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Un secolo di Etel Adnan: una montagna che lascia montagne dietro di sé

Categorie: Medio Oriente & Nord Africa, Libano, Arte & Cultura, Citizen Media, Letteratura

Oltre che dall'amore per le montagne, rappresentate spesso nei suoi quadri, le sue creazioni si differenziavano per i colori luminosi e vividi. Immagine pubblicata su licenza CC BY-NC-SA 2.0

Questo articolo [1] [en, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione] è stato pubblicato per la prima volta da Raseef22 [1] il 24 novembre 2021. La versione modificata è ripubblicata come parte della collaborazione con Global Voices.

Etel Adnan, una poetessa, saggista e artista libano-americana conosciuta in tutto il mondo, è deceduta in pace il 14 novembre 2021 all'età di 96 anni, nella sua casa di Parigi. Le è sopravvissuta la sua partner di lunga data, l'artista libano-siriana Simone Fattal.

Nel corso della sua vita, durata quasi un secolo, Adnan ha vissuto diverse vite: come giornalista, insegnante, scrittrice, artista e poetessa. Ha influenzato profondamente una moltitudine di persone, e sui social network continuano a ricordarla, fare le condoglianze e renderle il giusto merito [2]: in tutto il mondo, molti onorano la sua vita, serbano di lei un ricordo tenero e piangono la sua dipartita.

“Ci ha dato sicurezza”: galleristi, curatori e amici ricordano l'artista e la poetessa avanguardistica #EtelAdnan, deceduta a 96 anni.

Alle innumerevoli sfaccettature della sua carriera ha contribuito, in parte, il fatto che lei non avesse una sola identità: è cresciuta in una famiglia mista nella città di Beirut, a cui era molto affezionata, con la madre greca e cristiana di Smirne (oggi Izmir), e il padre siriano e musulmano di Damasco, un ufficiale ottomano di alto rango. Il contatto con lingue e religioni differenti fin dalla tenera età è stato un aspetto fondamentale della sua identità, proprio come il periodo che ha trascorso in Libano.

“L'identità è anche una questione di scelte. Non è dura come la pietra. Siamo anche ciò che vogliamo essere. Facciamo delle scelte”. Riposa in pace, #EtelAdnan.

Adnan considerava la sua età un “dono del cielo”, che le dava la possibilità di guardare le cose da un'altra prospettiva. Dopo aver compiuto novant'anni, diceva di avere uno sguardo unico sul Libano, siccome era nata nel 1925, appena prima della nascita dello Stato libanese nel 1926. In un’intervista [9] del 2019 a Ricardo Karam, ha detto che si considerava la custode della memoria del Libano, ricordando di come era cresciuta in un Paese cosmopolita ed essendo stata testimone di molte fasi della sua storia. Ha parlato del periodo sotto il governo francese, della Guerra mondiale e della prima generazione di donne che a cui è stato concesso di nuotare e di lavorare; ha assistito all'emancipazione femminile della sua generazione.

Riposa in pace, Etel Adnan, il ricordo di te vive nelle tue parole: “La memoria è un nostro prodotto, o siamo noi stessi la memoria? La nostra identità è, molto probabilmente, qualunque cosa la nostra memoria decida di conservare. Ma non dobbiamo considerare la memoria un ripostiglio. Non è uno strumento che rende capaci di pensare, è il pensiero prima del pensiero”.

Partecipante attiva nel processo di emancipazione della sua generazione, è stata una delle prime donne libanesi a lavorare in un ufficio. Quando aveva 16 anni lavorava per un ufficio stampa da dove, come ha raccontato, ha vissuto la fine della guerra.

Adnan rappresentava la libertà tramite le sue tele luminose, applicando e spalmando con il suo coltello da pittrice una vita piena di colore. Credeva che la libertà fosse un dono da meritare. Per lei, l'amore esisteva tra due libertà. La sua libertà più grande era la capacità di mantenere uno spirito infantile e di sognare. Nella stessa intervista, ha descritto i suoi sogni di un mondo migliore:

My dreams are not for me, but for my environment, I dream of a Lebanon that is at peace with itself, a Lebanon at the level of the quality of the people that live in this country.

I miei sogni non sono per me, ma per il mio ambiente, sogno un Libano in pace con sé stesso, un Libano al livello della qualità delle persone che ci vivono.

Nel corso della sua intera vita e del suo lavoro, Adnan sentiva la sua responsabilità e affinità nei confronti del Libano e del mondo arabo, ed erigeva intorno ad essi le sue montagne.

Etel Adnan si è formata alle scuole francesi di Beirut e ha studiato filosofia alla Sorbona di Parigi. Poi si è trasferita negli Stati Uniti per proseguire gli studi di filosofia presso le università californiane di Berkeley e di Harvard. Ha insegnato filosofia e ha scritto con passione poesie, saggi e spettacoli teatrali che hanno ottenuto il riconoscimento dei critici.

Adnan torna in Libano nel 1972, dove lavora come curatrice per due periodici culturali, Al Safa e L'Orient-Le Jour, e conosce Simone Fattal a Beirut. A causa della guerra civile, scappa con Fattal a Parigi, dove scrive il romanzo pluripremiato Sitt Marie-Rose, diventato un classico della letteratura di guerra. Simone Fattal descrive la scrittura di Adnan come “energica, impavida e impetuosa”, descrizione adatta anche al suo carattere e al suo lavoro  in altre discipline.

Nel 2018, in un’intervista [11] al Museo d'Arte Moderna di San Francisco (SF MoMA), ha descritto il suo primo incontro con la pittura all'età di 20 anni, quando era andata a studiare in Francia. Era andata al Louvre ed era così “ignara dell'arte” che essa l'ha colpita più di quanto lei potesse immaginare. “Sono stata fortunata a non aver avuto nessun contatto con l'arte prima”, dice. “Mi ha colpita con tutta la sua forza!”.

Anche se già a scuola amava disegnare, Etel Adnan comincia a dipingere solo quando ha più di 30 anni; l'arte figurativa entra subito in connessione con la sua scrittura. Vedeva il testo come un disegno e il disegno come un testo, l'essenza di entrambe le forme era la rappresentazione dell'anima, creata per gli altri e in dialogo costante.

Adnan si sentiva a casa soprattutto in un paesaggio cittadino circondato dalla natura. Diceva di trovare la bellezza nell'ambiente urbano e naturale di San Francisco, dove spesso visitava la foresta di sequoie Muir Woods, il parco nazionale Yosemite e la sua montagna, il Monte Tamalpais, diventato la fonte principale dell'ispirazione per i suoi lavori. Le ricordava Beirut, la capitale vicina alle montagne. Nei suoi scritti, nei suoi disegni e nei suoi quadri, le montagne erano creature sensuali, se osservate in comunione con il cielo e la terra, rappresentata sotto forma di vulcani eruttanti.

La luna si oscurò all'alba

la montagna tremò

trepidante

e l'oceano aveva due sfumature:
il blu della superficie e

il blu dei fiori

uniti in scie d'acqua orizzontali

e una brezza

era testimone del tempo

- Etel Adnan

Il Monte Tamalpais compariva spesso nei suoi quadri, ogni volta in tinte, superfici e forme diverse. Parlando del Monte Tamalpais con Simone Fattal, diceva che il processo di pittura e di scrittura le dava una sicurezza implicita su che cosa fosse quella montagna e su che cosa essa potesse vedere, ma attribuiva una diversa autonomia alla montagna stessa e alle sue rappresentazioni che ne faceva.

La donna usava una tavolozza chiara e ricca, che considerava un tratto della sua identità come “artista californiana”, trovando la felicità nella creazione delle cose in colore. Da bambina, Adnan voleva diventare un architetto. Se si guardano con più attenzione, i suoi quadri rivelano ciò che Simone Fattal chiamava “il dizionario dell'architetto”, che si può vedere nel suo approccio alle composizioni costruite scrupolosamente.

Grazie ai suoi quadri, disegni, arazzi e libri in stile leporello (libricini piegati a fisarmonica), Adnan intrecciava storie e poesie nella sua astratta lingua di luce . Nell’intervista [16] al periodico Apollo descrive in che modo evoca il paesaggio interiore, “un paesaggio che è dentro di me”. Le mostre dei suoi lavori hanno avuto luogo negli istituti di tutto il mondo, compresi il MoMA di San Francisco, il Centro Paul Klee a Berna, l'Istituto del Mondo Arabo a Parigi e la galleria The Serpentine a Londra. Adnan ha esposto le sue opere alla Documenta 13 a Kassel, Germania, alla Biennale di Sharja, Emirati Arabi, e alla Whitney Biennal di New York.

Le opere di Adnan, oggi, sono esposte al Museo Solomon R. Guggenheim di New York [17], alla mostra “Etel Adnan: Light’s New Measure”(“Etel Adnan: la nuova misura della luce”), e nella galleria Sfeir-Semler [18] ad Amburgo, in una mostra di nuove opere tenutasi in occasione del premio Lichtwark del 2021, vinto da Adnan il 18 novembre, dopo la sua morte.

Sentendosi obbligata e responsabile verso il mondo, Adnan ha dispensato con generosità il suo tempo, il suo talento e se stessa, con crescente premura nei suoi ultimi anni. Scriveva dell'universo, della vita, della morte, della natura e delle città, delle montagne e delle donne. Nelle mattine dopo la sua morte l'Universo piange la sua, come lei stessa si definiva, “migliore amica”.

Adnan pensava che la memoria fosse efficace contro la morte, e che la memoria collettiva avesse un ruolo in ciò che lei chiamava una forma folle di negazione travestita (la folie déguisée). Nell'intervista di Ricardo Karam, quando lui le ha chiesto come volesse essere ricordata, lei ha esclamato che voleva che le persone “ricordassero che amavo il mondo, che amavo l'universo e che la vita era un regalo dell'universo”.