Il film bosniaco acclamato dalla critica risveglia i fantasmi appena sepolti di Srebrenica

Una scena del film Quo Vadis, Aida? della regista Jasmila Žbanić. Foto di Wikipedia tratta dalla clip pubblicata su cineuropa.org. Licenza libera.

Il film del regista danese Thomas Vinterberg, “Un altro giro” ha vinto l'Oscar come miglior film in lingua straniera agli Academy Awards del 2021, ma non è stato quello più discusso online. Non nella penisola balcanica, almeno. Questo onore va al film del 2020 della regista bosniaca Jasmila Žbanić, Quo Vadis, Aida? [en, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione], un film sorprendentemente intenso e realistico sul massacro del 1995 perpetrato dall'Esercito Serbo-Bosniaco della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina a Srebrenica.

Considerato uno dei preferiti dalla critica, il film ha perso l'Oscar all'ultimo, ma ha avuto un forte impatto in Bosnia ed Erzegovina, oltre che a livello regionale ed internazionale; Kenneth Turan del quotidiano LA Times, per esempio, afferma:

Ho guardato “Quo Vadis, Aida?”, film bosniaco candidato all'Oscar come miglior film in lingua straniera, sconvolgente a livello emotivo e morale, e ne sono rimasto colpito. Potrebbero esserci candidati altrettanto bravi, ma non saranno i migliori.

Non a caso, gli attori serbi Jasna Đuričić, che interpreta la protagonista Aida, e Boris Isaković (nei panni del generale accusato di crimini di guerra Ratko Mladić) sono stati attaccati [sr] online da alcuni estremisti per aver accettato di prendere parte a un film riguardo a un crimine di cui gran parte delle persone in Serbia rinnega.

Gli estremisti serbi hanno preso d'assalto diversi siti web come IMDB e Rotten Tomatoes, scrivendo recensioni negative in una campagna diffamatoria che rispecchia la loro reazione al film d'esordio di Angelina Jolie del 2012, Nella terra del sangue e del miele. Il film con Angelina Jolie ha affrontato gli orrori della guerra in Bosnia ed Erzegovina, in particolare nei campi di stupro controllati dalle truppe serbo-bosniache, in cui donne, giovani ragazze e perfino uomini e ragazzi, di origine bosniaca e non, furono sessualmente e fisicamente abusati. In un’intervista al The Guardian, Angelina Jolie ha ricordato di quando a lei e al suo cast avevano frantumato i finestrini della macchina e avevano subito insulti online, minacce, telefoni hackerati, e altro ancora.

Questo fa parte di un problema più grande, in quanto il negazionismo è profondamente radicato in Serbia e nella Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina. In veste di sostituto procuratore del Tribunale penale internazionale dell'ONU per l'ex-Jugoslavia, lo scorso anno, in un giornale, Serge Brammertz ha sottolineato:

Leaders in the region have publicly denied the genocide, even calling Srebrenica a hoax and a lie. War criminals convicted by the ICTY are often hailed as heroes by prominent figures, while victims’ suffering is ignored, denied and disparaged.

I leader nella regione hanno pubblicamente negato il genocidio, definendo Srebrenica una bufala e una bugia. I criminali di guerra condannati dal TPIJ sono stati spesso acclamati come eroi da figure di spicco, mentre le sofferenze delle vittime sono state ignorate, negate e sminuite.

Brammertz ha inoltre sottolineato il fatto che un gran numero di sospetti responsabili del genocidio — compresi leader politici e comandanti militari — hanno trovato rifugio in Serbia. 

Il negazionismo ha anche impedito che il film di Žbanić fosse girato in Srebrenica in quanto l'attuale sindaco, Mladen Grujičić, è un negazionista del genocidio. Gran parte del film è stato infatti girato a Mostar.

Žbanić ha avuto un'esperienza simile girando For Those Who Can Tell No Tales a Višegrad nel 2012. Il film si basa sullo spettacolo Seven Kilometers North-East dell'attrice australiana Kym Vercoe e il suo soggiorno a Višegrad all’Hotel e Spa Resort Vilina Vlas. Višegrad e Vilina Vlas sono diventati due siti famosi in quanto vi accaddero alcune delle peggiori atrocità durante la guerra in Bosnia ed Erzegovina, dove Vilina Vlas fu usato come campo di detenzione e di stupro dalle truppe serbo-bosniache.

Secondo Žbanić e Vercoe, la troupe cinematografica non ha mai raccontato ai cittadini cosa stesse filmando:

We were advised by some not to do that. One of our screenwriters, Zoran, had to pretend to be a Serbian director shooting a completely different film.

Ci hanno consigliato di non farlo. Uno dei nostri sceneggiatori, Zoran, ha dovuto fingere di essere un regista serbo che stava girando tutt'altro film.

Quo Vadis, Aida? si basa in parte sul libro Under The UN Flag: The International Community and the Srebrenica Genocide di Hasan Nuhanović. In quanto collaboratore dell'ONU e degli olandesi, Nuhanović è sopravvissuto al genocidio, mentre suo fratello, sua madre e suo padre non furono autorizzati dagli olandesi a restare nella base ONU. Dopo che le truppe serbo-bosniache ebbero invaso la base, la famiglia di Hasan fu portata via e non fu mai più rivista.

Nuhanović e gli altri sopravvissuti hanno criticato alcune decisioni di Žbanić, spiegando che la realtà di Srebrenica sia stata di gran lunga peggiore di quanto rappresentata sullo schermo, comprese alcune scene alla fine del film. Sono rimasti delusi anche del fatto che il film non mostri un quadro più completo del genocidio bosniaco nella valle della Drina. Žbanić, d'altra parte, si è difesa dicendo che ha dovuto omettere molte scene per far sì che il pubblico non perda la concentrazione.

Ho deliberatamente evitato di guardare questo film il più a lungo possibile, nonostante abbia passato gli ultimi vent'anni a studiare il genocidio bosniaco, leggendo innumerevoli libri, testimonianze, sentenze, guardando filmati e scrivendo sugli orrori del genocidio in tre lingue. Semplicemente non riuscivo ad affrontare la cosa finché, lo scorso weekend, ho deciso di guardarlo, il che la dice lunga sul potere dei media.

Quo Vadis, Aida? è di sicuro l'opera migliore di Žbanić, ma è estremamente faticoso da guardare. Il film funziona bene perché si concentra sulla paura e sulla speranza di chi è prigioniero alla base ONU di Potočari: paura di chi sa quello che l'armata della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina, la polizia e le forze paramilitari hanno fatto in precedenza; speranza di chi vede l'ONU come ultimo rifugio possibile. Per chi lo guarda è angosciante, perché già si conosce il finale.

Le truppe olandesi dell'ONU sono rappresentate in maniera corretta come apparentemente mosse dalle migliori intenzioni, ma in fin dei conti inefficienti e poco propense a volersi opporre a Mladić. Come ha sottolineato il giornalista americano David Rohde, i soldati olandesi avrebbero potuto fare di più, assumendo una posizione più ferma contro le truppe di Mladić dopo la caduta di Srebrenica, comportandosi diversamente quando l'ONU è intervenuto per proteggere i civili. Gli olandesi invece si sono fatti da parte e hanno permesso a Mladić di occupare la loro base. Esistono dei filmati che mostrano le forze olandesi, giorni dopo la caduta di Srebrenica, intenti a festeggiare a Zagabria, sollevati di esserne usciti. Questo stava accadendo mentre le persone che avevano cercato rifugio nella loro base a Potočari stavano per essere giustiziati.

“Quo Vadis, Aida?” è il film più faticoso che abbia mai visto in molti, molti anni. Ho dovuto fermarmi diverse volte. Innanzitutto, è un film che tutti gli olandesi ?? dovrebbero guardare. Tutti. Quanti. Perché non è accidentale quello che abbiamo fatto laggiù. O quello che non abbiamo fatto.

Uno dei migliori documentari che abbia mai visto sul genocidio, il documentario tedesco Sky Above Srebrenica (Himmel über Srebrenica [de]), racconta nei minimi dettagli gli eventi che precedono la caduta della città, le incursioni aeree che avrebbero dovuto fermare le forze armate di Mladić ma che non avvennero mai, e la resa definitiva dell'ONU e della “comunità internazionale” a Srebrenica e in Bosnia ed Erzegovina. Il documentario termina con Mladić che congeda gli olandesi con dei doni mentre sono in corso le esecuzioni.

Per chi ritiene che Jasmila Žbanić non si sia concentrata abbastanza sul tradimento e sulla “comunità internazionale,” consiglio vivamente questo documentario. Comunque, quello che Žbanić ha realizzato nel suo film è straordinario ed è stato giustamente riconosciuto dalla critica e dal pubblico in tutto il mondo. Bisognerebbe concedere gli opportuni riconoscimenti a chi se li merita. Concentrandosi sul destino delle vittime, sui famigliari che sono stati separati sapendo che non si rivedranno mai più, e sul dramma di una madre che cerca disperatamente di salvare la sua famiglia, i suoi figli e suo marito, da morte certa, Žbanić ci mostra cos'è il genocidio, cosa significa perdere tutte le persone che amiamo, essere strappati via da tutto ciò che si conosce, essere lasciati con nient'altro che ricordi e sofferenza.

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