Santa Lucia vuole inserire l'insegnamento scolastico del kwéyòl. Basterà per rivitalizzare la lingua?

Orgoglio di Santa Lucia. Foto di Caribb in Flickr, (CC BY-NC-ND 2.0).

L'inglese è la lingua ufficiale di Santa Lucia, ma il kwéyòl – a volte chiamato patois o patwa [it] – è molto usato; la sua particolare intonazione si fa strada nell'accento di Santa Lucia, anche se la gente parla in inglese. È tanto comune l'uso del kwéyòl (che fonda sintassi delle lingue dell'Africa occidentale e del vocabolario francese del XVII secolo, un riflesso del passato coloniale della regione caraibica), che molti comunicati governativi e anche i notiziari vengono trasmessi sia in kwéyòl che in inglese. Ora, l'attenzione si concentra nell’insegnamento formale della lingua nelle scuole di Santa Lucia [en, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione].

La notizia di questa recente iniziativa sta catturando l'attenzione del pubblico da un paio d'anni, ma il dibattito online sull'importanza di includere il kwéyòl è presente da molto più tempo, in tutta la regione, e alcuni abitanti di Santa Lucia sono preoccupati che la lingua sparisca nell'arco di due generazioni, se non verrà trasmessa ai giovani del paese.

In una conversazione WhatsApp, Hubert Devonish, linguista e professore emerito dell'Università delle Indie Occidentali a Mona (Giamaica), ha contestualizzato l'iniziativa. Dopo che il Partito Laburista di Santa Lucia (SLP) vinse le prime elezioni del paese [it] dopo l'indipendenza, nel 1979, e che Kenny Anthony divenne il ministro dell'Educazione del paese, venne organizzato un seminario per ideare un sistema di scrittura standard per il kwéyòl. Questo è il sistema, dice il professor Devonish, che “venne stabilito e probabilmente sarà usato nell'educazione formale ora, nella nuova stagione politica”.

Tuttavia, dato che la politica è quel che è, i progressi fatti si sono bloccati all'alternarsi delle amministrazioni e, anche quando il SLP fu rieletto alla metà degli anni '90, questa volta con Anthony come primo ministro, non si fece molto riguardo alla lingua. Anche l'attuale governo del SLP ha previsto alcune modifiche al riguardo, come segnalato dal professor Devonish:

In 1980, the majority of children entering the school system [had] Kwéyòl as a first language. And the majority of the others had some competence in the language. Forty-two years on, according to the language education policy, less than 20 percent of children entering school have Kwéyòl as a native or home language. A policy which, had it been adopted and implemented 40 years ago would have provided effective education in the children’s first language is now one which is going to have to take the form of teaching Kwéyòl as a second language for the majority of the children in schools.

Nel 1980, la maggior parte dei bambini che entravano nel sistema scolastico [avevano] il kwéyòl come prima lingua. E la maggior parte degli altri se la cavava bene con la lingua. Quarantadue anni dopo, in accordo con la politica di educazione linguistica, meno del 20% dei bambini che entrano a scuola hanno il kwéyòl come lingua materna o di origine. Una politica che, se fosse stata adottata e applicata 40 anni fa, avrebbe dato un'educazione efficace nella prima lingua dei bambini, ora deve adottare un modo di insegnamento del kwéyòl come seconda lingua per la maggior parte degli scolari.

Meglio tardi che mai? Il professor Devonish non ne è tanto sicuro. Dice che la storia è “piena di casi nei quali l'introduzione nell'educazione di una lingua poco prestigiosa la distrugge, invece di sostenerla e promuoverla come lingua di uso quotidiano”:

Though the introduction of Kwéyòl into the school system could play an important role in the revival and revitalisation of the language, this is not where the battle will be won. Unless there is a commitment on the part of ordinary people to use it in their homes, with their children, in everyday life, in jokes, at play and at work, even when it is stressful and uncomfortable because they are not yet at ease with using the language in those contexts, the school could end up being the graveyard for the language.

Anche se l'introduzione del kwéyòl nel sistema scolastico potrebbe giocare un ruolo importante nel rinascimento e nella rivitalizzazione della lingua, non è quello il luogo dove si vincerà la battaglia. Se non c'è un impegno da parte dei cittadini comuni a parlarlo a casa, con i propri figli, nella vita quotidiana, durante gli scherzi, il gioco e il lavoro, anche quando è stressante e scomodo perché ancora non si sentono sicuri a usare la lingua in questi contesti, la scuola potrebbe finire per essere il cimitero della lingua.

Pertanto, appoggia la politica, “ma SOLO come parte di una campagna più grande per il rinascimento nazionale della lingua nell'uso quotidiano di tutti i settori della società”. Al contrario, prevede, imparare a scuola a leggere e scrivere la lingua diventerà un “altro simbolo di identità insieme al foulard copricapo madwa (madrás) nell'abito tradizionale”:

National identity, particularly in relation to language, is a lived identity. Using an endangered language (and that’s what Kwéyòl is right now in St. Lucia) in school, is only useful as part of a series of other national measures to support the language and is not a substitute for such measures.

L'identità nazionale, specialmente in relazione alla lingua, è un'identità viva. L'uso nella scuola di una lingua in pericolo di estinzione (e questo è ciò che il kwéyòl è ora a Santa Lucia), è solamente utile come parte di una serie di altre misure nazionali per sostenere la lingua e non è un sostituto di queste misure.

Fino a un certo punto, adottare il kwéyòl a Santa Lucia ha voluto dire integrare la lingua nelle arti e nella cultura; il paese ha anche due dizionari bilingui kwéyòl-inglese (disponibili anche come applicazione):

A Santa Lucia e Dominica, le famiglie parlano creolo, le scuole lo insegnano, c'è anche un festival di musica creola

Intanto, l'obiettivo del governo è il completo bilinguismo per chi termina la scuola primaria e una doppia alfabetizzazione per chi frequenta la scuola secondaria. In Twitter, un utente ha spiegato perché questo era importante:

È davvero molto divertente che l'ortografia di una parola del francese creolo si realizzi attraverso il sistema fonetico inglese (ho la stessa reazione quando lo facciamo con una parola basata sull'inglese creolo).
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Bene, sono di Guadalupe, ti insegnano creolo nelle scuole, a Santa Lucia non lo fanno, così che impariamo a scrivere il creolo come lo sentiamo parlare.
☺️

Anche l'attitudine nei confronti del kwéyòl si è modificata e la lingua è considerata un motivo di orgoglio:

Perché tanta gente si offende quando lo parli, a Santa Lucia? Fino ad ottobre è come un tabù. E non solo la lingua, tutta la cultura. Ti chiamano contadino, o bookie, fino a quando è il mese dell'eredità creola. Ora, ne sono tutti orgogliosi.
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Forse è a causa del mio luogo di origine, ma non ho mai fatto esperienza del fatto che la gente si senta offesa per il creolo, a Santa Lucia. Forse la gente del sud è diversa, perché tutti parlano patois apertamente. Chi non lo parla fluentemente, cerca tuttavia di farlo, specialmente a scuola.

In un articolo per il St. Lucia Voice, Sylvestre Phillip, antico difensore dell'insegnamento del kwéyòl nelle scuole, ha scritto:

It is a fact that Creole is our ‘Mother Tongue’ or first language. English is our second language, but we are busy teaching our children in English when many of those children are coming from homes where Creole is the main medium of communication.

È un fatto che il creolo sia la nostra “lingua materna” o prima lingua. L'inglese è la nostra seconda lingua, ma ci preoccupiamo di fare lezione ai nostri figli in inglese, quando molti arrivano da case dove il creolo è il principale mezzo di comunicazione.

Ha aggiunto che Haiti ha cominciato a insegnare il creolo haitiano nelle scuole, al posto del francese:

Mother tongue makes it easier for children to pick up and learn other languages.

Mother tongue develops a child's personal, social and cultural identity.

Using mother tongue helps [children] develop their critical thinking and literary skills. […] Fluency in their mother tongue helps them understand where they came from. And they are better able to decide where they are going.

La lingua materna facilita nei bambini l'acquisizione e l'apprendimento di altre lingue.

La lingua materna sviluppa l'identità personale, sociale e culturale del bambino.

L'uso della lingua materna aiuta [i bambini] a sviluppare il pensiero critico e le abilità letterarie. […] La fluidità nella lingua materna aiuta a capire da dove vengono. E possono decidere meglio la direzione verso cui andare.

Il professore Devonish ha citato altri esempi regionali di questo tipo:

Creole (French-lexicon Creole) is the national language of Haiti, one which the constitution says ‘unites all Haitians’ and is one of two official languages of the republic, the other being French.

In Martinique, Guadeloupe and Guyane (French Guiana), which are overseas departments of France, Creole has official recognition as a regional language, on par with the other regional languages of mainland France such as Basque and Catalan.

In Dominica, (French-lexicon) Creole is receiving some attention in the education system where efforts are being made to teach it as a second language via a programme introduced last year. Loss of competence in Kwéyòl has advanced much further in Dominica even than it has done in St Lucia.

Il creolo (lessico francese) è la lingua nazionale di Haiti che, secondo la Costituzione, “unisce tutti gli haitiani” ed è una delle due lingue ufficiali della repubblica, insieme al francese.

In Martinica, Guadalupe e Guyana, dipartimenti d'oltremare della Francia, il creolo è riconosciuto ufficialmente come lingua regionale, come altre lingue regionali della Francia continentale, come il basco e il catalano.

In Dominica, il creolo (lessico francese) sta ricevendo una certa attenzione nel sistema educativo, dove si sta cercando di insegnarlo come seconda lingua attraverso un programma introdotto nel 2021. La perdita di competenza in kwéyòl è perfino cresciuta molto più in Dominica che a Santa Lucia.

Tuttavia, la Giamaica ha una rapporto molto più complicato con la sua lingua creola di lessico inglese (anche conosciuta come patois/patwa). Questo utente di Twitter ha suggerito che la competenza linguistica in inglese potrebbe venire “complicata” dall'insegnamento del patois giamaicano, commento a cui ha risposto un compatriota:

Ti rendi conto che, se eleviamo il patois, saremmo obbligati a certificare a livello internazionale le nostre abilità in lingua inglese con il TOEFL, vero? Abbiamo già problemi a provare le nostre competenze linguistiche … perché complicare le cose ancora di più?

Che insegnino il patois INSIEME all'inglese. A chi se ne frega se i bianchi non capiscono il patois. Nonostante tutto, non hanno mai capito nulla dell'Africa, a meno che non possano trarne beneficio.

Ciò di cui ha bisogno il creolo giamaicano è standardizzazione.
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Ascolta, tutto ciò che dici qui è una scusa. La certificazione TOEFL corrisponde a 135 ore, nel migliore dei casi. Non è così approfondita. Santa Lucia ha un dizionario completo per il suo creolo, che è standardizzato e si insegna nelle scuole. Lo sto guardando ora. Se si tratta di qualcosa che vogliamo che venga fatto, si può fare.

Sì, però può complicare cose … apre un'ulteriore divario tra quelli che ce l'hanno e quelli che non ce l'hanno, perché ottenere la certificazione è caro. Capisco quello che dici, ma non credo che stiamo affrontando il tema dalla prospettiva corretta.
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Ma, perché credi che sia tanto difficile per le persone capire l'inglese? Perché non è la loro prima lingua. Tutto questo È AVVENUTO perché la società è divisa tra chi ha e chi non ha. Siamo stati condizionati a odiare la nostra stessa lingua. La gente di Liverpool non cambia i codici.

Si possono muovere accuse alle opinioni sul valore del patois giamaicano. Quando si parlò di convertire lo spagnolo nella seconda lingua ufficiale dell'isola, nel 2016, ci furono proteste e molta gente sentì che il patois, come sempre, era stato umiliato.

E che ne è dell'impressione che le lingue creole siano ampiamente considerate lingue di seconda categoria? La linguista di Trinidad e Tobago Jo-Anne Ferreira ha spiegato in un'intervista avvenuta per posta elettronica l'origine di questa percezione, soprattutto per quanto riguarda i creoli di lessico francese:

Haiti, and French Guiana, Guadeloupe and Martinique (the latter three being the départements français d'Amérique or DFA) have rejected the proper name Patois and the label patois, because patois in French and in France refers to a set of regional, rural varieties of the French language. (Unfortunately, socioeconomics and sociopolitics often cause rural to be equated with ignorant and inferior.) Haitian and French Caribbean Creole speakers (and others) generally do not use the name Patois (to avoid confusion with French patois), simply because French-lexicon Creole is not French — the languages just share vocabulary sources. They reject the identification of their speech as a “patois” of French. They opt for the label Kreyòl/Créole which marks their speech as belonging to a language separate from French. (In France, Créole is actually France's number 1 langue régionale, not a dialect or patois of French!) The naming of the language as Kreyòl/Créole avoids non-existent links to and unnecessary (and odious) comparisons with French (especially for those territories which still have some ties to French and France)*, avoids stigmatisation, and is about language equality, not superiority or inferiority. (*Note that Trinidad, Grenada and Venezuela treat Patois as an autonym, with no disrespect, because of different sociohistorical and sociolinguistic realities, with less of a connection to France.)

Haiti e la Guyana Francese, Guadalupe e Martinica (questi ultimi tre sono i dipartimenti d'oltremare francesi in America) hanno respinto il nome proprio patois e l'etichetta patois, perché il patois in francese e in Francia si riferisce a un insieme di varietà regionali e rurali del francese (disgraziatamente, la socioeconomia e la sociopolitica fanno sì che, spesso, rurale sia sinonimo di ignorante e inferiore). I creoli haitiani e caraibici francesi (e altri) non usano di solito il nome di patois (per evitare la confusione con il patois francese), semplicemente perché il creolo di lessico francese non è francese, le lingue condividono solo fonti lessicali. Respingono l'identificazione della loro parlata come un “patois” del francese. Optano per l'etichetta kreyòl/creolo che definisce l'idioma come appartenente a una lingua separata dal francese (in Francia, il creolo è in realtà la prima lingua regionale, non un dialetto o un patois del francese!) La denominazione della lingua come kreyòl/creolo evita i vincoli inesistenti e i confronti non necessari (e odiosi) con il francese (soprattutto per i territori che hanno ancora dei vincoli con il francese e la Francia)*, evita la stigmatizzazione e parla di uguaglianza linguistica, non di superiorità o inferiorità (*si noti che Trinidad, Granada e Venezuela trattano il patois come un nome a sé stante, senza mancare di rispetto nei confronti delle differenti realtà socio-storiche e socio-linguistiche, con meno legami con la Francia).

Il professor Devonish ha aggiunto:

Haitian Creole is spoken by two-thirds of the [Caribbean Community] CARICOM population and is an official language of two-thirds of that population. Thus, French-lexicon Creole is the preeminent language within that trading bloc, whatever our own perceptions might tell us.

Il creolo di Haiti è parlato dai due terzi della popolazione della [Comunità dei Caraibi] CARICOM ed è una lingua ufficiale dei due terzi di questa popolazione. Pertanto, il creolo di lessico francese è la lingua preminente all'interno di questo blocco commerciale, indipendentemente da ciò che le nostre percezioni ci suggeriscono.

L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura (UNESCO), in accordo con il suo sostegno al multilinguismo come strumento di inclusione e integrazione sociale e con l’obiettivo di sviluppo sostenibile di una educazione di qualità, sta aiutando Santa Lucia a elaborare un piano di applicazione della sua politica di insegnamento delle lingue. Le sessioni di lavoro con le parti interessate, come professori, progettisti di piani di studio, ricercatori, ecc., sono programmate per luglio.

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