A parole loro: donne latine con disabilità resistono durante la pandemia

Sobre un fondo rojo, yacen mascarillas celestes desparramadas.

Disegno di Giovana Fleck.

Come si mantiene il distanziamento sociale quando uno vede il mondo attraverso un bastone? Cosa vuol dire recarsi a un centro vaccinazioni dove si parla con la bocca e non con le mani? Come si accede a trattamenti per malattie croniche quando tutto il sistema sanitario dà la priorità solo a ciò che è collegato alla COVID-19? Queste sono alcune delle sfide che oggi affrontano le donne latinoamericane con disabilità durante la pandemia.

In America Latina ci sono 70 millioni di persone [es, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione] con disabilità. Questa popolazione è una delle più colpite dall'emergenza sanitaria. Secondo la CEPAL, per questo gruppo tanto marginalizzato nel corso della storia, le ineguaglianze e gli svantaggi si sono esacerbati. La stessa organizzazione ha affermato: “La pandemia della COVID-19 ha gettato la luce sulle carenze esistenti nella regione per garantire i diritti delle persone con disabilità”.

Raramente queste donne possono parlare in prima persona nei media. Attraverso conversazioni facilitate da giornalisti, sei donne latinoamericane, alcune migranti, hanno condiviso tra di loro la propria tenacia, le paure, le preoccupazioni e le riflessioni sui cambiamenti causati dalla pandemia. Si sono inoltre scambiate i modi che hanno inventato per andare avanti, mostrare la propria forza, attivare le proprie reti e sfruttare le abilità che già in precedenza avevano sviluppato per affrontare un mondo che riconosce in modo limitato i loro diritti.

Come soluzione all'abbandono e alla discriminazione, le donne intervistate hanno creato solidarietà e cambiamento insieme ad altre persone disabili, attivisti e associazioni. Alcuni di questi collettivi sono: Circolo delle Donne con Disabilità (CIMUDIS), Disability Rights International [en] e la Federazione Mondiale dei Sordi [en]. Per esempio, nella Repubblica Dominicana sono state fatte pressioni ed è stato raggiunto l'obiettivo di dare una priorità all'atto di ottenere il vaccino. Le loro storie si sono viste concordi sul fatto che la sfida consiste nel rendere comunitaria l'assistenza per ottenere l'inclusione delle persone con differenti tipi di disabilità. 

Per conoscere le opinioni delle donne intervistate sulla vita durante la pandemia, potete utilizzare questa mappa.

ALT TEXT: In questo strumento si vede un mosaico con le fotografie di sei donne con la mascherina e la mappa del mondo con sei località evidenziate in America Latina e in Spagna. Qui trovate la trascrizione del contenuto della mappa.

I rapporti internazionali coincidono con quanto raccontato dalle donne intervistate, Da un lato, è mancata la consultazione delle persone disabili, degli attivisti e delle associazioni su come rispondere in modo adeguato alla COVID-19, come è stato comunicato dal gruppo di esperti in diritti umani dell’ONU. Secondo lo stesso comunicato, si sarebbero evitate situazioni di esclusione, come i confinamenti estremi, le difficoltà nell'avere medicine e generi alimentari, il rischio dell'aumento della violenza contro le donne e le bambine. Allo stesso tempo ha chiesto che le persone con disabilità siano incluse nella ricostruzione del mondo post pandemia.

Dall'altro lato, l’ONU ha esortato le autorità ad assicurare la partecipazione delle persone disabili nelle misure in risposta alla crisi sanitaria in ottemperanza alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, un trattato internazionale sui diritti di questo gruppo di persone che è stato ratificato da 184 paesi. L'articolo 11 di questa Convenzione segnala che devono essere garantiti i loro diritti nel corso delle emergenze umanitarie.

Inoltre, l'accesso alle medicine, ai vaccini, alla salute mentale e al benessere sono inclusi nell’Agenda 2030, un piano delle Nazioni Unite per ridurre la povertà. L’ONU ha inoltre sollecitato gli Stati a dare priorità alle situazioni di povertà delle persone disabili, tenendo in considerazione l'accesso al lavoro, le provviste di alimenti e di altre scorte per coloro che si trovano in situazioni di isolamento o affrontano altre tipologie di violazioni dei loro diritti.

Anche se sono state pianificate alcune azioni specifiche per l'educazione, il lavoro, la salute e la protezione sociale perché alle persone con disabilità venga data priorità durante la pandemia, non si sa come sono andate le cose nei fatti e quali sono stati i risultati di queste misure in America Latina. “È preoccupante vedere che solo in pochi casi queste (informazioni) vengono raccolte o analizzate. L'assenza di informazioni affidabili e sufficienti non permette di stimare con dati probatori l'impatto del coronavirus sulle persone con disabilità”, ha avvertito la CEPAL.

Tuttavia, la responsabilità non deve essere attribuita solo agli Stati; questa è l'opinione  dell'intervistata Zaría Abreu Flores, che racconta dal Messico: “Come società non abbiamo introiettato che le cure sono collettive. Se non partiamo dal presupposto che le donne disabili appartengono a tutti e tutte, che appartengono alla comunità, stiamo lasciando da sole ed emarginando le persone nella cura e auto-cura. Questo è discriminante ed eugenetico”.

Resistere nella pandemia: il progetto Conversazioni di donne latine con disabilità è stato prodotto con il supporto dell’International Center for Journalists (ICFJ) [en] e della Hearst Foundations [en] come parte della concessione per la Copertura della Crisi Sanitaria Mondiale dell'ICFJ e di Hearst Foundations. Le donne latine con disabilità si sono intervistate reciprocamente e hanno moderato la conversazione del gruppo. Questo è il primo di tre articoli. Gli altri due articoli che fanno parte di questo progetto raccontano come cambiò la vita delle donne latine disabili durante la pandemia, uscendo di casa, da un lato, e rimanendo in casa, dall'altro.

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