l'esercizio di gruppo di brainstorming per trovare il nome del progetto e di ogni storia. Foto del progetto ‘Resistendo nella pandemia: Conversazioni di donne latine con disabilità.’

Questo modo di unire le donne a coppie e intervistarle ha creato un ambiente sicuro che ha permesso che ognuna si identificasse con le esperienze pandemiche dell'altra persona e, al tempo stesso, sentisse curiosità e considerazione per le sue differenze. Abbiamo cercato di creare questo legame applicando la tecnica che facilita interviste tra due persone ispirata al modello utilizzato da StoryCorps [9] [en]. Nello specifico, abbiamo usato come riferimento il programma One Small Step [10], uno spazio pensato per l'interscambio tra due persone con prospettive politiche diverse. L'esperienza di lavorare con questa metodologia è stata proposta da Van Hoozer, che ha condiviso il potenziale di generare queste conversazioni. Come squadra, crediamo nel giornalismo in quanto creatore di empatia e solidarietà. 

Quali sono state le tappe della produzione?

In primo luogo, abbiamo stilato una lista di candidate che abbiamo invitato a una breve videochiamata individuale di mezz'ora con una di noi. L'idea di questa prima riunione era di spiegare loro il progetto, verificare che fossero predisposte, che possedessero idonee condizioni per partecipare a queste conversazioni molto personali – come uno spazio silenzioso e illuminato e una buona connessione a internet – e di risolvere i loro dubbi in proposito. Alcune candidate non hanno partecipato alle interviste perché si sono contagiate con il COVID-19 o a causa di difficoltà personali. 

Hojas tamaño carta de color blanco con las historias impresas en letras negras y anotaciones a mano con distintos colores. Sobre ellas están lapiceros de color verde, rosado y naranja. 

Scrivania della giornalista Natalie Van Hoozer a Reno, Nevada, Stati Uniti. Il processo di edizione e strutturazione ha comportato l'identificazione dei risultati delle interviste e la loro lettura ad alta voce con la guida della mentore Priscila Hernández Flores. Foto del progetto ‘Resistere nella pandemia: Conversazioni di donne latine con disabilità.’

In seguito, abbiamo creato una scaletta per le conversazioni di 90 minuti. Questa scaletta includeva una fase di benvenuto, la spiegazione delle regole di base della conversazione, le possibili domande per ciascuna coppia di intervistate e una riflessione finale. Lo abbiamo organizzato in questo modo perché le interviste avessero un certo spessore, perché le persone prendessero confidenza con questa metodologia poco comune e anche per stabilire dei sani limiti di fronte alla potenziale vulnerabilità di raccontare storie personali tra persone che si conoscevano per la prima volta. 

Le conversazioni hanno avuto luogo attraverso la piattaforma Zoom. All'inizio, ogni partecipante è stata invitata a raccontare qualcosa su di sé alla sua compagna di intervista. Questa fase per rompere il ghiaccio è stata un ingrediente chiave per questo progetto. Soprattutto, ha permesso che le partecipanti decidessero quanti dettagli delle loro condizioni di disabilità volevano rendere noti e come si identificavano con la loro disabilità. Dar loro il controllo della conversazione è stato fondamentale per creare una dinamica fluida e perché fossero loro a scegliere come essere rappresentate nelle storie. 

Las cuatro personas están conectadas desde sus casas y están sonriendo al terminar de reflexionar sobre la metodología de entrevista. 

Immagine tratta da un video della conversazione facilitata con le partecipanti Karina Ramírez da Madrid, Spagna (a sinistra, in alto) e Cristina Francisco da Santo Domingo, República Dominicana (a sinistra, in basso) e le giornaliste Natalie Van Hoozer (a destra, in alto) e Fabiola Gutiérrez (a destra, in basso).

Durante queste video chiamate, abbiamo invitato le partecipanti a parlare di questi quatto temi: salute, lavoro retribuito, vita a casa e lavori di assistenza. Queste sono state alcune delle domande chiave che abbiamo loro suggerito perché le ponessero alle loro compagne di intervista:

Quando le abbiamo motivate a porsi reciprocamente e in modo spontaneo domande, le partecipanti hanno raccontato fatti del loro quotidiano. Per esempio, hanno parlato di come è badare ai figli e alla famiglia quando si è contagiati con la COVID-19, ma anche di come accedere alle informazioni sul virus nel caso in cui i grafici non sono accessibili. 

Gutiérrez ha assunto il ruolo di facilitatrice delle interviste ricevendo le partecipanti, orientandole nella dinamica, facendo scattare l'interscambio di interventi e ponendo fine allo spazio a disposizione. Van Hoozer è stata la produttrice di queste conversazioni, prendendo nota in modo dettagliato dei temi affrontati e cronometrando la durata dell'incontro. A seconda del modo in cui si è svolto ogni incontro e del tempo a disposizione, Van Hoozer ha comunicato altri spunti a Gutiérrez attraverso la chat privata di Zoom su come modificare la direzione del dialogo. Van Hoozer ha inoltre scritto ogni domanda per le intervistate nella chat di Zoom perché fossero disponibili nel modo più accessibile e le partecipanti potessero averle come riferimento durante l'intervista. 

Las cuatro personas se conectaron desde sus hogares. Ambas visten sus colores favoritos: Zaría de negro y Lida de rosado. 

Immagine tratta dal video della conversazione facilitata tra Zaría Abreu Flores di Città del Messico (a sinistra, in alto) e Lida Margarita Carriazo di Sama, Asturie, Spagna (a destra, in basso) realizzato dalle giornaliste Natalie Van Hoozer (a destra, in alto) e Fabiola Gutiérrez (a sinistra, in basso).

Perché questa metodologia e questo tema?

Nel corso delle conversazioni, le donne hanno potuto mettersi nei panni delle loro interlocutrici. Grazie alla ricchezza del materiale raccolto, abbiamo preferito dare maggiore spazio alle loro voci per dare dignità ai loro vissuti, specialmente perché il quotidiano della loro nuova normalità appare poco nei media. Per questo, abbiamo scelto di raccontare storie di donne latine con disabilità e offrire loro uno spazio di interscambio che permettesse l'instaurarsi di nuovi legami tra loro. Speriamo che questa nuova comunità nata da quest'esperienza si mantenga in contatto, dopo che le sue protagoniste si sono conosciute in queste interviste. 

Le donne in queste conversazioni si sono ascoltate e hanno avuto fiducia nella loro compagna di intervista. Questa fiducia ha permesso loro di mostrarsi vulnerabili durante il racconto delle loro sfide personali. Hanno condiviso momenti di speranza e tristezza, ma hanno anche riso insieme. L'attraversamento di tutte queste emozioni è una parte della resistenza nella pandemia.

Per quanto riguarda il come le intervistate hanno sperimentato questa metodologia, condividiamo un frammento di conversazione di una delle sessioni attraverso le seguenti testimonianze:

Zaría Abreu Flores (Messico): “Sento che in spazi come questo condividiamo cose simili. Indipendentemente dal fatto che le disabilità siano o no uguali, condividiamo problemi di accessibilità, storie di vita. Per questo, è un modo così amorevole e così facile di lasciarsi andare nel discorso e sentirsi comprese nelle storie”.

Lida Margarita Carriazo (colombiana in Spagna): “Cioè, finiamo per sorridere e tutto il resto. Ma sono situazioni davvero dure, difficili.”.

Per conoscere di più su queste donne e le loro conversazioni, è possibile leggere gli altri tre articoli di questa serie sulle loro esperienze all'interno delle loro case [11] e fuori di queste [12] in tempi di coronavirus, inoltre il contesto dei diritti [1]delle donne con disabilità in Latinoamerica durante la pandemia.