A parole loro: donne latine disabili trasformano casa in un campo di battaglia durante la pandemia

A grid of six individual photos of women who are not wearing face masks. Each photo has a different graphic treatment, with a unique, warm-colored background and designs like leaves.

Foto per gentile concessione delle partecipanti. Illustrazione di Giovana Fleck e layout di Natalie Van Hoozer.

Quando furono implementate le misure di sicurezza intorno al mondo all'inizio della pandemia da COVID-19, le donne latine disabili già sapevano bene come gestire l'isolamento, la solitudine, e come badare a se stesse, giorno dopo giorno, per poter sopravvivere.

La crisi sanitaria mondiale, per loro, non ha fatto altro che aumentare le barriere [en, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione], le responsabilità dei loro assistenti e il dover dipendere dagli altri. Studi internazionali [it] lo confermano. Per parlare di queste esperienze in prima persona, sei donne disabili provenienti da diversi paesi, di cui alcune immigrate, hanno accettato di raccontare la loro esperienza. La diversità delle intervistate è rappresentata nella mappa riportata qui sotto:

TESTO IN ALTO: La mappa interattiva mostra sei foto di donne che indossano la mascherina, e mostra anche una mappa del mondo sulla quale sono segnati sei diversi luoghi tra America Latina, Spagna e Stati Uniti. Qui [it] si può trovare la trascrizione del testo della mappa e il testo alternativo che descrive le foto.

Le donne che hanno partecipato hanno condiviso come, nei limiti e nei comfort delle loro case, hanno affrontato le sfide che si sono presentate con la COVID-19. Si sono rivolte ai loro canali di supporto reciproco e hanno fatto uso di quelle abilità che coltivano da prima della pandemia a causa delle loro disabilità. Le tre interviste, condotte in coppia per questo progetto, sono state unite per creare la seguente conversazione finta per poter mostrare le loro esperienze.

L'uscio di casa

Le donne hanno spiegato che durante l'isolamento uscire di casa era dettato dalla sorte.  

CRISTINA: La COVID ha creato barriere per noi che avevamo già superato prima della pandemia. Cerchiamo di essere quanto più autonome è possibile, ma siamo state costrette a chiedere aiuto ad altre persone.

PAMELA: Nel palazzo in cui vivo, un'amica mi portava fuori la forta i pacchi che mi arrivavano.

ZARÍA: Ho portato mia madre a casa mia per vivere con me e non ci siamo più mosse da lì, ci siamo completamente chiuse in noi stesse. Avevo capito subito che non ci sarebbe stato nessun tipo di sforzo per salvare le persone come noi durante la pandemia, e che non ci sarebbe mai stato.

Lo schermo

Per quanto le informazioni aggiornate siano una fonte di salvezza in tempi di pandemia, non sempre sono accessibili e inclusive.

CRISTINA: La crisi sanitaria mondale ha reso evidente che le persone disabili meritano di avere risorse e servizi che si adattino alle loro necessità in situazioni di emergenza.

The keyboard of Lida's laptop has some keys used so much that the letters have been handwritten on again. The laptop sits beside her cell phone, her wireless airpods, and a print book titled "Malena is a Name of a Tango" by author Almudena Grandes.

Questi oggetti rappresentano l'isolamento durante la pandemia da COVID-19 per Lida Margarita Carriazo, originariamente colombiana e attualmente residente a Sama, Asturie, in Spagna. Foto per gentile concessione di Carriazo.

KARINA: Le informazioni disponibili su chi potesse uscire e chi no, e a che ora del giorno, erano sempre mostrate tramite grafici e mappe senza alcun tipo di descrizione o testo alternativo [it].

CRISTINA: Noi della comunità dei disabili ci siamo subito fatti sentire per poter avere un interprete della lingua dei segni durante le conferenze stampa giornaliere sulla COVID del governo dominicano. Abbiamo anche inviato al governo una lista dei nomi delle persone confinate a casa che non avevano accesso alle risorse essenziali e che non avevano nessun supporto.

ZARÍA: Molte attività online stanno sparendo, da quando i posti stanno riaprendo. Il formato ibrido (attività online e in presenza) non dovrebbe essere eliminato, perché consente di partecipare virtualmente a molte attività che non sono accessibili a chi ha problemi di mobilità. Un altro problema è la sicurezza: non è sicuro uscire perché molti posti non hanno un'adeguata ventilazione e non rispettano le distanze sociali. Soprattutto le strade, piene di persone, sono un posto ad alto rischio. 

La scrivania

Gli spazi privati, incluse le case di queste donne, sono stati convertiti in spazi lavorativi durante la pandemia. Questo ha aiutato a non esporsi al virus, ma non ha fermato le discriminazioni contro le donne che hanno partecipato a queste interviste.

PAMELA: In pandemia ho lavorato soltanto da casa. Se è vero che ho subito delle discrimazioni, è vero anche che ho il privilegio di vivere negli Stati Uniti, dove le leggi vengono fatte rispettare. È importante riconoscere sia i propri privilegi che i modi in cui siamo discriminati. Nei paesi in via di sviluppo, all'inizio della pandemia, avrei dovuto sfidare la sorte e cercare lavoro altrove nel mondo, perché in alcuni posti questa è la sola opzione.  

Zaría is propped up on a cushion. She wears a warm, close-fitting hat to protect herself from the cold and is glassy-eyed. She has an inhaler attached to her face with blue straps.

Dal Messico, Zaría Abreu Flores ha scelto il suo inalatore come oggetto che rappresenta la pandemia per lei. Foto per gentile concessione di Abreu Flores.

ZARÍA: Da quando ho perso il mio lavoro non sono più indipendente economicamente. Alcune compagnie, inoltre, non vogliono assumermi perché sono un'attivista che cerca di creare visibilità sugli effetti della COVID-19 a lungo termine, che mi hanno lentamente debilitata e che rendono impossibile per me fare qualsiasi tipo di programma. Alcuni potenziali datori di lavori mi chiedono: “e se ti ammali e non puoi portare a termine il tuo lavoro?”. Se solo me lo permettessero, potrei lavorare da casa.

LIDA: Piuttosto, dovrebbero dire “visto che soffri degli effetti a lungo termine della COVID, vediamo cosa possiamo fare per aiutarti.”. 

ZARÍA: Già, purtroppo non funziona così a causa dell'abilismo.

La finestra

Stare vicino alla finestra, o sul patio, o in uno spazio casalingo rilassante è stato un modo per le donne intervistate di prendersi cura di se stesse e di capire come approcciarsi alla vita durante la pandemia, senza dover lasciare la propria casa.

ZARÍA: Sono una persona malata che si prende cura di se stessa e degli altri. Ho iniziato a dover curare di più me stessa, oltre a dovermi occupare di mia mamma. Il mio partner mi ha sempre supportata, ma solo io posso prendermi cura della mia salute mentale. 

MARGARETH: Io e i miei bambini preso la COVID insieme. La mia neonata si è ammalata, e poi anche i miei due figli più grandi, che hanno avuto la febbre per due giorni.

Lida Margarita Carriazo has shoulder-length blonde hair, and is wearing sunglasses and a printed blouse. In the illustration she has an illustration of a sun behind her, along with a giraffe, gym weights and leaves of vegetation.

Di origini colombiane, Lida Margarita Carriazo vive a Sama, Asturie, in Spagna, e il suo cane guida Raquel è la sua compagna fidata per girare nel mondo. Foto su gentile concessione di Carriazo con illustrazione di Giovana Fleck.

LIDA: All'inizio il lockdown non era male per me. Leggevo molto. Facevo più esercizio fisico. Ho ricominciato a scrivere. Dopo i primi tre mesi di isolamento, tuttavia, c'è stato un momento di crisi perché il mio cane guida Raquel ha iniziato a soffrire d'ansia e continuava a graffiarsi da sola. 

ZARÍA: Sono riuscita a gestire bene i primi tempi della pandemia. Seppur considerato un fattore di rischio in caso di infezione da COVID, il mio autismo era un vantaggio. Tra i sintomi del mio autismo rientrano diversi comportamenti ripetitivi che hanno a che fare con la pulizia, che fanno parte del disturbo ossessivo-compulsivo [it]. Era come se mi avessero dato le regole del “gioco della pandemia” e, in quanto persona autistica, avessi tutti gli strumenti necessari per seguirle.  

PAMELA: Non potersi vedere da vicino e dover fare tutto online ha avuto un impatto non indifferente. Per me è stata una situazione gestibile perché le persone non udenti sono abituate alla solitudine scaturita dalle barriere comunicative. Ho costruito un mondo tutto mio, e la solitudine è una mia compagna.

ZARÍA: L'isolamento, per me, non è finito. Mi manca vedere gli alberi e l'orizzonte, sentire il cielo sopra di me, ma per me non è ancora sicuro uscire. Ancora una volta, le persone con disabilità sono state lasciate indietro. 

La cucina

Le donne che hanno partecipato a quest'intervista hanno detto che la pandemia ha cambiato il modo in cui acquistano e preparano il cibo.

CRISTINA: A causa delle restrizioni severe imposte nella Repubblica Dominicana all'inizio della pandemia, le persone come me non potevano contare più sugli assistenti che venivano in casa ad aiutare a cucinare, lavare o pulire. Molte persone hanno dovuto chiedere a qualcuno di trasferirsi in casa con loro, ma non tutti avevano un famigliare disponibile a farlo, il che ha creato molte incertezze e una serie di problemi. 

KARINA: Mio marito ha una figlia di 12 anni che ha vissuto con noi per due mesi all'inizio della pandemia. Era durante lo stato di emergenza in Spagna e io andavo in ospedale a fare radioterapia tutti i giorni. Dovevamo trovare un modo per rendere la situazione il più confortevole possibile per tutti, decidendo insieme cosa fare e cosa cucinare.

Margareth wears black pants and a short-sleeved T-shirt with a graphic of a teddy bear on it. She has her hair tied back. In the background of the illustration there is a graphic depiction of slices of cake and leaves of vegetation.

Margareth Durán Vaca vive a Santa Cruz de la Sierra, in Bolivia, ed è un membro dell'Associazione per le Persone di Bassa Statura di Santa Cruz, Bolivia. Foto su gentile concessione di Durán Vaca con illustrzione di Giovana Fleck.

MARGARETH: Era difficile andare al mercato per tutti quelli che vivevano in casa con me. Il padre di mia figlia e la sua famiglia mi portavano il cibo ogni settimana. 

PAMELA: Dovendomi isolare, ho iniziato a comprare tutto online, perché negli Stati Uniti è possibile farlo. Ho accesso a internet e lo shopping online funziona. Pur vivendo da sola, posso chattare online e comunicare con un interprete 24 ore su 24. Tutto questo è stato possibile qui durante la pandemia, ma non lo sarebbe stato nel mio paese d'origine, in Cile.

La solidarietà come modo per combattere la pandemia

Le donne che hanno partecipato a queste interviste hanno il loro antidoto personale contro la discriminazione.

PAMELA: Avere una rete di supporto è essenziale per me, in quanto donna, immigrata e disabile. La mia identità è intersezionale [it] e di conseguenza devo affrontare un tipo di discriminazione più profonda. Siamo tutti capaci, ma quelli di noi con disabilità devo affrontare barriere costruite dalla società.

ZARÍA: Le persone non vogliono capirlo, perché è più facile per noi disabili essere marginalizzati. Ci sono molte più persone abiliste* e che credono nell'eugenetica. Mi rattrista la mancanza d'impegno da parte della società nei confronti di quelli come noi che sono i loro “malati”, i loro discas** (persone con disabilità). L'unica cosa che mi fa andare avani è la mia rabbia e la mia fiducia nella solidarietà tra le persone della comunità disabile.

CRISTINA: Molte donne sono state marginalizzate senza nemmeno uscire di casa, studiare o andare a lavoro. Quando ci riuniamo e capiamo che possiamo combattere per il nostro diritto ad avere la vita che vogliamo, sia l'individuo che la collettività diventano più forti. Lavorando così insieme, ognuno di noi ha una voce più forte. L'unione fa la forza.

* Il termine “abilismo” fa riferimento ai modi in cui le persone disabili vengono discriminate o contro le quali vengono costruiti dei tabù, di solito considerandole inferiori, di poco valore e/o trattandole in modo infantile. L'”eugenetica” si riferisce ai modi di eliminare le persone con caratteristiche fisiche considerate “deboli”, per poter rendere la razza umana “in salute” e “forte”.

**In spagnolo, “discas” è un modo per dire “persone disabili”. Viene spesso utilizzato dalle persone disabili nelle conversazioni quotidiane per riferirsi a se stesse. 

Resistere nella pandemia: il progetto Conversazioni di donne latine con disabilità è stato prodotto con il supporto dell’International Center for Journalists (ICFJ) e della Hearst Foundations come parte della concessione per la Copertura della Crisi Sanitaria Mondiale dell'ICFJ e di Hearst Foundations. Il fondo ha anche beneficiato del mentoring e del supporto editoriale della giornalista messicana Priscila Hernández Flores, specializzata in servizi sui diritti umani e in particolare sulla diversità e sulla disabilità. Le donne latine con disabilità si sono intervistate reciprocamente e hanno moderato la conversazione del gruppo. Questo articolo è il terzo di quattro parti. Le citazioni prese dalle interviste riportate qui sono state modificate per maggiore chiarezza e brevità. Il primo articolo [it] della serie contestualizza i diritti delle donne disabili in America Latina durante la pandemia. La seconda storia racconta nel dettaglio le loro esperienze quando dovevano uscire di casa durante la pandemia, e la quarta dà un quadro più approfondito sulla metodologia utilizzata per questo progetto.  

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